People say the meanest things
Yeah I’ve been called a dick, I’ve been called so many things
I know I’ve done some shit that I admit deserves it, but that
That don’t mean it doesn’t sting.

Questi sono i primi versi di Love Me Better, che apre The Afterlove, il nuovo album di James Blunt, dove l’ex soldato lamenta il disprezzo ricevuto dopo il successo di You’re Beautiful, e conclude dicendo che essenzialmente se ne frega, perché ha qualcuno sdraiato nel suo letto di fianco a lui (People say the meanest things/Yeah, but truth be told, I don’t care what they think/I got someone who is lying in my bed right next to me/Yeah she….love, love, loves me). Siamo fondamentalmente contenti per James, ma la sua più grande hit rimane una martellata nei coglioni e questo nuovo singolo non è di certo meglio (anche se forse meno angosciante). Ma nel 2017 chi è che compra o anche solo ascolta un suo nuovo disco? Ho iniziato ad ascoltarlo e, canzone dopo canzone, non sono riuscito ad immaginarmi qualcuno che possa volontariamente spendere tempo o soldi per canzoni così insignificanti e noiose, credetemi non ne scrivo male per partito preso, ma perché non c’è niente che si salvi in un disco come questo, la musica e i testi sono veramente di una banalità assoluta.

La produzione ricorda quella pop mischiata terribilmente all’urban dei Maroon 5 e, unita al suo timbro di voce simile a quello di Adam Levine, contribuisce a rendere il mondo un posto peggiore, perché non ci meritiamo niente di tutto questo. Ci sono delle divagazioni acustiche (Make Me Better, Time Of Our Lives, Paradise) che anche con tutta la buona volontà del mondo non si possono considerare dei buoni prodotti, e il resto non è meglio perché é un insieme di suoni e testi sentiti già milioni di volte. Canzoni di plastica adatte a colonne sonore di film o cartoni animati per teenager. Il pop, se fatto bene, si lascia anche ascoltare volentieri, qui invece suona tutto talmente scialbo al punto che non è nemmeno semplice descriverlo e se a questo uniamo dei testi che sembrano scritti da Francesco Sole è seriamente complicato non liquidare questa recensione con “È tutto una merda“, ma per farvi capire ulteriormente passiamo ai testi.

L’album parla sostanzialmente di storie di vita, amore e poco altro, ma è il modo in cui vengono trattate queste tematiche a far gelare il sangue. “It’s a little after midnight / There’s a couple in the corner / And I wonder what he said because she’s crying / And I guess they won’t remember / When they wake up in the morning / When they’re heading from the whiskey and the wine / I know that I have said things I regret when I’m sober / Cause we always hurt the ones we love the most“, questo è solo una parte del primo verso di Bartender.
Consapevole di quanto molta gente trovi insopportabile le sue canzoni, pubblicamente ha anche imparato a scherzarci su. Questo però purtroppo non ci ha risparmiato la pubblicazione di un nuovo album e non si capisce cosa lo spinga a continuare a fare musica, visto che anche questo ultimo lavoro risulta totalmente privo di ispirazione.

Tracce consigliate: nessuna