Dall’11 giugno del 1984 fino al 1987, il Diamond Dogs club di Napoli è stato il nucleo di una delle stagioni culturali più stimolanti e innovative della recente storia partenopea, italiana e non solo.
Il club sorgeva in quell’intreccio di cunicoli che ancora attraversa la città, si accedeva da via Cavone, Rione Sanità, e prima che le grotte diventassero un locale, furono utilizzate come rifugio nel corso del secondo conflitto mondiale.
Il locale si ispirava ad una serie di luoghi, persone, culture e stili immediatamente riconoscibili: il Risiko di Berlino, Londra, il Castello di Windsor, il Manna, il Machine, i Dissidenten, i Clash ed infine l’immenso David Bowie che suggestionò i fondatori anche nella scelta del nome.
Il Diamond Dogs club, però, non è stato solo una fusione di tendenze culturali provenienti dall’estero e pretta manifestazione di un disagio frutto dell’emarginazione sociale.
Gli avvenimenti politici e sociali, che caratterizzarono Napoli in quegli anni, segnarono la parabola del club partenopeo, provocando una rivoluzione sociale guidata da una generazione che, anche se solo per qualche anno, rese Napoli, ancora una volta, la capitale internazionale della cultura e della sperimentazione.
Nonostante il Muro fosse ancora in piedi, il movimento controculturale della Napoli del Diamond Dogs club portò in auge, anticipando di anni, il rifiuto e la contestazione alla cosiddetta società liquida, ribellandosi alla classe dirigente e alla crisi economica che imperversava.
Nel 1980 la Campania fu travolta dal terremoto dell’Irpinia, e sebbene distante dall’epicentro anche Napoli fu piegata in due.
Negli stessi anni, nel capoluogo campano, si scatenò la Faida tra la Nuova Camorra Organizzata e la Nuova Famiglia, conflitto armato tra organizzazioni camorristiche che per anni, quotidianamente, ha fatto morti e feriti.
A questo aggiungete l’elevato tasso di disoccupazione giovanile, le speculazioni edilizie post sisma e una classe dirigente inefficiente e/o corrotta.
La struttura morale e materiale della Napoli degli anni 80 era lacerata dalle crepe, serviva un’alternativa. Salvo, Stefania, Salvatore ed Enzo la trovarono nelle viscere della città, riscoprendo, trasformando e inaugurando il Diamond Dogs club.
Si accedeva dal portone arrugginito di via Cavone, ma prima di raggiungere il club bisogna tuffarsi nel ventre della terra attraverso delle ripide scale che riemergevano nel bel mezzo della collina.
La cabina di un camion Mercedes segnava la fine del percorso e l’abitacolo veniva utilizzato come cabina di regia del club. Le proiezioni che accompagnavano le esibizioni hanno anticipato di decenni gli attuali show audiovisivi.
La caverna maggiore ospitava spettacoli di qualsiasi tipo, in quella minore ci si rilassava e si beveva, in quelle più piccole ci si ritirava per seguire i propri istinti.
Mentre nel resto d’Europa l’aggregazione giovanile era soprattutto conseguenza dell’estetica e della musica ascoltata – metallari, new romantics, skinhead, dark, herbert, rude boy, ecc. – a Napoli, i Selvaggi Napoletani, così ribattezzati dai media, diedero vita ad un movimento che cercò anzitutto di opporsi al caos sociale, valoriale, culturale e politico della superficie.
La tribù sotterranea dei Selvaggi Napoletani era eterogenea, nessuno ne era escluso e nei tre anni di attività il Diamond Dogs club ospitò artisti, fotografi, musicisti, giornalisti, poeti, scultori, attori e liberi pensatori di ogni tipo e da ogni parte del mondo.
Paolo Pontoniere, in Diamond Dogs, Officina post industriale — 1984-1987, Napoli di Toty Ruggieri ( libro dal quale sono tratte le foto e che potete acquistare QUI), scrive:
Siamo in coda agli anni di piombo. Sono gli anni dell’epidemia di eroina che, come l’epidemia di crack negli Stati Uniti, cancellerà un’intera generazione di attivisti politici; dello stato che scende a patti con la camorra tramite i servizi segreti, mentre la realtà di tutti i giorni è diventata un’esperienza kafkiana.
Non è affatto un eccesso di immaginazione affermare che il tentativo di rivoluzionare il caos che soffocava la città da parte dei giovani di Napoli, come i frequentatori del Diamond Dogs, abbia gettato le basi di fenomeni a venire. Di fenomeni come Mani Pulite e la dissoluzione del sistema politico tradizionale in Italia; la Seconda Repubblica; la fine delle categorie politiche di destra e sinistra; Slow Food; l’Italia del Nuovo Cinema; l’Italia del Teatro Nuovo, e il tentativo di pacificare e reclamare il Mediterraneo come un mare di pace e di tutte le persone, così come una accettazione ritrovata delle minoranze etniche e sessuali.
Da molti punti di vista la città stava vivendo una nuova stagione di fermento culturale simile a quella che aveva vissuto nel 1799.
Il ventre di Napoli, da secoli, non era stato così fecondo. Grazie all’esperienza del Diamond Dogs club nacquero fanzine come Hate Again, luoghi di ritrovo alla maniera di Tatoo Records, collettivi storici della città: Contropotere e Microcellulazione, e soprattutto band come Underage, Insofferenza, Randagi e Skizo che fecero della sperimentazione il proprio vessillo.
Punk über alles.