WIXIW inizia con The Exact Colour Of Doubt, partendo proprio dalle atmosfere celestiali dove Kid A ci aveva lasciato. Sì, Kid A. Lo spettro dei Radiohead più sperimentali e oscuri è forte in questo album e la conferma arriva direttamente al secondo pezzo, Octagon, buia e tormentata. Lo spettro però funge da ispirazione, non c’è più l’imitazione/plagio che si era sentita su Proud Evolution nel disco precedente: con questo album i Liars si confermano ulteriormente come i migliori figlioletti dei Radiohead e in quanto tali hanno dalla loro l’originalità e la genialità.

La consacrazione del loro status arriva al terzo brano: No. 1 Against The Rush, titolo più butto della discografia liarsiana, ma senza dubbio uno dei pezzi migliori del repertorio e soprattutto una delle canzoni più belle mai ascoltate quest’anno. Synth infiniti, loop vorticanti e voce da post-chill estremo: impossibile stancarsi di questa canzone, difficilissimo staccarsene.

Dopo tre pezzi del genere si avrebbero tutte le motivazioni per urlare al miracolo, ma purtroppo ci sono canzoncine che non sono al livello degli altri brani e abbassano di un po’ il tiro globale del disco: Ring On Every Finger, Annual Moon Words (che esce dal trend intrapreso dalla band negli ultimi tre album, quella splendida usanza di chiudere il disco con un pezzo dolcissimo ed emotivamente devastante, cosa che Annual Moon Words non è) e soprattutto Ill Valley Prodigies, un pezzino da due minuti proprio insulso.

Per fortuna sono tre casi isolati e i Liars, dopo dieci anni e sei album, sanno regalarci ancora un grande disco: a mettere le cose in chiaro c’è la palindromica WIXIW, messa giustamente al centro dell’album, che con i suoi sei minuti, l’intro calma e il cambio inaspettato con synth stridenti e ritmi tribali è l’ennesimo capolavoro per cui ci ricorderemo dei Liars anche tra molti anni. Giusto per non farsi mancare niente Brats è il pezzo più ballabile dei Liars da sempre: la rivisitazione in chiave moderna del dance-punk degli esordi per la prima volta rischia di portare il trio davvero sul dancefloor, senza chitarre ma con tanti sintetizzatori. Un po’ come tutto l’album, che vede le chitarre (un tempo uno degli strumenti principali dei Liars) riempirsi di polvere per gran parte del tempo, in favore di sintetizzatori acidissimi.