Nell’arena del dibattito un tema caldo – ed urgente – per musicisti ed addetti ai lavori è quello dei talent show, dai più contestati poiché commercialmente orientati a livellare lo standard artistico a quello televisivo. Se poi, strategicamente in un talent show si introduce un personaggio caratterialmente controverso, di indiscutibile bravura, ma poca umana simpatia, è come agitare una lattina di una bibita gassata pronta ad esplodere.

Manuel Agnelli è stato nominato giudice dell’annuale edizione di X Factor, decisione cui è seguita la comune convinzione di doversi esprimere a proposito, dotati o no di capacità di giudizio critico. Una scelta puramente di portafoglio? La compromissione di una carriera dall’altra parte della barricata, qualitativamente ai vertici dell’alternative italiana?

Già il rapper Salmo si era scagliato duramente nei confronti del frontman degli Afterhours, insinuando che il ruolo gli fosse stato affidato soltanto a seguito del suo rifiuto, quando chiamato a partecipare. Recentemente, l’ex leader dei CCCP e CSI Giovanni Lindo Ferretti ha manifestato il proprio scetticismo, aggiungendo la sua ad una lunga lista di opinioni avverse all’accaduto -e non necessariamente necessarie:

Almeno Manuel Agnelli per un po’ di tempo si prenderà un po’ di soldi. Più tu sei estraneo a quel mondo, più diventi significativo per quell’ambiente nella misura in cui sei disposto ad entrarci.”

Il parere di Ferretti è stato sostenuto dal bassista e collega nei CCCP e CSI Gianni Maroccolo, il quale ha affermato che il proprio pensiero non potesse essere espresso più chiaramente che con le parole dell’amico. Giovanni Lindo, tuttavia, non è nuovo ad exploit piuttosto discussi dalla carta stampata, spesso accusato per le proprie convinzioni ideologiche o per il favore espresso nei confronti di personaggi politici che, rispetto ad un percorso di vita e d’arte in controtendenza, lascerebbero pensare ad una potenziale crisi d’identità.

Sui talent show e sulla separazione del tubo catodico dalla composizione musicale, Ferretti ha dichiarato:

“Il talent show è una figata da un punto di vista della comunicazione e dei media. Era qualcosa che per forza avrebbero dovuto inventare perché comunque la musica è uno dei grandi consumi della modernità […], è un mondo che esiste e ha una sua dignità, parallelo a centomila altri mondi. Certo non ha nulla a che fare con la musica così come chi è vissuto negli anni ’60, ’70 e ‘80 la immaginava. Gente che era disposta a riconoscere alla musica molti più pregi di quanti effettivamente ne abbia. Un’epoca in cui si immaginava la musica molto meglio. Ma quel mondo non esiste più.”

Concludendo l’analisi con una considerazione quasi classificatoria:

“Quando il mondo non era consumista la musica era presente allo stesso modo, ma non sotto forma di consumo. La gente cantava sempre, a lavoro, in campagna. Tutto è stato demandato alla riproduzione, oggi nessuno canta più. Così la musica è diventata una parte importantissima dell’economia. Economia che ha sempre bisogno di rinnovarsi e trova sempre modi migliori per veicolare i prodotti. Il Talent è questo veicolo migliore. Chi esce dai talent non va ad occupare il mondo della musica. Occupa un piano del mondo della musica, quello della musica mediatica.”

Probabilmente, la verità sta nel mezzo, al di qua degli estremi delle condanne: guardate l’intervista in versione integrale per meglio cogliere le argomentazioni di Giolindo, ricordando che proprio l’ultimo arrivato, nonostante ci abbia abituati a diversi giri di boa e d’opinione nel tempo, non è.