Io ci ho provato, un giorno, a entrare ai Bagni Misteriosi, ex Piscine Caimi, dietro al Teatro Franco Parenti in Porta Romana, a Milano.
Era una domenica di giugno, 30 gradi, ore 14 del pomeriggio, la canicola, l’asfalto, una coda inaffrontabile. Io, in coda, però, mi ci son messo, temerario, stoico instagrammer, sordo ribelle ai consigli di Studio Aperto sul caldo torrido. Alla fine, però, l’inevitabile epilogo: dopo essere avanzato di 3 metri in un’ora, ahimè, ho ceduto, me ne sono andato gettando amaramente la spugna. Sono poi finito in una piscina di periferia, quelle in cui gli zarri del nord della circonvalla e i sudamericani del sud giambellinico si sfidano a colpi di casse portatili, mettendo in scena l’eterna lotta tra Guè Pequeno e Daddy Yankee: non ci è dato sapere chi vincerà.
Questa, però, è un’altra storia (verissima, giuro), nonché il contorto e personale pretesto narrativo per parlarvi di Electropark Exchanges, una realtà che si va ad incastonare in quel firmamento di eventi di eccelsa qualità che stanno incoronando, sempre più, Milano come la capitale musicale italiana.
Electropark Exchanges nasce come costola milanese di Electropark Festival, rassegna di musica elettronica e arti visive con base a Genova dal 2012. Il festival, organizzato da Forevergreen.fm, si tiene in location storiche e non convenzionali della città come i fondi di Palazzo Ducale, lo storico Teatro della Tosse e la splendida Commenda di Prè, e nel corso degli anni ha fatto esibire, tra gli altri, artisti del calibro di Alva Noto, Robert Henke, Joey Anderson, Caterina Barbieri, Moscoman, Frank Wiedemann. Giunto alla seconda edizione, Exchanges ha deciso quest’anno di andare ad esplorare il mondo della ricerca sonora, sperimentale, rinascimentale del suono in Canada, ospitando tre tra i più grandi artisti sui generis che il Paese degli Aceri abbia offerto al mondo: Tim Hecker, Egyptrixx e Marie Davidson, nella splendida cornice del Teatro Franco Parenti e degli adiacenti Bagni Misteriosi, vera e propria perla del capoluogo meneghino.
Ma procediamo con calma.
La serata inaugurale, con i sacrali soundscape di Tim Hecker, ve l’ho già raccontata nel dettaglio qui.
Il ricordo, comunque, è ancora vivido: Love Streams, i droni che squarciano le orecchie, le menti e gli animi, i led che squarciano la nebbia, la stessa nebbia che offusca la vista e ti obbliga a guardare laddove gli occhi non possono andare; i bassi ancestrali, il rumore che racconta la vita, gli scossoni che fanno tremare il pavimento e l’intimo umano. Un impatto frontale, senza fronzoli, con l’arte di Hecker ma ancor di più con se stessi; un’esperienza che, al solo ripensarci, lascia ancora interdetti.
Un biglietto di presentazione più che ottimo per questo Exchanges 2017.
Il secondo evento vede lo spostamento del palcoscenico all’esterno, a pelo d’acqua nel bel mezzo dei Bagni Misteriosi.
Ad esibirsi è Egyptrixx, portando in sede live il suo ultimo Pure, Beyond Reproach (qui il video completo della performance via URSSS), il quale vuole mettere in musica i ritmi che potrebbero scaturire se tutte le microplastiche presenti negli oceani venissero a collidere. Durante il scenografico calar del sole, led minimali iniziano ad illuminare l’atmosfera mentre l’elettronica organica di Egyptrixx si leva nell’aria (purtroppo a un volume un po’ troppo ridotto, in aggiunta al fatto che lo scenografico palco non aiuti la disposizione degli speaker); tra tessiture ambient e percussioni irregolari, sintetizzatori accartocciati e rumori naturali, il concept dell’album prende vita mentre sull’acqua delle ex piscine Caimi galleggiano dei teli di cellophane creando un connubio indissolubile tra significante e significato. Purtroppo, però, un problema tecnico costringe l’artista a tagliare l’esibizione; il pubblico non la prende bene, ma su questa parentesi ci torneremo tra poco.
La chiusura della rassegna è affidata a Marie Davidson, giovane pupilla di Montréal che, in barba alle docili apparenze, mischia sapientemente electropop danzante, recital poetici, sferzate industrial e vere e proprie cavalcate techno. Il live, questa volta spostato sul prato a lato della piscina, è davvero impressionante. Se nella sua ultima, bellissima, fatica discografica la Davidson saluta la club culture (Adieu Au Dancefloor), nella messa in pratica del set la prende e le ridona nuova vita tra bassi gommosi e ritmi serratissimi, adagiando sintetizzatori analogici ora su clangori spezzati, ora su quattro quarti purissimi. L’accoglienza da parte del pubblico è ottima e non potrebbe essere altrimenti, l’impianto spinge e la gente balla, Marie ringrazia e dà il meglio di sé in un set vario e sempre godibile, a tratti improvvisato. Un arrivederci veramente memorabile da parte di Exchanges, suggellato da un tuffo in piscina dopo il live.
La scelta di Exchanges di ambientare la rassegna in un locus amoenus mozzafiato è stata senza dubbio azzeccata. L’unione che si è venuta a creare, ogni volta, tra performance e cornice è stata così profonda e studiata da superare il concetto stesso di “live set”, spalancando a tutti gli effetti la porta dell’esperienza multisensoriale. Talvolta, però, il richiamo dell’ambiente è stato più forte di quello musicale che, in teoria, dovrebbe essere il motivo principe della partecipazione. E se il risentimento per il basso volume riscontrato durante il live di Egyptrixx è stato lodevolmente accolto dagli organizzatori come un costruttivo spunto per migliorare, i vari “Ah ma è tutto così? Ma non cambia mai? Ahahah mi faccio rimborsare” durante Hecker, “Dopo questa noia mortale dovrebbero ridarci i soldi” dopo Egyptrixx, “Ciao amore sono in coda per entrare a un concerto di una poetessa, di quelli che ti siedi e ascolti” prima di Davidson, sono totalmente ingiustificabili. È assurdo partecipare a live di artisti che non si conoscono per poi lamentarsi, affibbiando ad altri la colpa di carenze proprie, quando basterebbe aprire internet e documentarsi in anticipo per risparmiare soldi, tempo, tedio verso se stessi e soprattutto verso chi si vorrebbe godere lo spettacolo senza essere disturbato.
Al di là di questi spiacevoli inconvenienti, comunque, il processo di sensibilizzazione del pubblico operato da Exchanges e, più in generale, da Electropark, è oltremodo lodevole. L’integrazione di performance non convenzionali e luoghi urbani caratteristici, oltre a donare ricordi indimenticabili ai fan, fa sì che il bacino di utenza di tale musica si allarghi.
L’utopico obiettivo è un ascolto cosciente, figlio della voglia di scoprire, di esplorare, di godere dell’arte e della città, scovando il bello nell’inaspettato, la gioia negli angoli più reconditi di un’esperienza. Il cammino è ancora lungo, sì, ma la visione d’insieme è più che positiva.
Il sipario è calato al Franco Parenti, il sole è tramontato sui Bagni Misteriosi, le luci sono spente.
Ci si vede dal 12 al 14 ottobre, a Genova, per il festival di Electropark, e l’anno prossimo, in un altro prezioso scorcio meneghino, per Exchanges. La consapevolezza di base, comunque, è che a fare da denominatore comune saranno sempre la qualità artistica e la riscoperta di spazi affascinanti, cause generatrici di esperienze rare e preziose, da custodire.
Foto ufficiali di Francesco Margaroli.