Alfieri di un’Italia musicale che sta (ri)scoprendo le sonorità internazionali, soprattutto in ambito pop, gli Yombe sono sicuramente tra i progetti più interessanti tra quelli nati negli ultimi anni. Formati dai campani – ma ora trasferitisi a Milano – Alfredo e Cyen (entrambi ex componenti dei Fitness Forever), sono stati tra i più recenti acquisti della Carosello Records, insieme a Thegiornalisti, Coez, Levante e Wrongonyou: insomma, un’etichetta che di pop italiano ne sa a pacchi.

Abbiamo incontrato gli Yombe nel backstage dell’Astro Club di Fontanafredda (PN), prima del primo appuntamento con la rassegna ThisAstro – curata dal collettivo di dj Ruckus Crew – che li vedeva come protagonisti sul palco. Quale momento migliore per analizzare la loro carriera fino a questo momento, i piani per il futuro, il rapporto tra major e indipendenti e tanto altro?

Ciao ragazzi! Come e quando parte il progetto Yombe?

Cyen: Dopo aver lasciato i Fitness Forever per ragioni logistiche – io avevo l’università e Alfredo era in tour con Colapesce – ci siamo trasferiti a Milano. Yombe è un progetto nato soprattutto da una mia esigenza, perché volevo collaborare con Alfredo per fare qualcosa che ci unisse ulteriormente (i ragazzi sono una coppia anche nella vita, ndr), qualcosa di emozionante e di bello per entrambi. Dopo alcune peripezie legate alla scrittura dei primi pezzi il progetto è partito a gonfie vele, è andata bene.

Parlando dei Fitness Forever, qual è stata l’evoluzione che vi ha permesso di passare dal pop elegante e Seventies dei FF a queste nuove atmosfere che si muovono tra elettronica e soul?

Alfredo: Beh, nei Fitness noi avevamo un ruolo abbastanza marginale, eravamo dei turnisti ma è stata comunque un esperienza molto divertente. Entrambi abbiamo lavorato come turnisti anche in altre occasioni, ad esempio io con Colapesce, e ascoltiamo tantissima musica, quindi abbiamo una discreta capacità di astrarci e mettere da parte i nostri ascolti. Nel caso dei Fitness Forever è stato così, abbiamo messo al servizio del progetto le nostre capacità esecutive, e non a caso è stato uno dei motivi che ci hanno spinto a riprendere in mano un discorso completamente nostro, perché ci andava di riprendere in mano le nostre idee. Io poi vengo da ascolti anche completamente diversi da quello che facciamo con Yombe, da quindicenne ascoltavo prog, quindi il mondo pop barocco dei Fitness Forever non mi era così estraneo. Ho sempre coltivato parallelamente degli ascolti di musica elettronica, e la musica black e jazz.

Cyen: Stessa cosa anche per me. I Fitness erano una cosa che non avrei mai pensato di poter affrontare: mi hanno pescato ad un mio concerto chitarra e voce, ed è una cosa a cui mi sono prestata volentieri. Io sono molto eclettica, mi piacerebbe fare tutto nella vita, anche suonare la batteria, quindi questa cosa di passare a cose molto diverse tra loro ci appartiene, fa parte di noi.

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Voi siete sotto contratto con Carosello Records, che negli ultimi mesi ha scritturato molti nomi emergenti del pop italiano, in tutte le sue sfaccettature. I primi che mi vengono in mente sono Thegiornalisti, Levante e Wrongonyou, e poi ci siete voi, che ne rappresentate la parte più elettronica e internazionale. Vi sentite in qualche modo dei precursori di questo interesse che le major stanno avendo per la musica indipendente italiana?

C: Allora, innanzitutto c’è da dire che la Carosello non è una major, non ha le caratteristiche organizzative, burocratiche ed editoriale di una major. È un po’ una struttura atipica, che segue delle logiche di mercato differenti, e questa cosa la notiamo: le scelte delle major continuano ad essere molto diverse da quelle della Carosello, che sì, sta promuovendo cose più indipendenti, anche se l’ha sempre fatto. Anche Emis Killa nasceva come qualcosa di molto underground. Quindi è nel loro gusto, come fosse la linea editoriale di una radio: c’è sia la discussione accesa che l’incontro soporifero sull’arte, loro fanno questa cosa qui. Poi certo, le major hanno un interesse perché ormai il mercato si muove con il web, quindi devono per forza aprirsi a questo nuovo trend: lo stanno capendo, ma non mi sembra ci sia questa grande evoluzione, non come all’estero.

A: Io penso che in Italia si stia assottigliando il confine tra pop e indipendente. Già a monte, in fase di scrittura e songwriting, vengono proposte delle cose che sono un po’ sospese su un filo. Credo che nemmeno gli artisti vogliano precludersi l’opportunità di avere un pubblico maggiore, è un atteggiamento che all’estero è stato sdoganato da anni: quando i Flaming Lips fanno un disco con Miley Cyrus, qui qualcuno inorridisce, ma in realtà sarebbe ora che i due mondi si influenzassero e incontrassero di più.

C: Noi comunque non pensiamo di essere dei precursori, anzi! L’unico che può essere definito tale, almeno nella mia analisi, è Calcutta. Lui è uno che ha messo d’accordo un trend 2.0 / adolescenziale con il gusto di una multinazionale. È un azzardo e un segno di maturità, ma non credo ci sia stato un grande cambiamento, è solo apparente: ormai la musica va da sola e nessuno ha più bisogno delle major o altro, se ha i suoi mezzi.

Oltre alla parte musicale, voi curate molto anche lo stile e l’immagine. Quanto contano questi fattori nell’universo Yombe?

A: Per me l’immagine è sempre stato un elemento imprescindibile. Ho notato che ho sempre ascoltato artisti che avessero un’estetica molto forte, che fossero i Talking Heads o Michael Jackson. Credo che quella estetica sia una componente che ti aiuta ad entrare di più nel pensiero di una band, ti fornisce una chiave di lettura ulteriore nella musica che fai. Io poi, parallelamente alla musica, ho sempre lavorato come grafico, quindi ho sempre avuto una naturale attenzione per l’immagine.

C: C’è una cura particolare, certo. Ci piace l’idea di lavorare su più modalità espressive contemporaneamente, anche live. Io magari lo faccio per un motivo diverso da Alfredo, dato che io tendo ad annoiarmi molto ai concerti, a meno che non si tratti di Cosmo, Kaki King, i National, che sono concerti super performativi in senso banalissimo. E non parlo di estetica come bellezza, dato che puoi essere brutta come Björk, ma a livello di immagine lei non ha rivali. Quello che voglio dire è che per me l’immagine è la capacità di coinvolgere le persone attorno a te, nel caso di Björk di comunicare con arte e mezzi superiori agli umani, dato che lei è un alieno. Noi puntiamo a fare una performance coinvolgente, ed è qualcosa di cui diamo indizi anche nei nostri videoclip, perché ci piace l’idea di coinvolgere le persone da subito. Per me l’importante – e non ci siamo ancora arrivati – è non fare annoiare le persone, nessuno deve andare via, anche il più distratto deve rimanere perché stai facendo qualcosa che gli sta cambiando la giornata.

Parliamo proprio di videoclip. La vostra ultima fatica si chiama SDIMS, il cui video è stato girato in Islanda da UOLLI (già al lavoro con Populous, Amari, Meg e Brunori Sas). Com’è nato questo video? Il risultato è meraviglioso!

C: Allora, Uolli ci ha fatto i complimenti per il nostro primo video su Facebook e ci ha detto “Vorrei fare qualcosa con voi quando ci sarà la possibilità“. Noi non avevamo un euro, perché non avremmo mai potuto pagare un suo video, ma una volta entrati in Carosello abbiamo avuto i fondi necessari per coinvolgerlo. Siamo andati da lui, abbiamo scelto il singolo, e l’obiettivo finale era realizzare qualcosa di bello.

A: Per quanto riguarda la scelta dell’Islanda, noi eravamo alla ricerca di deserti. Il mood della canzone aveva fatto venire in mente a Uolli questa ambientazione, e aveva buttato giù uno script che prevedesse delle zone molto aride; dato che avremmo dovuto girare a metà agosto, abbiamo subito tolto dalle possibilità il Marocco o zone simili. Dato che l’Islanda è una terra che lui conosce a menadito e che ha varie ambientazioni molto diverse tra loro, abbiamo scartato l’Islanda turistica e ci siamo buttati nella parte selvaggia dell’isola.

A marzo è uscito il vostro primo EP omonimo, di cinque brani, ma a che punto siamo con il disco vero e proprio?

C: Si scrive, ti possiamo dire che si scrive! Ci sono tante idee, ma noi siamo lenti nella fase di metabolizzazione. La musica è quello che hai da dire, e noi siamo entrambi in un momento involutivo, soprattutto io, che alterno momenti di enorme aridità a momenti decisamente proficui. Di solito diamo il meglio di noi alla fine, all’inizio siamo davvero lenti.

Ultima domanda di rito: disco dell’anno e disco da isola deserta.

C: Allora, sicuramente non è lo stesso per me e per lui, quindi te ne diamo quattro.

A: Disco da isola deserta è A Seat At The Table di Solange, perché è super rilassante e ci sta alla grande. Disco dell’anno Cloak di Jordan Rakei.

C: Il mio disco da isola deserta non è un vero e proprio disco: Volume 1 di Debussy, mi porterei tutto il concerto al piano, mi mette serenità e mi ricongiunge con l’universo. Disco dell’anno invece dico Anti di Rihanna e pure io Solange, a pari merito.

Grazie mille ragazzi! Buon concerto.

Y: Grazie a te, ciao!

Il concerto poi è andato davvero alla grande. Breve – ma alla fine il repertorio quello è – si è rivelato un’esperienza davvero coinvolgente, che è andata crescendo sul finale quando i bpm si sono alzati, e che mi ha ricordato il fantastico concerto di Empress Of al Primavera Sound 2016. Insomma, gli Yombe sono davvero una delle più belle speranze del pop italiano, e uno dei progetti con più possibilità di essere esportato con successo all’estero. Continuiamo a seguire i loro passi, siamo sicuri ci daranno grandi soddisfazioni.

Foto di Milo Alterio © Grazie a Marcello di Bizarre Love Triangles e a ThisAstro / Ruckus Crew.