In un 2018 in cui raramente si è sentito urlare al capolavoro, il post-punk è stato certamente tra i generi che hanno dato più frutti, tra i quali figurano sicuramente uscite di grande qualità: da un lato degli esordi che hanno fatto parlare di sé, dall’altro il ritorno di quasi tutte le band più interessanti che il genere abbia sfornato nell’ultimo decennio, tutte accomunate dalla scelta di esplorare nuovi suoni e nuove direzioni. In questo articolo faremo un breve riassunto di queste direzioni intraprese durante l’anno, in ordine cronologico.

Shame – Songs of Praise

Gli Shame hanno aperto il 2018 col botto. Songs of Praise esce il 12 gennaio per Dead Oceans ed è successo istantaneo nel Regno Unito, con una risonanza notevole anche nel resto d’Europa ed oltreoceano. Il debutto del quintetto di ventenni di Brixton – di cui avevamo anche parlato in questo articolo –  non è senza pecche, ma fa dell’acerbità un punto di forza: quello degli Shame è un post-punk che trova le sue influenze anche nel Britpop, ma crudo e rumoroso dal vivo.

Ought – Room Inside the World

Gli Ought sono tra le band più talentuose della ‘scena’ post-punk degli ultimi anni, con un secondo album alle spalle (Sun Coming Down) praticamente impeccabile. Quello degli Ought è da sempre un post-punk meno rumoroso e più elegante, curato nei dettagli e raffinato nell’esecuzione. Room Inside the World, uscito il 16 febbraio per Merge, è un cambio di direzione verso un art-rock meno distorto e in parte più vicino al cantautorato solista di Tim Darcy, che mantiene però intatto lo stile caratteristico della band canadese.

Preoccupations – New Material

Anch’essi al terzo lavoro, i canadesi Preoccupations (ex Viet Cong) si portano alle spalle un esordio eccezionale (Viet Cong) che ha creato aspettative altissime, poi parzialmente deluse dal secondo album (Preoccupations). New Material aggiusta il tiro rendendosi più accessibile all’ascolto e più orientato verso una new wave dal tiro postmoderno. L’album è uscito il 23 marzo per Jagjaguwar, e dopo un’accoglienza abbastanza calorosa sembra essersi intiepidito col tempo. Sicuramente un album che merita un riascolto, soprattutto se c’è l’occasione di ascoltarlo dal vivo.

Iceage – Beyondless

Il quarto album degli Iceage esce il 4 maggio per Matador: la direzione presa dal quartetto danese è quella di un post-punk che abbraccia i suoi angoli più goth, risultando in un art punk che sfiora, in alcuni momenti, addirittura il glam. Beyondless è un album eccezionale e pieno di sorprese, tra le quali spicca un brano con Sky Ferreira.

Parquet Courts – Wide Awake!

Il sesto dei Parquet Courts è un altro lavoro strepitoso: Wide Awake! tiene i ritmi costantemente accelerati, euforici, imprevedibili. Uscito il 18 maggio per Rough Trade, l’album è un mix esilarante di punk, funk, pop e cori da stadio (non a caso uno dei brani si intitola Total Football), in quella che sembra una risposta goliardica al terrore contemporaneo.

Flasher – Constant Image

I Flasher sono la band di Taylor Mulitz (ex bassista dei Priests) il cui debutto, uscito l’8 giugno per Domino, affonda le radici nella scena punk di Washington DC ma esplora anche territori psych e shoegaze, evocando in alcuni momenti il rock cangiante dei Deerhunter. Constant Image è un album aspro e radicale, in cui le voci dei componenti si intrecciano continuamente nel raccontare storie di nichilismo urbano.

Protomartyr – Consolation

I Protomartyr hanno alle spalle un disco eccezionale: Relatives in Descent è stato, sia musicalmente che tematicamente, uno degli album migliori del 2017, in cui potenza e poesia si univano a raccontare una contemporaneità alienante. L’ep Consolation, uscito per Domino il 15 giugno, è una gemma post-punk che rimane coerente con il sound della band di Detroit pur spingendo su influenze grunge, come dimostra la collaborazione con Kelley Deal dei Breeders.

Mothers – Render Another Ugly Method

Il genere dei Mothers, band nata dalla mente di Kristine Leschper, è difficilmente identificabile come post-punk: When You Walk a Long Distance era un album cantautoriale etichettabile come indie rock ma, mentre sul primo lavoro c’erano forti influenze math rock, in Render Another Ugly Method – uscito il 7 settembre per ANTI- – c’è una spinta post-punk innegabile già riconoscibile nel bellissimo singolo PINK. Una svolta inaspettata e una piacevole sorpresa dal sentire una voce femminile in un genere tradizionalmente molto maschile.

IDLES – Joy as an Act of Resistance

Indubbiamente, però, l’album (post-)punk dell’anno l’hanno fatto gli IDLES. Quella degli IDLES è una piccola rivoluzione partita dal basso, dalla working class britannica che parla il linguaggio di tutti e che trasforma la rabbia punk in un’occasione per celebrare la vita, l’altro, la resistenza positiva. Nella voce di Joe Talbot e nelle chitarre della band di Bristol c’è un tipo di aggressività che suona come una chiamata alle armi, quella di chi risponde all’odio, al razzismo, al sessismo, alla violenza con un’euforia trascinante e con un impegno sociale che non rimane solo racchiuso all’interno delle canzoni. Joy as an Act of Resistance è la voce più vera e più limpida contro i mostri dell’epoca della Brexit.

Bonus: Preoccupations/Protomartyr – Telemetry at Howe Bridge

Una piccola chicca degna di nota è lo split tra Preoccupations e Protomartyr uscito il 16 novembre per Domino. Le band, con un tour comune in vista, hanno deciso di coverizzarsi a vicenda, pubblicando Telemetry at Howe Bridge in edizione limitata. I Protomartyr rivisitano Forbidden (dall’album Preoccupations) mentre i Preoccupations reinterpretano Pontiac 87 (da The Agent Intellect).