Lo scorso settembre è uscito V, quinto album dei The Horrors che sia noi che il pubblico abbiamo recepito benissimo. Qualche settimana prima abbiamo anche avuto modo di vederli all’Home Festival, dove han potuto testare le nuove tracce davanti ad un pubblico che le ha accolte positivamente.

In attesa delle due date di dicembre, a Milano il 5 dicembre al Circolo Magnolia e a Bologna il 6 dicembre al Locomotiv Club, abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere al telefono con Tomethy Furse, alias di Tom Cowan nonché bassista del gruppo. Nell’intervista abbiamo avuto modo di discutere di i The Horrors siano cambiati con V pur restando riconoscibili, dello stato attuale del loro progetto e di che cosa vorranno fare nel prossimo futuro.

Iniziamo parlando del vostro ultimo album col quale avete preso una direzione piuttosto diversa da quello che era stato il vostro percorso precedente, pur mantenendo intatto il vostro marchio che tutt’ora resta riconoscibilissimo dai fan e dagli addetti. Come vi sentite rispetto a questi cambiamenti? Pensate potranno mai cambiare la vostra “firma” anche magari in maniera definitiva?

TOMETHY FURS: Per noi ci sono moltissime cose importanti che coesistono quando lavori in una band, una di queste è senza dubbio il fatto di essere capaci di rinnovare il proprio suono e cambiare modo di lavorare via via che il tempo passa. Ed è un po’ presto per poter sapere quanto questa nuova strada possa davvero influire sul nostro futuro, anche se allo stesso tempo dimostra la nostra volontà di non limitarci a ripetere ciò che ha fatto parte del nostro passato musicale senza, comunque, perderne la coscienza. Se ci fossimo ancora focalizzati semplicemente su quello che è stato il nostro passato saremmo molto rimasti delusi dal nostro lavoro, così come lo sarebbero stati i nostri fan.

Sentivamo questa spinta che ci guidava verso una nuova direzione che finora non eravamo mai riusciti a toccare, prendendoci un grosso rischio. Dopo tutti questi anni di lavoro, però, era necessario per noi trovare qualcosa che ci facesse sentire sul pezzo, che tenesse viva la fiamma, e questa nuova direzione ha aiutato molto. Riguardo al nostro futuro: non sappiamo cosa faremo ma abbiamo piena coscienza di quello che abbiamo fatto e quello che siamo e siamo stati. La sperimentazione, l’utilizzo delle tastiere o di un determinato pedale per la chitarra, o quello che è, è il meccanismo che ti aiuta a provare cose differenti, e per noi in questo caso ha funzionato.

Abbiamo avuto occasione di vedervi dal vivo all’Home Festival prima che uscisse V, e abbiamo subito avuto modo di notare come questi nuovi elementi elettronici si fondessero molto bene, nella maniera in cui li avete trattati, con il vostro stile. Come è stato il vostro approccio agli elementi della musica elettronica? Han cambiato il vostro approccio nel lavorare in studio o in fase compositiva rispetto a quella che è stata la vostra esperienza negli album precedenti?

THOMETHY: Dal mio punto di vista penso ci siano, in questo album, molte canzoni che sono partite dall’elettronica, da alcune idee che c’entrano con quel determinato stile. Inizialmente parevano delle eccezioni ma poi ci siamo resi conto che ci uscivano molto naturali in fase di composizione, ci veniva voglia di sperimentare e fare tentativi per poi mettere tutti questi elementi insieme. Dal mio punto di vista non mi è sembrato tanto diverso rispetto ad altre volte in cui ci siamo trovati in situazioni simili in studio, se non nel risultato. Anche se magari può cambiare lo stile, l’approccio tende a restare lo stesso, almeno per me. Anche perché sono ormai abituato a lavorare nella musica sia per quanto riguarda i miei progetti solisti sia nei The Horrors, per cui ormai mi giunge abbastanza naturale tutto questo. Non mi serve più di tanto fermarmi a riflettere per capire quello che sta accadendo. Quello su cui mi devo concentrare è semplicemente capire se ciò che ne esce possa stare bene con quello che vogliamo portare avanti come gruppo, perché magari qualche idea inizialmente interessante può poi risultare lontanissima da quella che è l’anima reale del progetto, o può essere distante dagli altri membri del gruppo e dalla maniera in cui sono abituati a lavorare e ragionare. Non posso nemmeno pretendere di arrivare a chiedere di fare cose troppo assurde agli altri. Quello che abbiamo fatto ci ha però influenzato, da un certo punto di vista ha dato una linfa diversa al nostro lavoro. Ad esempio: sappiamo che già a gennaio torneremo in studio per lavorare a qualcosa di sperimentale che potrebbe confluire in un nuovo progetto: potrebbe essere un nuovo album o un nuovo EP. Potrebbe passare del tempo prima che queste idee vedano davvero la luce ma ne stiamo già parlando e la direzione è quella, sentiamo di aver fatto un buon lavoro con questo album pur essendoci cose che sentiamo che avremmo, col senno di poi, potuto fare addirittura meglio. Ci sono delle cose “strane” che abbiamo in mano, che ancora sono strutture minimali, e vorremo riprenderle per intraprendere una strada ancor più sperimentale e magari farle uscire in un EP o qualcosa di simile.

Possiamo dire ci sia una nuova storia che si apre per i The Horrors in questo futuro.

TOMETHY: Penso di sì, anche se sono convinto arriverà il momento in cui rallenteremo un po’ le cose e ci prenderemo una pausa visto che è 12 anni che siamo sulla scena e altrettanti anni che non ci fermiamo un attimo. Alcuni diranno che lo avevamo fatto già in passato ma rispondo dicendo che in realtà nemmeno allora abbiamo smesso di lavorare. È da tanto che siamo in giro a suonare e per quanto le svolte di cui parlavamo prima aiutino a metterci in gioco per rimanere in carreggiata sicuramente arriverà un momento in cui raffredderemo un po’ le cose.

Una delle cose che abbiamo davvero apprezzato del vostro disco è stato l’artwork, vorreste dirci qualcosa a riguardo?

THOMETHY: Piace davvero tanto anche a me. Avevamo voglia di esplorare cose inusuali, qualcosa che risultasse strano da vedere, che desse un anche po’ fastidio con colori e grafica. L’intenzione era di collaborare con Cris Cunningham col quale avevamo già lavorato in passato, o comunque di prendere spunto da quell’immaginario. In quel momento però, come anche ora, Cris è occupatissimo e non riesce a lavorare con nessuno, meno che meno con noi. Abbiamo quindi cercato un artista che potesse avere un approccio simile e un’estetica che potesse ricordare quel tipo di lavori. Così siamo capitati sull’account Instagram di Erik Ferguson che produce delle cose davvero incredibili e ha una grande immaginazione. Gli abbiamo perciò chiesto qualcosa che risultasse un po’ strano, un po’ grottesco e disgustoso. Lui ha preso dei modelli raffiguranti alcune facce e le ha fuse tutti nel blob che si vede raffigurato.

Anche ispirato un po’ ad un universo fumettistico ci sentiamo di dire

Esattamente, volevamo qualcosa che straniasse, che desse un senso di fastidio e di distaccamento, che generasse una reazione à la “cos’è quello?” quando avrebbe visto la copertina del nostro vinile nei negozi. Pensiamo sia molto figo. Abbiamo aggiunto anche quei riferimenti al Giappone al progetto come se volessimo porre questo album in una specie di futuro distopico à la Blade Runner, per mescolare i linguaggi come anche musicalmente abbiamo fatto. Vediamo il disco in quel tipo di mondo infatti: penso sia la prima volta che abbiamo una sorta di concept intorno al nostro disco. Non lo avevamo mai fatto, le altre volte mettevamo un’immagine carina e questo bastava. Questa volta abbiamo voluto esplorare un concetto, come abbiamo fatto col video che è uscito e con quello che usciranno.

Tornando alla vostra musica, è indubbio che abbiate sempre avuto un occhio di riguardo rispetto alle influenze che sapevate cogliere nel passato della storia della musica, mentre prima mi hai parlato di lavori sperimentali. Continuerete a mantenere le influenze del passato o le sperimentazioni toglieranno spazio a questo tipo di cose?

TOMETHY: Siamo sempre stati attenti a tenere elementi del passato e del futuro. Oggi nella musica capitano tantissime cose fighe, specialmente in queste nuove maniere di comporre e produrre musica che sta ridefinendo ancora una volta il modo di fare quella che chiamiamo “popular music”. Ancorarci al passato non ha senso in un momento storico come questo. Ha più senso mettere sul tavolo, però, quegli elementi del passato che possono essere coerenti col futuro. Ci sono un sacco di produttori interessanti, artisti come Lone, Four Tet, che mi capita di vedere a Londra. Nel nostro lavoro abbiamo cercato di comprendere questo tipo di atmosfere lasciandoci influenzare. Cerco sempre di tenere un occhio aperto rispetto a tutte le correnti innovative che l’elettronica continua a portare nella musica. Così come altre persone oltre a me nel gruppo, ad esempio Rhys che possiede una grandissima collezione di dischi che spesso sfrutto volentieri anche io. Quello che accade tra di noi di solito è tentare tutti insieme di mettere idee interessanti sul banco, cose che possono c’entrare o meno con la nostra attitude personale o quella più o meno rock del gruppo. A prescimdere dall’attitude, alla fine dietro questo tipo di progetti c’è praticamente sempre un lavoro meticoloso di gente nerdy come posso essere appunto io.  La passione per le nuove strumentazioni digitali, per strumenti che non abbiamo ancora usato, nuovi sintetizzatori o le varie correnti nell’elettronica, cerchiamo di metterle insieme a quello che abbiamo dentro per raggiungere poi un punto in comune per mescolare i nostri punti di vista in un qualcosa che ci sembri speciale. Cerchiamo di rendere le cose speciali e non so quante band ci siano come noi al mondo. Esiste una bellissima chimica tra di noi e l’amicizia che ci lega ci permette di poter riuscire a sembrare abbastanza differenti proprio perché tutti noi diamo un occhio al passato e uno al futuro senza perdere lo spirito che c’è dietro il fare musica. Se guardi troppo indietro a te, a quello che è stato il passato della musica mondiale focalizzandoti su esso, non puoi fare molta strada così come cercare solamente spunti verso il futuro può portarti a perdere il punto. Dietro allo scrivere musica o anche addirittura allo scrivere le grandi canzoni, le quali che han bisogno di una vita lunga, ci sono diversi elementi che devono convivere.

Percepiamo un sacco di entusiasmo, avete parlato di artisti contemporanei influenze potrebbero esserci collaborazioni in futuro?

Si ne ho parlato con Floating Points per qualcosa del genere ma non so se possa avere uno spazio nella band. Ho anche appena finito un album con Alex dei Black Angels che uscirà il prossimo anno, sto lavorando al momento ad alcune colonne sonore per dei documentari ma non è ancora tutto ben definito. Sai sono e siamo molto aperti, se l’opportunità si pone è giusto coglierla: vedi gente che ti piace a cui piace come lavori è giusto provare a buttar giù qualcosa.

Leggi qua la nostra recensione dell’ultimo album degli Horrors, V.