Sally Rooney è una scrittrice irlandese del 1991 che in tre anni, con due libri, ha saputo conquistare una generazione intera (ma non solo) di lettori: la generazione dei millennials, si dice, visto che tanti lettori appartenenti almeno anagraficamente a questa categoria si sono sentiti rappresentati con minuziosa precisione dai romanzi di Rooney, i quali finora sono due: Conversation With Friends (2017) e Normal People (2018), editi entrambi in Italia da Einaudi con le traduzioni di Maurizia Balmelli, li trovate sugli scaffali delle librerie con i titoli ‘Parlarne tra amici e ‘Persone normali.

Ma oltre all’esplosione letteraria, sancita sia dalle vendite che da ottime risposte della critica soprattutto anglosassone, il fenomeno Sally Rooney si è esteso anche sul piccolo schermo. Normal People è diventato una serie tv prodotta da Element Pictures per BBC Three e Hulu, dal titolo omonimo e una prima stagione composta da 12 episodi che oscillano tra i 20 e i 35 minuti. In Italia la serie è arrivata il 16 luglio su STARZPLAY.

Com’è andata la serie?

La serie è andata bene, come il libro, se non di più, visto che uno dei punti di forza è stato proprio l’aderenza con il romanzo da cui è tratta, dettaglio che ha stupito in positivo il pubblico, ma anche la stessa Rooney: ha ribadito che anziché sul set, la macchina da presa sembrava si muovesse tra la sua testa. Sally Rooney non a caso, della serie, è anche sceneggiatrice; l’ha scritta insieme Alice Birch e Mark O’Rowe. Le prime sei puntate sono dirette da Lenny Abrahamson, mentre l’altra metà da Hettie Macdonald. Un team che è riuscito a dare forma alla Dublino raccontata, una nuova e sempre-affascinante Dublino, come già ve ne avevamo parlato; ma soprattutto, con gli attori Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal, ha dato forma ai protagonisti della storia, Marianne e Connell, e alla loro storia d’amore ricca di travagli, governata da un moderno e silenzioso odi et amo catulliano, fatto di attrazioni e separazioni devastanti, molto illogico ma realistico.

La serie ha avuto anche la funzione di sottolineare alcuni temi che magari nel libro potevano restare sopiti, ma che invece sullo schermo sono emersi con maggior vigore: su tutti, meritano una menzione il modo con cui è stata rappresentata l’intimità tra i due protagonisti, e il ritratto contemporaneo delle differenze sociali che intercorrono tra gli studenti di una stessa università come il Trinity, ma più in generale tra i ragazzi di una stessa località; differenze che non sono muri invalicabili e antidemocratici come nel passato, ma incidono comunque molto sulle vite dei personaggi, sui loro rapporti.

A proposito della colonna sonora

La trasposizione sullo schermo di un libro, comunque, vuol dire anche dare musica alla storia; una musica vera, una traccia audio che trascende dal ritmo della scrittura – ma che da esso è nutrita. Le musiche originali della serie tv Normal People sono firmate da Stephen Rennicks, compositore irlandese braccio destro proprio di Lenny Abrahamson: insieme hanno collaborato in film come Frank e Room.

Nella colonna sonora originale, Rennicks scrive un racconto nel racconto: le sue composizioni ripercorrono anche solo con i titoli gli snodi della trama di Normal People. C’è una delicatezza di fondo nella original score che è un ottimo correlativo di quelle corde che nel romanzo sono fondamentali ma si pizzicano appena, e dunque suonano silenziose: la rabbia, l’amore e la gelosia; l’insicurezza, la depressione e gli istinti masochisti, e l’infelicità che da tutto questo deriva: Stephen Rennicks fa suonare questo materiale emotivo.

In questo racconto musicale parallelo e integrante di Rennicks fanno incursione anche canzoni che conosciamo bene, e che insieme alle composizioni originali chiudono il cerchio di una soundtrack coincidente con lo spirito della storia, curata dalle music supervisors Maggie Phillips e Julliet Martin.

Tra i dodici episodi di Normal People ascoltiamo per esempio – oltre che vediamo – il senso di asfissia che si carica puntata dopo puntata attraverso il minimalismo ambient di Max Richter e di Jon Hopkins, attraverso la voce di RY X in Berlin, il piano di Goldmund e l’arpeggio di Nick Drake. Entriamo in contatto con le emozioni dei protagonisti attraverso dei “passaporta” speciali, che vanno dai cieli cupi di Angeles di Elliott Smith a Nikes di Frank Ocean; che vanno dallo smielato dream dei CHVRCHES a quello più quadrato di Caribou.

C’è tanto pop nel corso della serie, poi: freschissimo come nei casi di Selena Gomez e Carly Rae Jepsen, classicone quando a partire è invece 99 Luftballons di Nena o Only You dei Yazoo. Ma non solo classici della musica in generale: che dicevamo di Normal People? è diventato un prodotto portavoce di una generazione, quella dei millennials. E i creatori della serie devono averci pensato, quando dal nulla si sente Hide and Seek, la canzone di Imogen Heap che ci fa fare un frullo nella testa e via subito Connell e Marianne: davanti a noi si palesano Marissa Cooper con in mano la pistola fumante, e Ryan riempito di botte a terra, in uno di quei best music moment di The O.C. – e aggiungiamo anche trash tra gli aggettivi, con solidale simpatia.

Una citazione molto millennial; e molto millennial – millennial italiano per la precisione – è quella scena in cui su un sedile Trenitalia le inquadrature dei personaggi sono accompagnate da Love Will Tear Us Apart, ma non l’originale dei Joy Division, bensì una cover di Nerina Pallot. Suvvia, per una generazione cresciuta a pane e O.C., e che ha designato come pigiama prediletto la maglietta nera di Unknown Pleasures, due brani come Hide and Seek e Love Will Tear Us Apart non possono che saldare ancor di più l’abbraccio profondo con Sally Rooney.

Insomma, in Normal People c’è una colonna sonora ricchissima e articolata. Ma in ogni suo sviluppo, lo scopo è il medesimo: raccontare in sinergia, e al contempo parallelamente, la stessa storia. La storia che Sally Rooney narra nel romanzo, e che con il resto della produzione narra anche sullo schermo. Nelle composizioni di Stephen Rennicks e nei brani non originali inseriti tra gli episodi noi leggiamo lo stesso romanzo ma scritto in una lingua diversa, tradotto secondo i segni della musica. Le declinazioni della trama si sviluppano sulla traccia audio attraverso i generi e l’ampio orizzonte della selezione: ambient, brani solo piano, il synth-pop, la dance, il folk e il cantautorato (soprattutto irlandese), l’elettronica, l’hip-hop, il minimalismo: sono gli ingranaggi per far funzionare questo canale, in autonomia e nel contesto della serie.

La colonna sonora di Normal People non è solo un semplice decorativo della serie tv, è anche un racconto parallelo; è l’altra corsia della strada, quella che va nello stesso senso della parte visivo/narrativa ed è da essa separata solo dalla striscia tratteggiata: ogni trapasso è quindi consentito, ma c’è un segno di confine. Questo per dire che Normal People è una storia che può anche essere ascoltata, sa parlare al suo pubblico privilegiato anche attraverso la musica. Ed eccola qui nella sua totalità, la soundtrack ufficiale pubblicata dalla Element Pictures, che comprende sia la OST di Rennicks che i brani non originali.

Buon ascolto, buona visione, buona lettura. Quello che preferite, insomma.

P.S.: oltre all’album della original score e alla playlist della soundtrack che trovate linkati qui sopra, potete anche ascoltare la Normal People Official Playlist creata da Spotify, che comprende tutte le canzoni senza le composizioni di Rennicks. Pubblicate da Hulu, invece, sono due playlist intitolate Normal People: Connell’s Playlist e Normal People: Marianne’s Playlist, nelle quali ci sono brani scelti rispettivamente da Paul Mescal e Daisy Edgar-Jones, insieme ai supervisori Maggie Phillips e Julliet Martin, che hanno lo scopo di approfondire i due protagonisti.