Per parlare di Comfort to Me, nuovo album firmato Amyl and the Sniffers, possiamo provare ad immaginare un mondo alternativo nel quale è stato introdotto il reato di punk. Tutto ciò che riguarda il punk è stato criminalizzato: non lo si può suonare, né ascoltare; non lo si può commercializzare e, chiaramente, non se ne può parlare. In pratica siamo dentro al Farenheit 451 della musica. E, in questa società paradossale, la band di Melbourne è stata condannata all’ergastolo.

Il reato commesso è, infatti, troppo grave e merita la pena più severa prevista, senza concessione di misure alternative o altri benefici di legge. Non ci sono strategie difensive vincenti quando il diritto penale diventa simbolo punitivo. Ma, del resto, non c’è nemmeno troppo da stupirsi di tale innovativa criminalizzazione, poiché in questa nuova società la sanzione è rivolta tanto al genere musicale, quanto ai boomer che si lamentano del fatto che la musica-non-è-più-quella-di-una-volta e che si illudono – poveracci – che le chitarre siano ancora una cosa figa.

Parafrasando il romanzo di Ray Bradbury le chitarre sono una pistola carica e in Comfort To Me si spara dall’inizio alla fine. Quindi, è un dovere punire e reprimere in modo rigoroso il simbolo di un mondo che non esiste e che manda in diffusione i compact disc dei Sex Pistols, Motörhead, Buzzcocks, Ramones eccetera.

Sebbene non sia così estremo come voglia far credere, l’album è privo di pause e procede a ritmo serrato per tutti i suoi trenta minuti. Rievoca i bei tempi andati del pogo, dei gomiti alti e della puzza di sudore sferrando frustate fin dall’inizio. Guided By Angel è, infatti, una opening track assolutamente indovinata con una propulsione esplosiva che fa da miccia all’incendio che poco a poco divampa nella stanza. Da Freaks to The Front, fino all’hardcore di Choices e poi verso Hertz, Capital Don’t Need a Cunt (Like You To Love Me) in alcuni momenti l’album è duro come una ginocchiata sui denti. A tratti però si ammorbidisce risultando un po’ troppo facilone. Ed è qui che forse si intravedono i limiti di un lavoro nel complesso energico, ma forse fin troppo scolastico.

Ad aggravare il reato di punk, poi, ci pensano i virtuosismi alla chitarra negli special di alcuni brani (Security) che conferiscono all’album connotazioni ancora più nostalgiche e, quindi, ancor più intollerabili nella società fondata esclusivamente sui drop, che appena si parla degli anni ’70 e dei riff di chitarra fa uscire i camion della polizia con gli idranti.

Ma l’aspetto più grave è legato al fatto che la baracca la tiene in piedi Amy Taylor. Una donna. Dolcemente complicata e grezza per tendenza, ha lo swag di chi vive la filosofia punkabbestia nel modo migliore possibile ed è divenuta il nemico pubblico numero uno della società cantando cose del tipo: Existing for the sake of existing/meaning disappears; Freedom don’t exist/Humans don’t exist/Existing to exist/Life is meaningless (Capital) o My choice is my own/My Body my own/Opinion is my own (Choices). Le sue invettive sono Mentos nella Coca Cola con la potenza di un tir lanciato contro un muro di cemento armato e che la rendono, ad oggi, la figura femminile di riferimento nel genere: passa da temi personali sull’auto-realizzazione e l’in-sicurezza, al nichilismo e al disimpegno incazzato di chi non riconosce autorità, né si identifica nella società. Insomma tutta una serie contenuti di puro punk anti-normies da circoscrivere necessariamente tra le mura di un istituto penitenziario. No bullshit.

Se, dunque, fare punk è diventata una condotta criminale le strade che puoi seguire sono due: comprare un deodorante nuovo e conformarti al regime o, in alternativa, andare in esilio con i capelli tinti di merda e la birra calda. La colonna sonora te l’abbiamo appena suggerita.

Tracce consigliate: Guided by Angels, Hertz, Capital.