Beats-Apple

Dopo il minestrone ricco organizzato da Jay Z per il lancio di Tidal, c’è fermento in casa Apple. Naufragata in partenza l’ipotesi di una collaborazione tra Tidal e Iovine, in quel di Cupertino ci si prepara ad una piccola rivoluzione che, secondo i vertici, ci traghetterà direttamente nel futuro. Un futuro che vede come protagonisti iTunes – in tutte le sue declinazioni – e i servizi generici di streaming musicale. Di tutto questo ne sapremo di più intorno la prima metà di giugno, per il WWDC 2015 di casa a San Francisco, kermesse per smanettoni ed avanguardisti di Apple, nella quale si parlerà – tra le altre – di Apple Tv, di Streaming e delle nuove frontiere del Cloud, ma ad oggi le agenzie stampa e gli schiamazzi iniziano a prendere forma, consentendoci una prima analisi.

Dobbiamo, tuttavia e in via preliminare, andare indietro di qualche mese, fino all’acquisizione da parte di Apple di Beats in un affare da circa 3 miliardi di dollari, attraverso il quale Apple si è fusa con Dr. Dre e con un universo di cuffie e servizi streaming. Ovvietà delle ovvietà, ma va da sé che tale operazione fosse strumentale ai successivi adattamenti con i servizi musicali, più che con quelli tecnici di casse e altoparlanti. Parallelamente hanno iniziato ad avere un successo crescente i nuovi servizi di trasmissione dati direttamente in rete senza il buon vecchio download e il (prevedibile) successo di questo nuovo sistema – premium o free – ha comportato la necessità di un adeguamento rispetto alle esigenze di mercato.

Bye bye mp3: tutto calcolato. Se anni fa, infatti, il passaggio di testimone si verificava tra supporti fisici (cd, cassette, vinili) e le nuove forme di download digitale, oggi è lo stesso download a venir sollevato dal suo incarico per far spazio a nuovi servizi più dinamici, economici ed adeguati rispetto a chi offre il servizio e a chi ne fruisce. Questa novità ci offre il destro per una considerazione e, cioè, quella legata allo spazio. Non secondario aspetto quello dello spazio disponibile attrae indubbiamente i più svegli in materia, in quanto inizia a rappresentare un problema se si considera che gran parte di quello che prima era spezzettato in vari supporti, oggi viene raggomitolato in un unico dispositivo portatile nel quale occorre inscatolare ogni aspetto della nostra esistenza. Lo streaming da questo punto di vista (ci) offre la possibilità di riempire la valigia e di chiuderla senza la necessità di sedercisi sopra.

Senza contare che quel pennellone del cantante dei Coldplay, per citarne uno a caso, lo trovo a poco online, lo ascolto come mi pare, skippo, disfo, condivido “perché mai ora dovrei comprare il cd, visto che collego col cavetto aux l’iPhone alla radio della macchina e il walkman è in cantina?”.  (E in più non guadagna praticamente nulla perché ha siglato degli accordi di merda).

“Tieni il resto lurido bastardo.”

Tornando a Beats… Tecnicamente parliamo di un servizio di streaming a pagamento (ça va sans dire) la cui offerta dovrebbe aggirarsi intorno ai 7 dollari al mese e che, almeno in questa fase e ad una prima analisi, parrebbe più vantaggiosa rispetto alle richieste dei competitors quali Spotify, Google Play Music e la già presente Beats Music (a voler essere precisi l’obiettivo di Apple sarebbe quello di rimanere sotto i 6 dollari). La novità, piuttosto, dovrebbe consistere, in via di estremissima sintesi, nella gestione dell’Id Apple (rectius nella sincronizzazione automatica di quanto già presente nel Cloud e nella libreria), con il chiaro intento di scuotere in modo definitivo l’ormai – per molti – desueto servizio base di iTunes, non più in linea, né con la domanda, né con le esigenze pratiche del consumatore.

Gli utenti di Beats Music già presenti nel sistema, infatti, vedranno il loro account integrarsi direttamente, in modo automatico e fluido, con l’ID Apple e con iTunes in modo da creare un sistema integrato unico nel suo genere, che sarà la somma di quanto già acquistato, scaricato e salvato sulla nuvola, con quanto streamizzato o streamizzante. Playlist ad hoc e social in primo piano per “condividere l’esperienza musicale con gli amici” (non mancheranno, infatti, “mood” e playlist create da esperti del settore, sebbene chi frequenta lo streaming musicale in modo assiduo ha ben presente che, in tema di playlist di default, non parliamo né di qualcosa di nuovo, né tantomeno di realmente appetibile).

Questo nuovo sistema sarà basato pesantemente sullo streaming cloud e sulle librerie musicali dell’utente. E, pertanto, localizzazione di tracce sul catalogo iTunes o Beats Music, nonché integrazione intelligente tra dispositivi, ricerche e playlist.

Il primo banco di prova ed il primo step di quello che dovrebbe essere il definitivo abbandono del mp3 si avrà col servizio streaming di iTunes e con la rinnovata app Musica di Apple, che sarà disponibile dal prossimo aggiornamento. Padrini d’eccezione Zane Lowe e Nine Inch Nails, Pitchfork, più tutti quelli (consumatori ed artisti) che via via troveranno più seducente e più remunerativo l’accordo con Beats, piuttosto che con Tidal, app che in termini di impatto mediatico ha esportato definitivamente il concetto di streaming musicale, rendendolo popolare ed individuabile anche da chi – dati alla mano – si ritrova a non aver a che fare con la musica molto spesso o si colloca dopo i 40.

In questo senso, per la prima volta probabilmente non si affronta il tema dello streaming in termini di royalties, di pirateria e, più in generale del punto di vista dell’artista, quanto piuttosto in termini di necessità di adeguamento di un sistema – quello musicale – che vive un declino ormai di natura patologica di consistenza tale da aver smosso, in primis, le stesse Major (spinte ovviamente dal fine ultimo del raggiungimento dell’oggetto sociale e del profitto). Le flessioni costanti nelle vendite, acuite dai boicottaggi allo streaming da parte di di artisti di alto richiamo e dal fallimento dell’opzione freemium, completano un quadro generale delicato e di non facile soluzione e che non si può ridurre alla sola questione, in ogni caso non irrilevante, del guadagno dell’artista. Se, infatti, da un lato Tidal si erge a Totem per la tribù degli artisti, Beats da questo punto di vista sembra quasi – ad oggi – non far notizia.

Altro personaggio che potrebbe far da sfondo al lancio del nuovo sistema, Taylor Swift, nota ai cultori della musica per il boicottaggio di Spotify e dello streaming e che, domani, potrebbe diventarne la regina, ma solo – probabilmente – perché garantita dal marchio Apple. Anche in questo caso, tutto calcolato: dopo la prima fase di boicottaggio ed accaparramento di proseliti, si arriva alla fase 2: fate un po’ come volete a me basta che me pagano.

*Mentre attendiamo “altra materia da romanzo” la Commissione UE ha già recapitato ad etichette e case discografiche una serie di questionari, relativi alle modalità di concessione di licenze, alle tariffe ed ai canoni per conoscere la natura degli accordi stipulati (o da stipulare) e per valutare la presenza di abusi di mercato (vedasi caso e-book) da parte di Apple. Attraverso i primi rumors di Bloomberg, infatti, si apprende che l’equivoco potrebbe concretizzarsi proprio nello stesso punto forte del servizio, ossia l’esclusiva. In parole povere, nel caso in cui l’utente non trovasse l’album dei suoi sogni in alcuno dei servizi già presenti, si vedrà costretto a siglare l’accordo (obbligatoriamente a pagamento) con Apple, o di scaricarlo ILLEGALMENTE.

E se la pubblica accusa inveisce: “Arraffoni e sciacalli!”, l’avvocato del diavolo conclude: “innovatori definitivi della nuova era dell’offerta musicale”.