Se pensavate che l’era dello stage diving si fosse conclusa, in maniera immonda eh, con Steve Aoki, ecco che tornano i Green Day alla ribalta.
Sui Green Day ho sempre avuto una posizione ferma e irremovibile: se hai sedici anni e vuoi scopare, ti assicurano un po’ di gnocca. Tuttavia, come nella migliore delle fiabe, la magia svanisce.
Se a vent’anni ti aggiri ancora baldanzoso con addosso una loro maglietta, corri subito in cantina a recuperare tutte le uscite di “Le ore” che tuo padre ha sapientemente collezionato, perché ehi, se non te l’avesse ancora detto nessuno: sei uno sfigato.
Giusto per non parlare a vanvera, perché essendo femmina lo faccio già molto spesso di mio, ho fatto un salto su Wikipedia che, impertinente, mi ha ricordato che questi tre stronzi suonano dal 1987.

Scorrendo velocemente la pagina, perché sì, questi in vent’anni ne hanno combinate più di Carlo in Francia, scopro inoltre che

sono stati, assieme ai Weezer, il primo gruppo che, dal 1994, seppe meglio sfruttare il potenziale commerciale del pop punk.

Non so voi, ma la prima cosa che ho pensato è stata quella di chiamare Gattuso e andare dal pagliaccio che ha scritto questo articolo per prenderlo a calci negli stinchi.
Comunque tornando a noi, gli zioni d’America, ancora non sazi di vedere il mercato discografico andare a rotoli, hanno ben pensato di rallegrarci la giornata caricando un trailer del loro attesissimo (?!) disco ¡Dos! in uscita a novembre.
In 51 secondi di puro rock, Billie Joe, Mike e Tre Cool ci dimostrano come l’avere quarant’anni non esiga un quoziente intellettivo socialmente utile e accettabile e anzi possa assicurarti comunque una vita da nababbo.

Voci di corridoio dicono che la comunità scientifica dell’Oregon li abbia scelti come dimostrazione pratica dell’involuzione darwiniana.

Voci di corridoio dicono che i Maya avevano ragione su tutto.