Shelter, prodotto nello studio islandese dei Sigur Rós è il nuovo album del progetto Alcest.
Alcest vuol dire Neige, un polistrumentista che, in pieno accordo con il suo background blackmetal, ha portato avanti questo progetto shoegaze come one man band o quasi.

Al contrario di ciò che accadeva in Les Voyages De L’Âme e Écailles De Lun, Neige si tiene lontano dalle sonorità blackgaze con le quali ci ha fatto amare la sua ex band Lantlôs e si inserisce in quella corrente di artisti che dal black/doom/blackgaze sono migrati a sonorità più light e accessibili.
Shelter, che in inglese significa “riparo”, si discosta dai precedenti lavori anche come mood e, fuggendo dall’inquieta tristezza che in Souvenirs D’un Autre Monde divorava l’ascoltatore, si rifugia in un’ambientazione rassicurante con suoni decisamente meno cupi.
Arpeggio dopo arpeggio il disco mantiene una intensità fin troppo costante, al punto che ad ogni accenno di distorsione ho sperato partisse un bel blast beat del batterista Winterhalter e che Neige tirasse fuori un rabbioso scream. Niente.
L’angoscia e la rabbia sono sopite su un letto di synth e leggeri vocalizzi.
Ma forse è meglio così, i vecchi Alcest mi mancheranno ma di certo non disdegno le nuove sonorità quasi dreamy che trovano la loro declinazione in Away, pezzo cantato da Neil Halstead (Mai sentiti gli Slowdive?).
I dieci minuti di Délivrance oltre a chiudere l’album con un crescendo notevolissimo ci suggeriscono che Shelter potrebbe essere un album a sé, non un cambio definitivo.

Solo quarantacinque minuti di riparo dalla tempesta emotiva che Neige ha prodotto negli anni.

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