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Noi cervi abbiamo intercettato Andrea Giometti, voce e basso dei pazzeschi post punk pesaresi Soviet Soviet, giusto appena prima che invadessero gli States con un album bello fresco ed un imminente tour oltreoceano.

DW: Innanzitutto grazie per questa intervista in clima caldissimo da uscita del vostro primo album Fate, per la newyorkese Felte, che presenterete il 14 novembre appunto a NYC. Quali aspettative avete? Il titolo credo tradisca già in parte la risposta.

SOVIET SOVIET: Le aspettative sono alte, com’è giusto che sia per un gruppo che sta presentando un disco. Ovviamente l’umiltà è la prima caratteristica che ci portiamo sempre appresso, soprattutto per questa prima uscita negli USA. “F A T E“, come fondamentalmente il nostro nome, è uscito in maniera spontanea durante le sessioni di registrazione, accompagnati dal nostro manager Fabio e il suo/nostro amico Renzo. Non c’è nessun pensiero complicato dietro. Vedendo però quello che sta accadendo sia a livello personale che collettivo, è stato azzeccatissimo.

DW: Il disco è aperto da una serie di colpi di pistola di Alessandro Ferri in Ecstasy ed atmosfere che mi portano alla mente Ian Curtis cantare e lanciarsi in danze sudate ed epilettiche con sullo sfondo grigi scenari suburbani inglesi della fne degli anni ’70. I Joy division trovarono l’ ispirazione per formare una band ad un concerto a Manchester dei Sex Pistols, dichiarando poi che il loro live li aveva ispirati come Deep Purple e Led Zeppelin non avevano fatto mai. Immagino questa fosse la potenza del punk per chi l’ ha vissuto, la voglia di sfasciare tutto e di fare musica anche se non ti eri mai considerato prima un musicista. Il trend del post-punk dall’ inizio dei 2000 va piuttosto forte, penso a Interpol o agli Editors. Cosa vi spinge a trovare ispirazione da quel periodo per i vostri pezzi? Direi che il risultato in Fate è una bomba.

SOVIET SOVIET: Fondamentalmente non prendiamo così tanta ispirazione nè dagli anni che furono nè dalle band che son state. È stato come per il nome, per il titolo del disco, da quando ci siamo formati abbiamo fatto tutte le cose in maniera istintiva, senza dover per forza andare a cercare, riprendere, un genere preciso. Ovvio che certi ascolti ci hanno formato, ma non penso si possa pensare a noi come a una band chiusa dentro i confini di un solo genere.

DW: Mio padre mi faceva ascoltare i King Crimson quando avevo quattro anni. Mi chiedo spesso se ascolterei pezzi del genere se non ci fossi abituato da quando ancora non sapevo andare in bicicletta. Cosa ascoltavate quando eravate pischelli?

SOVIET SOVIET: Per quanto mi riguarda, io mi sono avvicinato alla musica molto tardi. Prima di tutti sono arrivati i Green Day, poi da lì tutta la scena wave di fine ’70, la roba punk 77, e le cose 90s dei vari Placebo, Nirvana, Sonic Youth. Tutti artisti ai quali sono arrivato da solo, senza i feedback di nessuno. E da qui iniziare a suonare il basso è stato naturale.

DW: Più o meno siete nati nel periodo dell’apice del post punk italiano, quando giravano band storiche come Neon o gli stessi compagni delle repubbliche socialiste sovietiche CCCP, ma penso anche ai Litfba delle origini. Era destino?

SOVIET SOVIET: No, non credo proprio dai.

DW: Pesaro si trova tra due città importanti per la New Wave italiana: Perugia, e soprattutto Bologna. La vostra città natale stessa sta diventando con voi e non solo la capitale italiana del rock che predilige tinte tenebrose e sapori dark, vedi Brothers in Law e Be Forest. Da un lato la primavera post punk pesarese ha del meraviglioso, dall’altro vi siete già largamente esibiti live in giro per il mondo. Immagino che New York e un tour per gli States però forniscano una quantità infnita di stimoli musicali anche per una band internazionalmente rodata come voi. Insomma, facendo un’autoanalisi, come vi vedete tra lavori passati, l’imminente release dell’ album e gli scenari futuri?

SOVIET SOVIET: Siamo cresciuti e siamo più maturi rispetto al primo EP. Adesso siamo consapevoli che ci sta accadendo una cosa molto bella e importante. Soprattutto se pensiamo a come siamo nati, da dove veniamo, etc. Abbiamo fatto uno step importante.

DW: Avete fatto diversi live in giro per i paesi ai quali il vostro nome rimanda. Come percepite il panorama musicale dell’Est Europa in confronto a quello italiano?

SOVIET SOVIET: Pensiamo che quasi tutto il panorama musicale extraitaliano abbia scenari più interessanti. Non per fare i soliti esterofili, però c’è un’attenzione nei confronti della musica, della band più alta. C’è un’altra energia nel modo in cui vivono proprio il live. Anche l’orario in cui si inizia, le 21, le 22, hanno questo tipo di educazione che qui è difficile, se non impossibile trovare. Credo sia tutta una questione di fattori culturali diversi.

DW: E La Cira? Me ne hanno parlato solo bene.

SOVIET SOVIET: La Cira è uno/l’unico locale dove si prova a far live nella nostra città, cercando di portare delle band di spessore.

DW: Tornando all’album. L’aspettativa creata dal titolo è ricambiata dalle distanze siderali create da No Lesson, un viaggio senza tregua alla scoperta delle origini dell’ essenziale, che termina con un “thank you so much, thank you so much for your help”, ripetuto come un mantra. Gone Fast mi mette un’ allegria benvenuta come il regalo di compleanno che non ti aspettavi di ricevere. Procedendo le suggestioni si alternano in scontri ed incontri e terminato Around Here il primo pensiero è di riascoltare tutto da capo, e che le cose belle tendano a migliorare riascoltandole compulsivamente (comed’altronde sto facendo). Come un buon vino o un pezzo inglese di fne 70s, ma anche come qualcosa di nuovo, che rivela le sfumature sottili all’orecchio che è più attento a cercarle. La domanda che mi viene naturale è: è stato un lavoro spontaneo o un progressivo perfezionismo a portare alla luce Fate?

SOVIET SOVIET: Entrambi. Ovviamente l’affiatamento è salito negli anni sia sul palco che in sala prove. La sala di registrazione è stato un ottimo banco di prova e per la prima volta ci siamo soffermati di più sulle scelte di produzione del disco. Credo si senta tanto, anche da quello che dici te, i diversi particolari che ogni volta ti salgono all’orecchio. Siamo contenti di questo.

DW: Dopo le prossime date in giro per gli States e l’Europa tornate a suonare in Italia, giusto? Quando e dove ci vediamo?

SOVIET SOVIET: Allora, dopo la release date di venerdì ad Always Never Again, a Cosenza, questo lunedì siamo partiti per il nostro primo tour oltreoceano. Sette giorni tra east coast e west coast, New York e LA. Siamo carichissimi. Prossima data italiana il 22 Novembre a Napoli, poi da lì gireremo per diverse città tra le quali Milano (29/11), Roma (19/12), Torino (28/12). E ancora altre arriveranno.  Trovate  comunque  tutte  le  info  aggiornate  sulla nostra pagina Facebook!