Sono oramai 17 gli anni che ci separano dalla creazione di uno dischi del rap italiano che più ha rappresentato l’adolescenza di tanti ragazzi della Penisola. Un disco che solo qualche giorno è diventato disco d’oro, un traguardo inaspettato per un disco italiano uscito così tanto tempo fa.

Tutt’oggi, ascoltando Turbe Giovanili, mi vengono in mente i giri in macchina notturni con i miei amici, quando ancora ci trovavamo tutti in provincia a cercare di far passare i lenti fine settimana di scuola nelle piazzette buie o nei bar dove non c’era nessuno, bastava si potesse fumare senza che nessuno ci dicesse niente insomma.

Il primo Fabri Fibra era infatti la perfetta rappresentazione di ognuno di noi: ragazzi che poco avevano da fare in una città che nulla aveva da offrire. Fibra, ancora legato ai suoi Uomini di Mare, canta la sua poesia più giovanile, non ancora adirata con il mondo come poi si è mostrato, ma invece lucida e schiva.

Dentro casa si realizza
Fuori di casa molta gente mentalmente a me mi anestetizza
Anche se poi bisogna uscire, buono
Mai una volta che ti comporti da uomo
Io mi conosco, sì, ma non so
Io non so come mi comporterei al tuo posto

Il suo calmo racconto sembra scritto su due piedi in una notte fatta per rimanere a casa, a tratti riservato e sincero, in altri momenti ironico, Fibra guarda indietro ai propri problemi nel relazionarsi con persone e società, presentadosi per la prima volta da solo, nel modo più schietto ed emotivo.

Luna piena, dico, ma che sistema
Ora questa mia sera, ma chi me la sistema?
Non vedi che penso soltanto a te
Magiche esperienze, io penso soltanto a te

Perché il motivo per il quale tale lavoro merita il disco d’oro non è solo per la propria rappresentazione di quel certo astio di un ragazzo per il noioso mondo che lo circonda: sono i contenuti sentimentalmente carichi scaturiti da ciò a rendere questo lavoro vicino a molti. Rispecchiarsi ad anni di distanza in sentimentalismi adolescenziali è ciò che ha reso questo disco una pietra miliare per tanti, innescata dal riflesso di quell’apatia comune, quando al tempo si era parte di quel branco che sembrava vivere nel malcontento, ora visto quasi con una certa malinconia di quei giorni.

Vorrei il tuo tempo per riempirlo con te al centro
Altro non vorrei che averti nel mio tempo
Senza di te: il vento, il decadimento
Ché sei unico mio punto di riferimento

La storia di quei lunghi viaggi in macchina si ripete nei matra recitati da Fibra sopra una produzione nel pieno lo-fi che a malapena ha visto la fase di missaggio. Questa, tra le ultime imprese di Neffa come produttore di suoni della vecchia scuola, ha portato entrambi verso una delle espressioni più riservate del rap italiano.

Troviamoci quindi oggi a contemplare quei giorni e con una certa malinconia festeggiamo il traguardo di un disco che ha pur sempre brillato di una luce sincera, anche senza certificazioni.

Sto con chi non m’annoia, passi il tempo con chi?
Passo il tempo con chi mi ha accompagnato fin qui