Parliamoci chiaro: Ingeborg Holm è un film pesante.

Uno di quei film da addetti ai lavori, da cineforum engagé o, al massimo, da studenti del DAMS particolarmente presi bene. Il film è svedese, del primo ‘900, muto, in b/w e melodrammatico quanto basta: gli elementi per far felice anche il critico cinematografico più radical chic, insomma, ci sono tutti.

Però. Però questa sera nella Sala 1 del Cinema Massimo di Torino, per l’inaugurazione del festival Seeyousound, non c’è solo il film di Sjöström: ci sono anche Jacopo Incani (IOSONOUNCANE), Enrico Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey) e Corrado Nuccini (Giardini di Mirò). Ci sono i synth, i fiati e le chitarre. C’è da amalgamare live immagini e suoni, 1913 e 2018, MacBook e cinema realista. Ormai sono passate le nove, la sala è piena: i tre musicisti prendono posto in silenzio sotto lo schermo, le luci si spengono, il calvario di Ingeborg Holm ha inizio.

Tradotto in Italia come Il Calvario di una Madre, il film racconta in quattro atti la personale discesa agli inferi di Ingeborg Holm, madre e negoziante felice a cui viene strappato tutto: il marito, la casa, i figli, l’equilibrio. Un viaggio verso la schizofrenia reso ancor più alienante dal tappeto sonoro di synth acidi e pulsazioni martellanti di IOSONOUNCANE, che si dimena ricurvo sulla postazione come fosse un tutt’uno con le sue macchine. Le incursioni macabre del sassofono di Gabrielli e la chitarra angosciosa di Nuccini fanno il resto: lo straniamento è totale.

Siamo in una sala cinematografica ma potremmo essere in un club, e mentre le immagini scorrono la musica le segue e le ricalca senza soluzione di continuità. Novantasei minuti dopo si riaccendono le luci: Incani si allontana veloce dalla sala senza nemmeno prendersi gli applausi di un pubblico che è ancora frastornato, e non perché ha fatto serata, non perché ha assistito a un film muto svedese del 1913, ma perché è stata un’esperienza sorprendentemente pop e contemporanea.

Tutte le foto sono di SIMPOL-lab

Ph.