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C’è stato un tempo in cui gli Arctic Monkeys erano fatti solo di acne e polo.Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not vendeva 364 mila copie in una settimana e la band trionfava agli NME Awards, dove perfino le Sugarbabes tentarono una cover di I Bet You Look Good On The Dancefloor. Alex Turner le ringraziò sul palco, prima che l’allora bassista Andy Nicholson, birra in mano, se ne uscisse con uno sprezzante “Wrong key, though”.

Partiamo da qui, dal 2006, per raccontare la storia di Andy. Perché lasciare una band che ha appena venduto un milione di copie in otto giorni, battendo pure gli Oasis? Ma, soprattutto: che cosa si può fare dopo?

Lisbona, Portogallo, maggio 2006: gli Arctic Monkeys sono in tour in Europa a presentare Whatever People Say… Sarà questa l’ultima data con Nicholson al basso. Le spiegazioni ufficiali parlano di “esaurimento dato dai ritmi frenetici del tour” e di “panico da palcoscenico” . In un’intervista con Zane Lowe, in occasione dell’Oxegen Festival di quell’estate, lo stesso Alex Turner attribuirà al tour la colpa dello strappo tra Andy e la band.

“Gli ho mandato proprio ieri un messaggio, augurandogli il meglio. Eravamo a Lisbona, verso la fine del tour in Europa, quando Andy ci ha detto di non voler venire in America. E andava bene, lo avevamo accettato, poi non so […]. Insomma, sono successe un sacco di cose, non sono state tre settimane normali, sono state tre settimane in cui dovevi starci con la testa, sempre. É difficile da spiegare, penso che nessuno, eccetto noi tre e Andy, possa davvero capire”.

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Cosa sappiamo, oggi, di Andy Nicholson? Sappiamo che, come il resto della band (ora di base a Los Angeles), in questi anni è molto cambiato: più chili, più tatuaggi e decisamente più bandane al posto delle polo Fred Perry. Ma sappiamo anche che non ha mai davvero abbandonato nè la musica nè il basso.

“Non ho mai pensato che sarei finito ricoperto di tatuaggi, ma si sono come moltiplicati. Non c’è una vera e propria psicologia dietro questi simboli, anche se a volte provo a spiegarmeli”.

Uccelli, attrezzature navali, la scritta “Steel City” sono solo alcuni esempi.

Ogni tanto Andy si diverte a fare il dj, suona ancora per gli amici Reverend And The Makers (pure loro originari di Sheffield), ma soprattutto si dedica alla carriera di produttore/musicista hip-hop. Nel 2015 ha creato insieme al produttore Jamie Shield – con cui aveva già collaborato nei Clubs & Spades – una propria etichetta, la Card Gang Music, praticamente una sorta di collettivo di musicisti di base a Sheffield. Già nel 2014, Nicholson e Shield hanno dato vita agli Sticky Blood, duo hip hop/elettronico che vanta già collaborazioni con artisti provenienti da background musicali diversi- da MC Drs (drum&bass) a Coco (grime).

 “L’hip hop l’ho sempre ascoltato, così come il reggae e l’elettronica. Dagli Outkast a Dre fino a Ludacris, li ascoltavo tutti ancor prima di imparare a suonare. Io e Helders andavamo da Alex (Turner) il sabato sera e provavamo a fare hip hop, ma il risultato era quasi sempre uno schifo”.

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Sticky Blood

“Io e Jamie (Shield) abbiamo iniziato a lavorare insieme con i Clubs & Spades, quando Matic Mouth e Shinobi ci hanno fatti conoscere. Da allora abbiamo sempre cercato di fare buona musica hip hop made in UK, è un genere che amiamo molto entrambi”.

L’ EP degli Sticky Blood, I.D., uscito ad agosto 2015, è stata la prima release ufficiale della Card Gang.

Creare una nostra etichetta ci è sembrata la scelta migliore. Secondo noi la Card Gang nasce per incorporare il nostro talento e le nostre capacità, sia quando lavoriamo da soli che insieme come Sticky Blood. Siamo certi che ci creeremo altre “identità” a seconda della musica che faremo, quindi avere la Card Gang come ombrello sotto cui staranno i diversi progetti ci è sembrata davvero un’ottima scelta”.

Oltre alla musica, però, in questi anni Andy ha pure messo su famiglia.

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Poteva mancare la foto ricordo? Da notare il grande assente Nick O’Malley: che ci siano vecchi rancori?

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Ma non è finita qui. Infatti, l’attività di produttore/musicista non è stato l’unico svago del periodo post-Arctic Monkeys: per sei anni Nicholson ha pure gestito un pub, The Bowery, nella sua Sheffield. All’inaugurazione, nel 2008, Nicholson e Helders – suo socio in affari – annunciavano:

“Diventerà un punto d’incontro per chi vuole allontanarsi dai bar fighetti del centro”

Infine, last but not least, la passione per la fotografia.

“Ormai non esco più senza la mia Fuji x100. Mi approccio alla fotografia come faccio con la musica. E’ vero che oggi la maggior parte delle cose vengono fatte con il computer per farle venire meglio, ma io credo che la perfezione stia proprio nell’imperfezione. In fondo è per questo che la gente ama così tanto i demo, no?”.

I viaggi, Sheffield, lo studio di registrazione, la campagna: la fotografia di Andy è fatta soprattutto di esperienze personali e quotidiane. Qui sotto vi mostriamo due dei suoi scatti.

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Jamie “Manakin” Shield – treno per Bristol via Cheltenham

 

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“David Attenborough” di Rocket01, Charles Street, Sheffield

 

L’obiettivo di Andy, oggi ventottenne?

“Lavorare con i migliori artisti del mondo, continuare a migliorare, viaggiare e conoscere cose nuove, crescere, imparare a suonare meglio altri strumenti”.