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Anastasia ha 23 anni e si lamenta perché TUTTI la scambiano per una Hipster.
Cazzi tuoi, ciccia!” starete giustamente pensando. No! Il discorso è serio. Lei, poverina, vorrebbe solo essere Anastasia e invoca l’aiuto di una persona altamente qualificata che l’aiuti a risollevare la sua vita: Belen Rodriguez.

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La nostra Belen si precipita in suo aiuto con la stessa audacia mostrata dalla Merkel nei confronti della Moneta Unica. Recatasi a casa della giovane, la talentuosa presentatrice, cantante, ballerina, testimonial e porno-diva scambia qualche chiacchiera con Anastasia che asserisce di non fare shopping: lei scambia vestiti.
Quello che vuole dire, probabilmente, è che spende mille mila soldi da Cavalli e Nastri per comprare della roba di merda portata in negozio da qualcuno che ha frugato negli scatoloni dei nonni deceduti nel tentativo di raccattare qualcosa da spendere in alcol e droga.

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In effetti, passando al setaccio il suo armadio, ne tira fuori essenzialmente solo roba vintage.
Di hipster, in realtà, nulla. Apparentemente, dunque, Anastasia è solo una ragazza che ama i vestiti brutti, vecchi e che puzzano di chiuso, ma Belen le impone comunque di essere

– HIPSTER” e “+ GLAMOUR“.

Ma cerchiamo di capire cosa intendono per HipsterBelen dichiara di avere le idee un po’ confuse e decide di non esprimersi; secondo Anastasia, invece,

L’Hipster va nel negozio vintage a comprare la giacca di pelle, i pantaloni tipo così (un denim a vita alta), le scarpe da ginnastica quelle invece tanto fondo (ha delle Converse)“.

Molto bene.

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Siccome in realtà anche Anastasia si esprime con la sicurezza di chi, senza capire un cazzo di enologia, assaggia un vino sotto gli occhi inquisitori del sommelier, Belen pensa bene di fare chiarezza in tema e di sottoporla al rigido giudizio di due esperti Hipster: Alberto e Domenico

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Alberto ha una folta barba, i capelli “finto arruffati“, come definisce il suo amico, una camicia a quadri a maniche corte, pantaloni corti bianchi, delle bretelle e una pseudo stringata.

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Domenico ha un taglio “super ingellato anni ’50“, come definisce lui stesso, una T-shirt a quadri con le maniche arrotolate, dei jeans skinny neri, un bomber e delle slip-on.
Un tipo vestito un po’ male ma apparentemente normale.

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Ma passiamo alle loro definizioni di Hipster.

Alberto sostiene che si tratti di “una tendenza culturale che si muove a livello urbano e che in questi anni sta prendendo un po’ il sopravvento in quello che è il mondo del fashion“. Ha praticamente spiegato che il Gazpacho è una pietanza e che ultimamente viene spesso consumata nei ristoranti.

Domenico, che sembra essere quello più spigliato (leggi: meno coglione) la taglia corta, dicendo che l’Hipster è “un ragazzo trasandato ma curato“. È la ricerca del dettaglio che conta, dunque. Ma occhio, c’è uno spassosissimo ossimoro! Se da un lato c’è ricercatezza nell’orologio, la cintura, l’anello, la collana che devono essere vintage, in realtà per l’elettronica è tutto un altro discorso! Il telefono lo hanno “Super social.

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Dopo aver passato in rassegna alcuni capi d’abbigliamento e deciso se siano Hipster (paletta con baffo) oppure no (paletta rossa), i giudici deliberano: Anastasia è Hipster. Talmente Hipster che in camera ha un cartellone con il testo di una canzone di Taylor Swift.

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Di fronte a questo spettacolo mi sono sentito un po’ come quando mio papà, che non sa accendere un computer, mi chiede se l’iPhone che tengo in mano sia “l’ultimo modello di iPad. Quello che va sull’Internet. Mi mette gioia e mi fa un po’ tenerezza perché, pur di entrare in sintonia con me, si sforza di parlare di qualcosa che non conosce minimamente.

Il programma prosegue con il make-over della ragazza, di cui vi risparmio i dettagli, in quanto non funzionali al discorso che mi preme intavolare: ultimamente il termine Hipster viene usato con una frequenza paragonabile solo a quella di Selfie. La differenza è che selfie è una parola usata propriamente. Hipster no.

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La storia è ciclica. Hipster è solo l’ennesimo termine che ci consente di catalogare persone e comportamenti, una nuova costante che porta ordine e familiarità all’interno di un mondo di variabili impazzite. È successo con metallari, punk, emo, rappusi, indie, bohème, hippie, gabber, tamarri… 

Il ciclo di adozione di questi termini ha generalmente due fasi: in quella iniziale la parola viene coniata e racchiude della sostanza, qualcosa di tangibile: rappresenta dei valori forti.
Nella fase di adozione su larga scala il termine esplode e viene utilizzato spesso a sproposito, con accezione negativa, in modo denigratorio. La sostanza alla base del termine è minima, si regge su alcuni comportamenti ricorrenti, prevalentemente riconducibili alla dimensione materiale, come le scelte di abbigliamento.

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L’identificazione all’interno di una di queste macro-categorie è parte integrante del percorso di crescita di ciascuno di noi e il processo è fortemente influenzato dall’ambiente in cui cresciamo. Ognuno ha attraversato almeno una di queste “fasi”, spesso riguardando al passato con vergogna; è una tappa necessaria verso il raggiungimento dell’età adulta e il definitivo conformismo nei confonti delle regole della società civilizzata. Giudicare una persona in base a quale di queste fazioni decida di rappresentare è dunque un comportamento immaturo e superficiale.

Ovviamente, tutti noi siamo immaturi e superficiali e i “Tamarro di merda“, “Hipster del cazzo” si sprecano. Assolutamente comprensibile. Ognuno è libero di esprimere il proprio giudizio. Quello che però sarebbe bene fare, è utilizzare i termini solo quando si è a conoscenza del loro pieno significato, della storia che racchiudono.

Volete fare gli Hipster? Benissimo! Siate i benvenuti. Tenete però a mente che “Infilarti le penne nel culo non fa di te una gallina“. Leggete, informatevi e poi parlate e agite di conseguenza. Non fate figure di merda come i nostri amici qua sopra.

E comunque non preoccupatevi, ormai il termine del momento è già un altro: lunga vita al Normcore!tl-horizontal_main_2x