Dublino e parole. La capitale irlandese ha sempre goduto di una posizione privilegiata per raccontare il cambiamento – e se stessa. Il cambiamento, soprattutto, dell’uomo occidentale e delle crisi esistenziali alle quali è esposto quando è stretto tra le morse di mutamenti epocali.

Si prenda la Dublino di Joyce, che è stata un palcoscenico perfetto per rappresentare, utilizzando come mezzo proprio le parole, il negativo della cultura europea del primo Novecento.

Ed oggi? Cosa ne è di Dublino e delle parole? Sembra proprio che queste due entità si siano rimesse a braccetto con prepotenza.

A dimostrarcelo ci sono, protagonisti assoluti, una scrittrice e una band: Sally Rooney e i Fontaines D.C.. (Nuova) gente di (una nuova) Dublino.

Parole di un romanzo, parole in musica. Lo sfondo è sempre Dublino e il risultato è sempre il medesimo: riuscire ad assestare la descrizione di un momento. Il momento che stiamo vivendo, gli anni presenti, i valori che cambiano, le tecnologie che avanzano, gli usi e i costumi che mutano di aspetto e d’importanza rispetto al passato. Trovare insomma le espressioni giuste – le più vere – per raccontare questo passaggio.

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Una prima connessione tra la band e Sally Rooney si può rintracciare in un interesse comune: l’attenzione per la poesia come strumento di verità.

Il debut album dei Fontaines D.C. si intitola Dogrel, termine che indica una composizione popolare della poesia anglosassone. Una poetica comica, istrionica, bambinesca, a tratti scurrile, ma maledettamente vera e diretta. Una filastrocca.

Non sono scurrili i versi dei Fontaines D.C. (la scurrilità passa dalla lingua alla crudezza delle chitarre), ma sì, sono maledettamente veri e diretti. Una verità e una urgenza che sono le stesse ragioni di vita dei personaggi (le persone normali) di Sally Rooney.

Ascoltando la voce di Grian Chatten, leader e paroliere della band, è come se si ascoltassero in chiave post-punk le performance poetiche di Frances e Bobbi, le due protagoniste proprio di Conversation with Friends (Parlarne tra amici nell’edizione italiana, pubblicata da Einaudi), primo acclamato romanzo della scrittrice.

Sia Chatten (nelle sue canzoni) che Rooney (nei suoi romanzi) mostrano la necessità di spoken word, di porre la propria generazione in rialzo e metterla nella condizione di parlare – finalmente, parlare. Con ragionevolezza e irruenza. E il loro palco, è la nuova Dublino.

Dublin in the rain is mine”: inizia così Dogrel. La neve di Joyce che conclude The Dead si è sciolta. La nuova città che è nelle mani di Chatten è ancora velata, ma di pioggia (“Saw the ice face fail / For the first time in years / And the water levels rise”). I morti non sono più morti, sono solo addormentati – “All mescalined when the past is stale, pale”. L’immagine di questo passato ‘fermo’ e ‘pallido’ è la working class sulla quale i Fontaines D.C. riaccendono i riflettori.

Dicevamo, nella recensione al disco, che “Dogrel dà voce alle contraddizioni di una generazione cinica ma incapace di negare le proprie radici, con un piede nel presente e uno nel passato”. Ecco, il piede nel passato è tutto qui, nella capacità di vedere ed empatizzare ancora con una Dublino dalla quale sì ci si vuole allontanare, ma mai distaccare del tutto – non si può fare a meno di quella “pregnant city with a catholic mind”.

Penso ai genitori di Frances in Conversation with Friends, soprattutto al padre, figura derelitta e fantasmatica, sembra cucito tra questi versi di Television Screens: “How dare you go about living / As a relic from a dream / As the sky shutters down / On the antiquated scene / On the room full of mirrors”. Un uomo dalla vita ormai smarrita, che ha ancora un ruolo pratico per la figlia solo quando le ricarica il conto in banca. Lei non vorrebbe vederlo crollare così, vorrebbe salvarlo, vorrebbe parlarci, ma non ci riesce: il più grande fallimento di Frances, nel libro, è forse proprio questo, non riuscire a parlare col padre. Su di lui, come la neve che scende lenta al termine dell’ultimo racconto di The Dubliners, “Death is falling down on your work routine / And it’s falling even harder on your churches and your queens”.

I connotati sentimentali di questa nuova Dublino, la Dublino dei Fontaines D.C. e di Sally Rooney, dunque, sono ben chiari: si sta affacciando dal sud dell’Irlanda una città come mai sensuale e piovosa, profondamente umana. Una città con l’orologio fisso alle “sei in punto”, l’ora in cui Dublino indossa “its final dress / And now a gusty shower wraps the grimy scraps / Of withered leaves all about your feet”.

Attraverso la Dublino di Sally Rooney e dei Fontaines D.C. si stanno descrivendo le luci cupe della città, ma anche la luce invece brillante di una generazione intera che vuole prendersi in mano il presente, ma senza abbandonare chi c’è stato e chi verrà. Emendare, insomma, la perdizione di un passato ricevuta in eredità, e ricavare da essa l’antidoto giusto per evitare simili cadute in futuro.

Si può dire allora che da questa nuova Dublino sta partendo un monito fondamentale, un battito d’ali che magari potrebbe diventare, in grande, tempesta, e che può essere riassunto così: “None can pull the passion loose from youth’s ungrateful hands”.

Is it too real for ya?