Gente @ Sky Ferreira

Tutti i festival sono uguali. Fighe della madonna vestite da animali da esposizione, bonze vestite da fighe della madonna e scimmiati convinti che l’esistenza del deodorante sia una leggenda metropolitana. Per i musicisti, i festival sono il test finale di quanto potere abbia la loro musica. Riusciranno a far uscire di casa pure i misantropi? Faranno ballare gli agorafobici sotto cassa? Evidentemente con la prima categoria hanno avuto successo, altrimenti vi starei parlando di quanto sia comodo stare nel letto a battere il proprio record su 2048. Sotto al palco principale quel letto è ormai un’utopia e la realtà sono l’altra metà del team Deer Waves (YNNS, a cui dobbiamo tutti i magnifici scatti e i video che abbiamo di quel weekend) e il Field Day Festival 2014. 

DAY 1

Fa un caldo indecente per gli standard inglesi (28° circa) e Sky Ferreira si presenta sul main stage con un piumino più grande di lei, piccina e timida, davanti a una folla già parecchio numerosa, nonostante siano solo le 14.30. La giovane statunitense sfodera un’ottima performance, nonostante la sua band sia qualcosa di imbarazzante con diverse steccate durante tutto il live. Si sente spesso parlare dei pessimi live di Sky, ma se sono tutti così non è di certo colpa sua, anzi.

Non che sia la band di Sky l’unica delusione della giornata: sarà il fatto che a sentirli, se non ci fossero stati i loro nomi sul programma, avrei pensato fossero dei tamarri qualunque, sarà anche che la maggior parte del loro pubblico era costituita da disinformati confusi che erano capitati lì credendo di essere al Cocoricò, ma tralascerò l’esibizione dei Simian Mobile Disco perché se c’è una cosa che ho imparato da Bambi (a parte di scappare quando arrivano i cacciatori), é che se non si ha nulla di carino da dire é meglio stare zitti. Qua due gif dei ballerini medi.

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Discorso simile vale per Oneohthrix Point Never, che ce la fa scendere un po’ a tutti perché se già è difficile vivere a fondo un live di questo genere senza l’aiuto di qualche droga ricreativa, immaginate sotto al sole cocente delle 16.30. Peccato, perché a Torino era stato una bomba. L’altra faccia dell’elettronica è rappresentata da Jamie XX, un mostro dietro alla console piena di vinili: ad ogni brano si alza un boato devastante dalla folla che canta, balla e si incendia. Un dj set coi controcazzi.

bloodorangeDopo queste 3 ore piene di elettronica e simili ci spostiamo di nuovo di fronte al main stage, dove ad attenderci c’è Blood Orange con tutta la sua band (circa una decina di persone sul palco). Devonté Hynes per poco più di un’ora si impadronisce dell’intero festival, facendo letteralmente impazzire la folla con le sue movenze black e la sue schitarrate funky.

In mezzo a quel botto di gente da sentire, da fotografare e da stalkerare, però, sono i Jagwar Ma a distinguersi alla grande. Lo stesso palco che poco prima aveva ospitato i Simian Mobile Disco era pieno di gente che veniva travolta da acidi colpi di cassa dritta psichedelica. Il loro live è stato talmente potente che ha fatto quasi sparire l’aura di sfiga che ci circondava, trasformando il palco in una fabbrica di awesomeness. Meravigliosi. La giornata si conclude con Jon Hopkins, che ormai sapete che mostro sia e cosa sia capace di fare, e coi Metronomy, che fanno il loro sporco lavoro di headliner con un’ottima performance, lasciandoci però un po’ di amaro in bocca: un nome più grosso/fico/importante proprio non c’era? Evidentemente chiediamo troppo…

DAY 2

Il secondo giorno è meno affollato, sia per quanto riguarda gli artisti e i palchi aperti, sia per il numero di persone presente al festival. Arrivati in anticipo rispetto al previsto cogliamo l’occasione per sentire i POND, band-succursale dei Tame Impala (con cui appunto condividono 2 membri). Il live si riempe di momenti psichedelici e anche di momenti di sfiga se vogliamo dirla tutta: poca presenza scenica da parte della band e Nick (cantante e chitarra) che, preso dalla foga del momento, prova ad esibirsi con acrobazie circensi con la chitarra che gli cade. Sapete, proprio quei momenti in cui sei più imbarazzato tu di chi ha fatto la figura da coglione. Nick, #NextTime, maybe. È domenica e ci si dovrebbe quantomeno riposare, invece no; la line-up del festival ci riempie di droga ed è così che continuiamo la linea psichedelica ascoltandoci i Temples che, reduci dall’uscita del loro primo album Sun Structures, davvero suonano come se avessero 40 anni di esperienza lasciandoci con le mani doloranti per i tanti applausi.

Tocca quindi al primo nome veramente grosso della giornata: i The Horrors capitanati da Faris Badwan, che tirano fuori dal cilindro magico (quasi) tutto il loro repertorio, fottesegando i brani di Strange House per dare più spazio al recente Luminous. Una fantastica performance da segnare sicuramente tra le migliori di questo festival, merito dell’esperienza della band e di Faris che guida il gruppo egregiamente.

Ma è proprio quando ti senti soddisfatto e con la pancia quasi piena che arriva Samuel Herring coi suoi Future Islands a portarti il tuo dolce preferito, quello di cui proprio non puoi fare a meno e lo ingoi. Quest’uomo, mentre si tirava i pugni da solo, ballava e saltava, tira fuori una voce che non si può nemmeno immaginare ascoltando la band su cd. Potrei cercare di spiegarvi come passava senza alcun preavviso dalla voce che tutti conosciamo a quella che poteva essere la voce di un gruppo death metal e voi potreste provare a immaginare quanto sentimento ci stesse investendo contemporaneamente alle sue urla e alle sue parole, ma sarebbe solo una banale creazione della vostra immaginazione. Una ragazza in prima fila piange in preda a qualcosa a metà tra attacco di panico, svenimento e crisi isterica. È la magia dei Future Islands. Nient’altro. Voi non c’eravate, ma nella mia mente c’è ancora lui, completamente fuori di testa, che spiaccica in faccia una signora lezione a tutti quei gruppetti che si sentono fighi a non sorridere mai e a stare fermi come zombie mentre suonano. Mi piace pensare che quella lezione fosse: sucate.

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Il festival si chiude con un gruppo di vecchietti, inutili nel contesto del Field Day Festival. Veramente una grandissima delusione questo nome come headliner del secondo giorno, dopo tutto il ben di Dio visto e ascoltato. Se non fosse che bisogna comunque ammirarli per il coraggio che hanno a farsi vedere ancora in giro a suonare, la loro performance è mediocre e ad ascoltarli ci sono giusto un paio quarantenni nostalgici, vagamente emozionati dall’ascolto di quelle 5 canzoni che gli ricordano la loro gioventù tra birre e droga. Farebbero tutti meglio (sia Pixies che pubblico) a tornare a fare i Rappresentanti dei Genitori nei Consigli di Classe, ad andare a pesca coi loro amici o a fare qualunque cosa sia quello che fanno i padri mentre aspettano che arrivi l’età per la pensione.

Qua sotto trovate le foto del festival scattate da YANNIS.