Il 19 maggio 2019 la HBO chiudeva un capitolo quasi infinito della sua storia televisiva, trasmettendo l’ultimo episodio di Game Of Thrones. È impossibile quantificare la portata avuta dalla serie sulla cultura pop degli ultimi anni, ma già prima della fine il pubblico e gli addetti ai lavori si interrogavano sul prossimo fenomeno di grossa portata: cosa succederà dopo Game Of Thrones?

È successo che probabilmente di draghi, estranei, castelli e battaglie ne avevamo abbastanza, e che forse sentivamo tutti il bisogno di tornare alla realtà. È una delle chiavi di lettura per spiegare il successo clamoroso di Chernobyl, miniserie di 5 puntate di HBO in uscita in queste settimane su Sky (ma già trasmessa per intero all’estero), ideata e scritta da Craig Mazin (Scary Movie 3 e 4, Una Notte Da Leoni 2 e 3, alla fine l’abito non fa il monaco) e diretta da Johan Renck (Breaking Bad, The Walking Dead, Vikings).

La rappresentazione anglo-americana dell’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl del 1986 riesce a toccare tutti i tasti giusti per risultare avvincente pur rimanendo spesso confinata in dibattiti politici e discorsi da fisici. Che lo spettatore sia a conoscenza più o meno approfonditamente del disastro in questione, non importa. La prima puntata inizia praticamente con uno spoiler sul finale del nostro protagonista Valery Legasov (un meraviglioso Jared Harris), sappiamo che c’è un’esplosione, che il pericolo radiazioni è letale. Non siamo qui per stupirci, ma per assistere in prima persona a tutti gli step necessari per salvare il salvabile da una situazione che sembrava (e per certi versi è stata) praticamente irreparabile.

Che siate sul divano per assistere alla disfatta dei responsabili del disastro, ai dibattiti politici tra anziani sovietici con gli occhiali in sale spoglie, per il gore che gli effetti delle radiazioni fanno esplodere in alcune scene o semplicemente perché volete saperne di più su un avvenimento che ha fatto la storia del nostro recente passato, Chernobyl è la scelta giusta. La romanzizzazione della serie rimane comunque ai minimi storici: la figura della scienziata Ulana Khomyuk (interpretata da Emily Watson) non è mai esistita, ed è stata creata in rappresentanza di tutti gli scienziati che hanno lavorato per limitare i danni a Chernobyl nel 1986, mentre alcuni aspetti della vicenda (no spoiler) sono stati dipinti leggermente più gravi rispetto alla realtà dei fatti. Da buona produzione americana, ovviamente Chernobyl ha fatto incazzare la Russia, che pare sia al lavoro per realizzare la propria versione del disastro al reattore 4. In compenso pare che il turismo alla centrale e alla vicina città di Pripyat sia aumentato, soprattutto tra gli influencer idioti, dopo la pubblicazione della miniserie.

Uno dei grandi meriti di Chernobyl è probabilmente l’avere unito un argomento da sempre scottante e ben radicato nel nostro immaginario (quanti film horror basati su disastri nucleari sono usciti dopo il 1986? E videogiochi?) ad una messa in scena elegante, riuscita ma allo stesso tempo ansiogena e incredibilmente imparziale. In Chernobyl esistono buoni e cattivi, nonostante tutti i personaggi si trovino ad un certo punto in una vastissima area grigia che li colloca esattamente nel mezzo. Non è un santo Legasov, ma il suo contributo ha avuto un valore incommensurabile, così come quello del vice primo ministro Boris Shcherbina (interpetato da Stellan Skarsgård), che parte in modo estremamente negativo prima di avere una crescita graduale e convincente. I personaggi che devono essere cattivi invece sono estremamente neri, altro che aree grigie in cui trovare compromessi.

Chernobyl ha messo d’accordo praticamente tutti (si tratta del prodotto HBO con le migliori recensioni di sempre, 96% su Rotten Tomatoes e 83/100 su Metacritic) e l’immersione nell’Unione Sovietica del tempo e nei personaggi è totale. Guardandola oggi, per qualcuno come me che di questo disastro nucleare sapeva solo i passaggi fondamentali, si può solamente rimanere folgorati da quello che HBO e Sky UK sono riusciti a tirare fuori. Chernobyl racconta una storia ben conosciuta, ma sono i dettagli che vi terranno incollati allo schermo, le piccole decisioni, i dialoghi in una Pripyat grigia e deserta, le notti negli ospedali di Mosca, le tute anti-radiazioni, l’acqua, il buio, o quei maledetti 90 secondi sul tetto, armati solo di una vanga.