Le cose più scottanti che si sono viste negli ultimi tempi nella scena musicale italiana si sono delineate in due direzioni: l’indie da una parte e la trap dall’altra. Due fenomeni opposti nelle loro forme, nelle loro estetiche, ma uguali in quello che hanno generato: un hype enorme, e soprattutto nuova, energica linfa vitale alle sonorità nostrane. Si usa qui il termine “linfa vitale” perché di fatto questa freschezza ha restituito agli ascoltatori vitalità dopo anni di limbo caratterizzati dalla predominanza della generazione talent: le orecchie e le aree del cervello, infatti, erano ad un passo dall’essere lobotomizzate, spente e sbattute come polpi sullo scoglio dalla mastodontica pateticità, inettitudine e assenza di carisma che sono la cifra della musica di chi decolla dai programmi televisivi.

Dalla scena indie e quella trap si può dunque estrarre il denominatore comune della carica innovativa, sia musicale, sia estetica, sia culturale tout court. Ma è bene anche sottolineare come queste due linee musicali abbiano preso, sotto molti aspetti, direzioni parallele: sono assai eterogenee, per esempio, le fan bases di chi ascolta l’indie e chi la trap, e spesso mai mescolabili. In sostanza, chi ascolta trap, ascolta di rado l’indie; chi ascolta per lo più indie, ancor meno ascolta trap (c’è più ortodossia da parte di quest’ultimi).

Se dunque i due bacini di utenza trovano raramente punti d’incontro, cosa ne è degli artisti? Insomma, vedremo mai la Dark Polo Gang sul palco insieme a Contessa, magari a cantare I pariolini di diciott’anni? Poche sono le certezze nel mondo, ma la risposta negativa a tale quesito è una di esse. Se allora le persone in questione sembrano inconciliabili, cosa ne è della musica? Ecco, la musica indie e quella trap possono trovare un punto d’incontro, e uno di questi punti lo hanno scovato intelligentemente Carl Brave e Franco126.

Entrambi romani e membri della crew “126” (perché 126 sono gli scalini che separano Via Dandolo da Viale Glorioso, le due strade trasteverine dove il gruppo è nato) sembrano essere il trait d’union tra i due generi musicali di cui si è parlato sopra. Infatti, sono trap il loro retroterra, l’autotune, i luoghi e gli amici che frequentano, come ne è stata dimostrazione la loro esibizione del 22 dicembre al Rashõmon Bar & Club di Roma, in una serata della organizzazione Culture, faro della trap nella capitale.

Ma parimenti, si avvicinano all’indie per i testi e per l’immaginario che offrono nel loro progetto (ancora in fase sperimentale, come si può ascoltare) che sta riscuotendo maggiormente successo su youtube e che presto sarà un disco: si tratta di Polaroid (trovate qua), serie di video in cui c’è una foto istantanea come sfondo che ritrae i ragazzi in una scena quotidiana, e la canzone annessa.

I due, con un misto di influenze, hanno creato una validissima e peculiare atmosfera nelle loro produzioni, fortemente romane per la topografia, ma accessibili a chiunque, specie a ragazzi tra i venti e venticinque, perché costituiscono un ritratto esistenzialista di quello che è oggi essere giovani ormai navigati abitanti di città. Infatti, la bellezza delle Polaroid risiede nella commistione che c’è tra brevi e poetici ritratti di Roma e nostalgie sentimentali, spleen da metropoli e notti insonni, voglia (utopica) di sfondare, o semplicemente di partire, lontano, verso nuove derive.

Il duo live al Culture Party II.

In questo senso, può essere paradigmatico il loro brano migliore, Sempre in due, che conta oltre seicentomila visualizzazioni, e che nel testo riesce a incastrare diversi temi e immagini alla perfezione, sopra a uno strumentale raffinato e ibrido, «il tuo ricordo sfuma una notte senza luna / lei si morde un’unghia e fuma e questa birra è tutta schiuma / sorrido a mio fratello siamo su di giri / fiori cresciuti in mezzo ai sampietrini»: si parla di ricordo rarefatto di una donna dissipato nel buio della notte, forse dovuto a qualche sorso e tiro di troppo; poi si passa al presente fisico, come con un battito di ciglia, ed ecco apparire un’altra ragazza che si morde l’unghia, con una sigaretta in mano, mentre la birra calda produce disgustosa schiuma; il sorriso/assenso eloquente all’amico, la conferma di stare “alti”, e poi l’immensa similitudine che chiude la strofa prima del ritornello, ovvero il paragone tra loro e l’immagine dei fiori che sorgono tra le fessure dei sampietrini, i tipici selci che ricoprono le piazze della capitale.

Gli esempi potrebbero dilungarsi a iosa, perché estratti tipo «io che c’ho solo guai dentro le tasche dei miei Levi’s / vorrei rubare i desideri a Fontana di Trevi» non possono essere esclusi dal piccolo campione che si vuole offrire, o semplicemente «il nasone scorre sempre non la smette», dove il “nasone” è la fontanella di Roma, e niente, il solo fatto di evocare tale immagine così, fine a se stessa, genera tensione poetica. A proposito di tensioni poetiche, in Tararì tararà ci sono rime come “Miyazaki/Inzaghi/spaghi” (sì, proprio il genio dell’animazione Miyazaki e SuperPippo Inzaghi, poi gli spaghetti), “Momart/zig zag”, dove il Momart è uno dei capisaldi dei locali romani; ma evidentemente sono capaci tutti ormai a fare queste rime, dai, dopo Camicie/Nietzsche e De Gregori/Medjugorje. Però diamine, Miyazaki e Inzaghi non sono una semplice assonanza, sono l’accostamento di due specie umane differenti, si crea una voragine spazio temporale a leggerli l’uno in rima con l’altro.

Crudeli che esulta per l’uscita del nuovo film di Miyazaki.

Insomma, basta continuare, perché davvero si dovrebbero copiare, incollare e analizzare tutti i testi delle Polaroid se si volessero evidenziare i tratti peculiari di questo duo, ma per ciò si rimanda all’ascolto. A questo punto, si può osservare come le voci di Carl e Franco che sono in autotune, tipico tratto distintivo trap, generino straniamento, perché vanno a scavare più a fondo, sondano altri immaginari rispetto a quelli che si è abituati ad ascoltare dalle voci modulate da questo effetto vocale. Così come le basi: un mix equilibrato e intelligente di analogico e digitale, che spesso ricorda stornelli romani, benché si tratti di un beat modernissimo, con echi, appunto, trap.

Dentro questa cifra, questo ibridismo, si nasconde il nocciolo della proposta di Carl Brave x Franco126, e il nucleo del perché si debbano considerare tra i nomi da tener conto ora, e nel futuro prossimo, visto che indiscrezioni dicono che per il 21 aprile* è fissata la data d’uscita del loro esordio discografico, prodotto da una etichetta indipendente ben nota e promettente. Se non altro, perché al centro di Roma, che ha ormai assunto i connotati del non luogo, tra venditori ambulanti di ninnoli orrendi e tremendi bar-ristoranti turistici, bastoni dei selfie, sandali, calzini bianchi, spalle rosse ustionate dei turisti pallidissimi, Carl Brave e Franco126, con i loro ritratti, i loro scorci, sembrano offrire una fune di fuga, un grido per dire “qua c’è ancora vita.” E lo fanno calando le due carte vincenti che stanno sfondando la scena musicale contemporanea. Perciò si ritiene che ‘sti due non saranno “una fissa passeggera / come i Pokemon e la Macarena”, ma qualcosa di più.

Un indizio sull’etichetta.

*data ufficiale: 5 maggio (annunciata il 6 aprile)