La versatilità dei presidenti americani mi ha sempre affascinata: una stagista sotto la scrivania di qua, qualche rima canticchiata in Mondovisione di là ed è subito notizia.
Se pensavate di averle viste tutte, cari miei, vi sbagliate di grosso.
Agli sgoccioli dell’ennesima campagna elettorale, Deer Waves vuole farvi un riassunto delle puntate precedenti mostrandovi i cataclismi pubblicitari a stelle e strisce.

Anno 1923.

Al grido di Keep cool with Coolidge con un gioco di parole degno del primo anno di asilo, il buon Calvin si aggiudica il titolo di trentesimo presidente degli Stati Uniti.
Mi piace ricordarlo per il fatto che in biologia l’effetto Coolidge descriva il fenomeno attraverso il quale i maschi esibiscono un potenziale sessuale rinnovato con l’introduzione di nuovi partner ricettivi.

Anno 1969.

Mentre i giovani si ammazzavano di canne, da-daaah Nixon vinceva le elezioni.
La sua maestra delle elementari ha confessato che da piccolo adorasse fare la spia.
E’ proprio vero che la vita è una ruota e prima o poi ti si ritorce tutto contro.

Anno 1989.

Lo scontro è fra Bush senior, repubblicano, e Dukakis, democratico.
La campagna a favore di quest’ultimo fu così penosa, che chiunque, seppur col naso tappato, votò per Bush.
In questo caso lo slogan si riassunse in The best America is yet to come.
C’è ancora chi la sta aspettando.

Anno 2009.

Un po’ coro Gospel, un po’ We are the world, il team di supporto per Obama mostra felicemente come le recite di fine anno scolastico possano traumatizzare la mente umana al punto da portarla a reiterare il crimine.
Avanti così.


Anno 2012.

Giunti all’ultimo scontro, in attesa di sapere l’esito, vi lasciamo con questa perla.
Dio benedica l’America.