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Ad una manciata di giorni dalle due imminenti date italiane del tour della band (domenica 17 a Milano per l’ Elita Sundaypark e martedì 19 al Bastione Alicorno a Padova) abbiamo fatto due chiacchiere con Meric Long, chitarra e voce del duo californiano The Dodos.

 

DW:  Con No Color avete raggiunto un sound consolidato; facilmente riconoscibile ma anche fresco ed originale. Citando un articolo di Pitchfork del 2011:”No Color è la prova che i Dodos sono al loro meglio quando sono semplicemente loro stessi.” In Carrier ci sono alcuni cambiamenti , ma continuate a rimanere fedeli alle radici del vostro sound. La domanda che ti pongo è: cosa è cambiato dalle vostre origini ad oggi nei tuoi gusti e generi musicali? Cosa ascolti adesso che non ascoltavi sette anni fa ai tempi di Beware of the Maniacs? Le tue influenze sono cambiate? Cosa c’ è sul tuo ipod in questo momento? 

The Dodos: I miei gusti musicali hanno rallentato un bel pò, sia in cosa vado cercando, che nel modo in cui lo sperimento. Sento che seziono meno la musica che ascolto in questi giorni, faccio un passo indietro, la vedo nel suo insieme e posso così apprezzarla maggiormente. È passato un bel po’ da quel primo disco e ovviamente abbiamo tanti più riferimenti oggi, la possibilità di ascoltare più band ed avere una libreria più ricca, ma c’ era una premessa piuttosto semplice quando abbiamo iniziato e credo che ci guidi ancora oggi, il legame con qualsiasi cosa ci faccia suonare come noi stessi.

DW: E questa evoluzione come è legata al tuo passaggio alla chitarra elettrica in Carrier

The Dodos: C’ è qualcosa di distintivo nell’ acustica, che stavo cercando per questa band, e negli ultimi due anni ho iniziato a comprendere l’ elettrica non come qualcosa di diverso, ma come un modo ulteriore per raggiungere lo stesso fine. È come se l’ acustica scrivesse il paragrafo in modo base, e l’ elettrica arrivasse e sottolineasse le frasi.

DW: Hai detto che il modo in cui Chris Reimer (defunto chitarrista della band canadese Women, e membro live dei Dodos, ndr) era in grado di trasformare e modellare il suono con una chitarra elettrica ti ha ispirato e spinto ad esplorare un maggior numero di tonalità. Pensi che continuerai ulteriormente a costruire questo nuovo sound nei prossimi lavori? 

The Dodos: Chris aveva la propria voce e non c’ è modo in cui io possa rendere giustizia al suo sound. È troppo profondo e legato alla sua persona. Però sto cercando di “mimare” alcune delle cose che faceva  e così facendo sento che ho acquisito una maggiore comprensione su ciò che faccio io, e ci sta dando di sicuro un approccio diverso col quale scrivere pezzi.

DW: Con questo album il vostro sound ne esce in qualche modo ingentilito e meditativo, con voce e chitarra pulitissime e sempre accompagnate da insistenti drums, creando un’ infusione di sensazioni positive. Se da un lato i testi sono evocativi al limite dello spirituale, il ritmo autoritario non tradisce le aspettative create dal vigore degli album precedenti. Penso in particolare a Stranger, che NME ha definito come l’ ipotetico risultato che avrebbero gli Strokes se si mettessero a suonare gli Shins.  La mia domanda è provocatoria, ma cosa pensi abbiate raggiunto in termini di sound che agli Shins manca, fino al punto che dovrebbero fondersi con gli Strokes per averlo? 

The Dodos: Guarda, onestamente non posso dire di comprendere quel paragone, penso che sia una diversa borsa di fagioli (evocativa espressione americana, ndr) in entrambi i casi. Sembra che abbiate un’ idea più chiara di quanto io abbia… Credo che gli Strokes abbiano un’ insistenza che gli Shins non hanno. Probabilmente poi se fai la media tra l’ età dei membri delle due band ottieni la nostra, no?

DW: Il vostro sound è spesso associato anche ai Fleet Foxes, di Seattle. Con evidenti differenze nello stile, ma anche con alcune somiglianze, devo ammettere che al primo ascolto di Carrier, sentendo Confidence, mi è venuta in mente un’ altra band di San Francisco che amo e ho seguito in alcune delle date italiane dei loro ultimi tour: i Black Rebel Motorcycle Club. Penso a come l’ Europa sia stata una sorta di chiave per il loro successo, l’ Inghilterra in particolare (la promozione fatta dagli Oasis e l’ etichetta indipendente inglese Echo con la quale è uscito Howl) cosa ne pensate del vostro pubblico europeo? Avete dedicato una bella parte del tour al vecchio continente. 

The Dodos: Sai, all’ inizio eravamo incerti sulla nostra presenza in Europa, dato che è passato un bel po’ di tempo dall’ ultima volta. Quando abbiamo fatto il tour insieme ai Calexico abbiamo fatto una faticaccia a vincere sui loro fan, ma fortunatamente abbiamo avuto alcune serate come headliners che ci hanno dimostrato che alcune persone di fatto sentivano la nostra mancanza! Avevamo l’ intenzione di tornare a trovarvi dal nostro secondo album, quindi ci è semplicemente sembrata la cosa giusta da fare.

DW: E invece per quanto riguarda l’ Italia? Era giusto novembre di cinque anni fa quando avete suonato a Milano alla Casa 139. Quali erano le vostre aspettative da quella data e dal nostro paese? E cosa provi ora che state tornando di nuovo a Milano come una band maggiormente affermata e di successo? 

The Dodos: Si, mi ricordo quello show, erano tutti molto fashion! Suppongo che le mie aspettative siano sempre state alte perchè prima di venire in Italia abbiamo fatto un tour con i Jennifer Gentle negli States e ci hanno messo l’ asticella piuttosto alta su cosa aspettarci dal vostro pubblico. Dopo sette anni di tour abbiamo capito che è difficile sapere cosa aspettarsi, ma sono sicuro che saranno tutti ben vestiti e pronti a fare festa.

DW: Rimanendo sugli stereotipi culturali, qual è il tuo piatto di pasta preferito? Alcuni dicono che le ragazze più belle siano in Italia e in California. Che opinione hai a riguardo? 

The Dodos: Ahahah… Bè, mia moglie è spagnola quindi mi rifugio sulla domanda sulla pasta. I bucatini sono i miei preferiti! Adoro anche gli spaghetti alla chitarra, ma non sono facili da trovare in giro.

DW: Parlando di cose serie, avete registrato Carrier tutto in analogico. Qual è il motivo dietro a questa scelta? Che rapporto avete con la tecnologia? 

The Dodos: Mi sto trasformando in un dinosauro, più il mondo musicale avanza e più ritorno alle forme arcaiche. Mi sento infastidito dalla quantità enorme di opzioni che il digitale offre, e per riuscire a focalizzarmi sull’ essenziale e riuscire a scrivere un bel pezzo ho dovuto mantenere le cose semplici. Senza contare poi che il suono è migliore!

DW: Benone. Grazie mille Meric, non vedo l’ ora di sentirvi live il 17. Sei bello carico anche tu? 

The Dodos: A dire il vero si, tutto questo parlare di pasta mi sta stimolando l’ appetito, tenetene un po’ per me!