È tanto ardua l’impresa di sfuggire allo stigma sociale gettato sulla pratica dell’andare ad un evento privi di compagnia, che, sovente, i meno temerari si lasciano scoraggiare dal rischio di essere pubblicamente additati come tipi asociali o sospetti, rinunciando ad un evento che attendevano da anni. Il recarsi ad un concerto da soli non è risparmiato da questo triste assioma. Nonostante, paradossalmente, l’evento risulti spesso infinitamente più piacevole e memorabile se non vissuto in compagnia, un po’ chiunque, almeno una volta nella vita, avrà osservato con compassione una persona sola ad un concerto pensando tra sé e sé “poveretto”.

Scorrendo nella mente tutti i concerti a cui sia andato, realizzo che i ricordi migliori siano relativi a quelli in cui non avevo alcuna compagnia al seguito e, facendo il ragionamento inverso, i peggiori si possano in buona parte ricondurre a delle dinamiche innescate dal trovarsi in un locale assieme ad amici e conoscenti. Può sembrare immediato e banale, ma in realtà assistere ad un concerto comporta dover prendere moltissime decisioni che vanno inesorabilmente ad influire sull’esperienza complessiva e, come in ogni ambito, se queste decisioni devono essere prese in gruppo, il tutto diventa sistematicamente più complicato.

Analizziamo di seguito alcuni di questi aspetti, partendo da quelli pragmatici per poi concludere con quelli emotivi.

Il biglietto

Per prima cosa è necessario procurarsi un biglietto. Facilissimo, giusto? Lo è, in realtà, se non si pensa ad altri se non a se stessi: basta attendere il giorno di apertura vendite, collegarsi al sito del caso, pagare et voilà, biglietto preso!

Quando si è in gruppo partono invece i gruppi Whatsapp/Messenger e le conseguenti risposte “Aspetto ancora un po’ che non sono sicuro di esserci”, “Merda, 38 euro? C’è la consumazione inclusa?”, “Lo prende qualcuno per me che non ho soldi sulla Postepay?”, “Che fretta c’è, tanto non andrà mai sold out”. Peccato che tra un messaggio e l’altro il tempo scorra e quando finalmente tutto il gruppo si sarà deciso ad acquistarli, i biglietti saranno esauriti.

L’orario d’arrivo

Essere soli significa poter scegliere quando recarsi al luogo dove si terrà il concerto; vuol quindi dire poter tranquillamente giungere pochi minuti prima del main act, snobbando bellamente l’opening act qualora non lo si apprezzi particolarmente, oppure arrivare con larghissimo anticipo se lo si ritiene più appropriato.

Se si è in gruppo, tutto ciò diventa più complesso, perché ci sarà sempre l’amico che finisce di lavorare tardi, quello che vuole arrivare mezz’ora prima dell’apertura dei cancelli per stare vicino al palco e quello che invece non sa nemmeno chi suona, si aggrega solo perché vanno tutti gli altri e sarebbe quindi felicissimo di giungere in concomitanza con l’inizio del concerto.

La posizione

La posizione è la terza variabile da gettare nell’equazione del concerto perfetto. Un singolo individuo passa virtualmente inosservato all’interno di un locale pieno e conseguentemente è libero di spostarsi prima e durante il concerto senza infastidire le persone che lo circondano. Questo è in realtà un vantaggio enorme, poiché fornisce un sensibile margine nella decisione in merito a quando arrivare: anche se si scegliesse o si fosse costretti ad arrivare all’ultimo, basterebbe qualche educato “permesso” per farsi strada tra la folla fino al raggiungimento della posizione ideale; d’altronde vedendo una persona da sola, chiunque penserà che stiate cercando di raggiungere i vostri amici. Poveri stolti, se solo sapessero!

Se si è in compagnia, tutto diventa fastidiosamente complicato, soprattutto perché la posizione tenderà ad essere fissa per evitare che l’amico che va a prendere una birra e l’amica incontinente che va in bagno non ritrovino mai più il resto del gruppo. Si finisce quindi per scegliere una postazione che vada all’incirca bene a tutti, ma che in realtà non soddisfa praticamente nessuno. L’amica di 1 metro e 50 si lamenterà in continuazione perché non riesce a vedere il palco, l’amico che ha a fianco sia il soggetto “Canta tu” che il ballerino con problemi di sudorazione vi pregherà di fare cambio di posto e voi stessi bestemmierete internamente perché non siete in linea con la cassa e avreste preferito un luogo acusticamente migliore.

La scelta dei palchi al festival

Consideriamo ora l’ultimo elemento pragmatico che viene chiamato in causa quando l’evento non è un semplice concerto bensì un festival. Scegliere chi andare a sentire può essere particolarmente doloroso quando due o più grandi artisti si ritrovano a suonare in contemporanea; la scelta però, nel caso in cui ci si trovi da soli, diventa personale, un trade-off per cui non si potrà incolpare nessun altro se non l’organizzazione.

Quando ci si trova a discutere con amici sulla scaletta da seguire può diventare tutto esponenzialmente più pericoloso, soprattutto se si hanno al seguito persone con il telefono scarico o non proprio in grado di stare al mondo senza supervisione. Ecco che la transizione da un palco all’altro che avevi calcolato al secondo per riuscire a beccare sia la fine di una band che l’inizio di un’altra diventa un viaggio verso la Terra Promessa, tra alcuni compagni di avventura che si fermano a prendere un panino alla salamella e altri che si mettono in una coda infinita per pisciare.

L’ansia e il senso di colpa

Terminati gli aspetti pragmatici, soffermiamoci ora su quelli emotivi. Quando si è da soli, si è liberi di vivere l’esperienza musicale nella sua totalità, perdendosi in un tunnel di luci, voci e strumenti che riempie gli occhi, le orecchie e il cuore. Non si pensa ad altro, non si sente neanche il bisogno di prendere una birra o di andare in bagno dopo le 6 pinte bevute in attesa dell’inizio del live. Se lo spettacolo vi avrà soddisfatto, sarete il ritratto della felicità e porterete per sempre con voi il ricordo di una serata bellissima, seppur non condivisa con altri. Qualora il concerto non sia all’altezza delle vostre aspettative, ci rimarrete male, magari rimarrete delusi dal vostro beniamino, vi seccherà aver speso i soldi del biglietto, ma il tutto si concluderà dopo qualche ora.

Nel caso in cui andiate in compagnia, a meno che le persone con cui siete apprezzino l’artista almeno tanto quanto voi, sarete vittima di uno strano fenomeno che vi accompagnerà per l’intera serata: l’ansia. Mentre il vostro idolo starà suonando la vostra canzone preferita correrete il rischio di lasciarvi distrarre da una vocina interiore che vi sussurra “magari a Tizio il concerto sta facendo schifo”, “magari Caio è venuto solo per farti un piacere”, “magari Sempronio pensava di passare la serata a limonare con te, ma tu sei troppo impegnato ad ascoltare il concerto”. Come se non bastasse, il tutto diverrà ancor più grigio al termine dell’evento. Basta un’espressione non convinta sul volto dei vostri amici per farvi sentire in colpa di averli trascinati al concerto, di avergli fatto spendere dei soldi e temerete che mai più si fideranno di voi quando andrete a proporre qualche evento a vostra detta imperdibile.

Tirando le somme, si può sostenere con una certa oggettività che andare ad un concerto da soli non sia un dramma, bensì una benedizione. Sarete liberi. Liberi di prendere ogni più piccolo accorgimento per permettere a voi stessi di vivere a pieno l’esperienza, senza dover rendere conto a nessuno. Certo, mancherà la componente sociale che tanto è preziosa per far trascorrere i tempi morti prima dell’inizio dello spettacolo, ma potete forse sostenere che una mezz’ora di chiacchiere valga più di un’ora di musica come la sognate voi?