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Avete presente quando qualcosa finisce? Un amore per esempio. Si trasogna ciò che è stato con sofferente passività in quel processo catartico di atarassia delle emozioni. O, più semplicemente, ci si ripromette di mantenere contegno stoico, diciamo letteralmente epico, quasi aristocratico, dinnanzi ai propri crucci quando nella realtà dei fatti si vorrebbe piagnucolare tutto il giorno senza riguardo di se stessi né di quel costrutto mentale che è la propria dignità.

Insomma, penso che la sensazione sia conosciuta ai più. Almeno lo spero perché in caso contrario sareste proprio degli stronzi.
E credo che tale sensazione fosse familiare anche ad un genio del cinema come David Lynch: per farci sentire meno soli, o per dare – giustamente, l’appoggio melodico ai nostri strazi post adolescenziali, il regista statunitense ha scritto una canzone, “All the Things” – e l’ha fatta interpretare alla sua musa, Chrysta Bell. In effetti, il downtempo lounge e l’atmosfera rarefatta sono un connubio perfetto al clima di tacita malinconia che pervade un po’ tutto il brano fino al refrain liberatorio. Diciamolo, ci si sente subito catapultati in un quadro di Hopper a fissare il fondo di un bicchiere o la porta che non si aprirà mai.
No, aspetta, questa volta si apre. L’intenzione del regista Nicolangelo Gelormini – già noto per aver lavorato come assistente di Sorrentino – è infatti quella di edulcorare la perdita grazie alla scoperta di una nuova forza: “lasciare qualcosa significa comprendere in profondità se stessi e illuminarsi”.

Le emozioni vestono così i luoghi scelti per le riprese: per queste immagini è stato usato un ceppo di Jimmie Durham, l’artista che ha scelto di vivere nell’ex Lanificio di Napoli ed è stata scelta come location principale il chiostro cinquecentesco di Santa Caterina a Formiello. Così, un gioiello del sedicesimo secolo trova nuova luce, non attraverso il nostalgico culto del passato, bensì grazie al brivido dato dall’arte del presente.