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Ypsigrock è una realtà fighissima, questo lo sa anche l’ultimo degli stronzi.
Ma finchè non arrivi in Piazza Castello, dopo un giro fra le bancarelle fricchettone e una doverosa tappa preliminare al Cin Cin, bar di riferimento dei frequentatori più convinti etilisticamente parlando, finché, abbracciato dalla calda e accogliente cornice che con delicata bellezza racchiude il palco principale, non aspetti che una delle band inserite in line-up dall’avvedutissima direzione artistica del festival cominci a suonare, per venire poi finalmente pervaso da un fragore di note, persone, risate e bestemmie per le birre rovesciate mentre saltavi sotto palco come il più invasato dei folletti, di quanto Ypsigrock possa realmente essere bello non sai proprio un cazzo.
Fatto sta che, dall’alto dell’infinito alone di bontà e altruismo che in questi giorni come sempre pervade la redazione di Deer Waves, a Castelbuono ci siamo andati anche per voi, e abbiamo cercato di divertirci quanto più abbiamo potuto proprio per potervelo raccontare, facendovi pertanto alternativamente

rivivere delle emozioni bellissime

sbavare, e correre a controllare se per caso non siano già uscite le prevendite per la prossima edizione.

Dopo 7 ore di macchina fino a Roma, una notte in un parcheggio e una in hotel a Benevento (della quale non ti ricordi pressoché nulla), altre 10 ore di auto a 70km/h massimo perché il tuo amico ha una Matiz color ORO (azzeccatamente ribattezzata “Il Lingottino“, ndr) che ha paura esploda oltre la soglia degli ottanta chilometri orari, arrivi in Sicilia con una faccia che Pete Doherty ti fa una sega e che fai? Ti butti nel mare, con il pensiero rivolto a tutti quelli che si lamentano “eh ma che palle perché non lo fanno a Milano!“, concludendo ancora prima che il festival cominci che venirci sia stata un’ottima scelta. Poi il festival arriva davvero:

Giorno I

Dopo bagni in mare mattutini e bagni di alcol post-cena ti sei completamente lasciato alle spalle la stanchezza del viaggio, e, fresco come una rosa, parcheggi in una Castelbuono minacciata da una lieve pioggerellina: arrivato in piazza scopri che l’esibizione degli Youarehere è stata rimandata causa maltempo al giorno seguente -ma nessun problema: la gente ride, l’alcol scorre, la pioggia finalmente smette, e nel giro di pochissimo gli Efterklang sono sul palco. La risposta del pubblico è molto buona e la loro esibizione lo è altrettanto; nonostante diano l’idea di non aver ancora trovato la loro dimensione perfetta e definitiva, riescono ad incantare la piazza di Castelbuono con una buona presenza sul palco e sicuramente ottime capacità. Un po’ debole la sessione ritmica, forse anche a causa di qualche minimo problema di fonica, ma quando ad un Festival un gruppo attacca a suonare immediatamente dopo che la pioggia ha smesso, se parli di inefficienza sei proprio uno stronzo.
Poi attaccano gli Shout Out Louds e la pioggia riprende ad insidiare il pubblico. La band però continua, fottendosene della possibilità non remota che l’impianto salti, trasformando i componenti in cinque bei mucchietti di cenere: il pubblico risponde ancora meglio, prestissimo lo show si elettrizza ancora più di quanto già non lo fosse, la gente poga, la band picchia sempre più forte facendo esplodere un’atmosfera che, al di là del divertimento, risulta avere quasi un qualcosa di eroico e commoventemente bello.
Dopo aver preso tanta pioggia quanta probabilmente la Sicilia è abituata a a vederne in un anno, data l’evidenza che i Drums non saliranno certo a breve, considerate le condizioni meteo ancora avverse (unitamente alla chiara consapevolezza del loro essere un po’ frocetti), decidi che è il momento di andare a bere qualcosa: arrivato al già citato bar Cin Cin, vero e proprio pit-stop etilico di Castelbuono, complici forse i 5 cocktail che hai già in corpo, vieni piacevolmente coinvolto dall’atmosfera positiva che pervade il festival, perdendoti quindi a parlare con sconosciuti, abbracciare amici e continuare a bere, per tornare poi con provvidenziale tempismo a sentire soltanto l’ultimo quarto d’ora di live dei Drums, comunque ampiamente sufficiente per bollare il loro show come decisamente fiacco. La pioggia smette e la band pure, e, non ancora smaltita l’adrenalina dello show precedente (ad onor del vero uno dei migliori del festival, pur non essendo io un fan), torni a casa felice, fradicio di pioggia ma appagato da quella che, se l’organizzazione del festival non fosse impeccabile, avrebbe potuto essere solo una serata a vuoto sotto la pioggia.

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Giorno II

Se la tua presenza ad un festival è accompagnata dalla consapevolezza che prima o poi la tua esperienza dovrà essere messa nero su bianco per i pochi stronzi che ti leggono e  -ahiloro- non c’erano, ad un certo punto arriva inevitabilmente il momento di fare il punto della situazione con coloro che con te condividono quest’onore ed onere. Beh, quando durante il viaggio di ritorno dalla Sicilia realizzi che il secondo giorno di festival tu hai preso la prima multa della tua vita per stato “di manifesta ubriachezza in luogo pubblico“, che l’hai presa perché hai cominciato a bere alle 3 di pomeriggio assieme ad un altro redattore, che versava chiaramente nel tuo stesso stato, realizzi poi che il terzo presente al festival si è svegliato la mattina seguente con le mutande piene di detersivo per piatti che, anche se non ricordi, sei stato tu a mettergli (chiaramente non facciamo nomi, ma voi care lettrici siete liberissime di cercare ustioni da Svelto Piatti nelle mutande di ognuno di noi redattori al prossimo DW Party -chi indovina vince un mappamondo e un’ovvia notte di fuoco con la vittima). Quando una serata va così, riuscire a raccontare qualcosa su quanto successo è davvero un’impresa, che tuttavia, dopo immane esercizio di memoria, ci apprestiamo ad affrontare.

Sappiamo:

-che Deptford Goth è stato bravo, e che un nostro amico ha rischiato la rissa perché importunava il tipo davanti a sé con ininterrotte citazioni di Carlo Verdone riguardanti  Ladispoli urlate nelle orecchie;

-che i Suuns hanno spaccato, show gestito ottimamente a livello fonico, buona scaletta e ottima presenza sul palco;

Erol Alkan ha fatto muovere i culi non poco, e io che più che sdraiato in quel momento non sapevo stare ero probabilmente l’unico a non ballare in tutta Castelbuono.

Sappiamo di non sapere:

Black Eyed Dog, Omosumo e Holy Other: c’eravate davvero? ris

 

Giorno III

Poi finalmente arriva il main event. L’aspettativa è altissima, tutti sono puntuali e tu decidi addirittura di non bere nulla prima della fine dei concerti. Arrivi che la piazza è già gremita, e dopo le buone performance di Metz e Rover, arrivano i Local Natives, band della quale non sono fan sfegatato: il pubblico è caldissimo, l’interazione è ottima. La musica comincia e, per negare l’estrema bravura dei quattro californiani, bisogna proprio essere sordi.
La scaletta si snocciola con piacevole precisione, presentando ad un pubblico davvero molto accogliente un singolo dopo l’altro. Poi arriva il momento cover, si tratta di Warning Sing dei Talking Heads: pronto all’intolleranza sull’approccio ad un brano di uno dei miei gruppi preferiti mi metto ad ascoltare, per concludere inevitabilmente: gran bel lavoro. Parte strumentale ok, sessione ritmica discreta al punto giusto, armonizzazioni vocali da brividi -un’operazione tanto difficile quanto riuscita, una cover emozionante, attualizzata e assolutamente ben integrata con la scaletta. Bravi.
Dopo la piacevole sorpresa offertami dai Local Natives, che hanno di gran lunga superato le mie aspettative, tocca agli Editors fare qualcosa di ancora migliore: appena saliti sul palco attaccano con Sugar, immediatamente seguita da A Ton Of Love; proseguono poi con Bones e Munich, andando a snocciolare una vera e propria greatest hits eseguita con capacità davvero magistrali. Il pubblico risponde sempre meglio, salta, canta, urla; la band si impegna al massimo, offrendo uno spettacolo che sicuramente lascia il segno. Un unico asceta, intenzionato ad ascoltare il concerto in seconda fila avvolto da un immobile quiete, viene finalmente travolto dai numerosi accenni di pogo, e, suo malgrado (o forse per sua fortuna), si ritrova a saltellare in mezzo a centinaia di fan con gli occhi fissi sul palco e le orecchie ben aperte. Quella degli Editors è sicuramente una performance ottima, forte di una carica emotiva (oltre che della consueta perizia tecnica, che negli anni ha contribuito ha renderli una garanzia) che non può certo lasciare indifferenti. Dopo 15 pezzi la band saluta con Honesty e Papillon un pubblico veramente emozionato: c’è chi ride, chi piange, chi ancora continua a cantare, chi corre a prendere qualcosa da bere e chi già a bevuto fin troppo, tutti comunque consapevoli del fatto che l’Ypsigrock è appena finito, ed è finito nel migliore dei modi.

Conclusosi il Festival che rappresenta attualmente una delle realtà italiane più all’avanguardia, ci sentiamo solo di rinsaldare gli elogi fatti in passato, ribadendo l’avvedutezza di una direzione artistica che regolarmente porta a suonare nell’estremo Sud Italia formazioni interessantissime, di cui staff più prestigiosi e navigati non si sono forse nemmeno ancora accorti. Poi potrei dilungarmi per altre dieci pagine almeno a raccontarvi aneddoti, elogi vari alla Sicilia ed all’atmosfera generale, piccoli particolari non strettamente legati al Festival che contribuiscono assolutamente a fare di Castelbuono e dintorni casa tua per una settimana -ma questa è decisamente un’altra storia.

Riportiamo infine, per i nostri lettori più accaniti, e per tutti coloro che si lamentano del lungo viaggio per arrivare a Ypsigrock, la top 5 della playlist ufficiale di Deer Waves per i lunghi tragitti in macchina, a.k.a. come divertirsi con poco:

1- Blue – Only Words I Know 

2- Max Gazzè – Sotto casa 

3- Zero Assoluto – Per Dimenticare 

4- Lorenzo Jovanotti Cherubini – Tanto Tanto Tanto 

 5- Gemelli Diversi – Mary 

Venite all’Ypsigrock.