Alla penna di Rolling Stone Billy Corgan confessa di essere stato vicino al suicidio in tante occasioni oltre a quelle vecchiotte come i fan più appassionati sanno, anche prima delle registrazioni di Oceania, l’ultimo disco recensito anche sulle nostre pagine. Ad accompagnare la confessione una qualche menata postadolescenziale sulla concezione di dio da qualche parte intorno a lui.
Io mi chiedo se però, caro Billy, alla tua età sia il caso di toglierci questa maschera da personaggio tormentato, che poteva sicuramente andare bene e risultare credibile negli anni novanta,  e iniziare a tirare fuori qualcosa di decente dal punto di vista compositivo. Non come quella mezza cagata di Oceania che è il perfetto connubio tra overproduzione e idee riciclate.
Da fan sfegatato di Billy Corgan mi chiedo se veramente ci sia da credere a un’altra menata sul suicidio pianificato e poi mai compiuto, oppure se questa vuole essere una sparata random.

Certo è che solo i polli o i fan di Rolling Stone (le due cose non si escludono reciprocamente) potranno ancora cascarci e continuare a supportare un artista che negli anni novanta ha fatto scuola e storia, ora invece puzza tanto di imprenditore. Peccato che la questione sia la musica e non i pareggi di bilancio. Oceania mezzo flop?