Working my way back through the jungle of drug addiction and booze. My family life as a kid was the breeding ground for addicts. No self worth, no help, and one chance to get out alive. Music was the horse I rode out on…and the music business was the horse I rode into hell.

Dal blog di Bobby Jameson.

La dipendenza è quasi sempre avvinghiata alla solitudine. Una volta che si percepisce la mancanza di qualcuno e avviene il crollo emotivo, si cerca spesso di curare il proprio dolore con un placebo. La sostanza caccia quindi la solitudine e si mette in primo piano, è pronta ad essere tua quando più la desideri e ti accetterà sempre.
Durante i suoi ultimi anni di vita, l’artista Bobby Jameson, ha cercato di raccontare questo suo senso di smarrimento tramite blog e video su youtube. La propria carriera musicale, a molti sconosciuta, ha inizio negli anni sessanta con un debutto troppo grande per lui, il quale ha portato ad un progresso di ansie e paure.

Il perché del fatto che Rosenberg abbia dedicato il titolo ed un brano del suo nuovo disco a Jameson risiede nell’ammirazione verso un’artista così tanto simile a lui. Ariel Pink condivide la solitudine del collega e cerca di dare ancora più voce alla crudeltà dell’isolamento.
Questa volta, l’undicesimo album dell’artista di Los Angeles veste un completo meno appariscente rispetto al precedente Pom Pom. La dedica a Bobby Jameson è indirizzata verso suoni più acidi, spesso a contemplare il cavallo tra gli anni 60 e 70, altre volte invece portata avanti nel tempo come nei singoli Feels Like Heaven e l’abbraccio ai The Buggles con Time to Live. Punto forte è quella teatralità un tempo nominata reale dalla regina Kate Bush, che viene trasmessa dalla voce frenata di Santa’s in The Closet e nella cresta dell’onda con Dreamdate Narcisist.
Un’altro cambiamento avviene nel tipico, inquietante quanto caloroso, romanticismo impossibile da non apprezzare. Nei brani più teneri di quest’album si sente infatti un certa nostalgia alla Holy Shit, vecchia band dell’artista insieme al buon Matt Fishbeck e, in un secondo momento, Christopher Owens. Le tastiere di Kitchen Witch, la voce e la chitarra della bellissima Do Yourself a Favor e anche uno dei brani meglio riusciti dell’artista, Another Weekend, racchiudono nei propri suoni l’innocenza e la dolcezza di Stranded At Two Harbors. Come una nuova My Whole Life Story, Do Yourself a Favor è l’atrabile in forma di canzone, onesta e diretta per quanto amara.

Dedicated To Bobby Jameson è un Ariel Rosenberg più sentimentale, solo e quindi riflessivo. È colui che dopo tanto tempo nelle scene ha ancora molto da dire. La storia di un’artista che non vuole essere abbandonato al proprio destino. L’empatia verso qualcuno che sarebbe stato un ottimo mentore.

Tracce consigliate: Do Yourself a Favor, Another Weekend, Dedicated To Bobby Jameson.