Assistere a un live di Dardust è come compiere un viaggio sensoriale, tutto è studiato nei minimi dettagli per avvolgere pienamente il pubblico e renderlo partecipe di un’esperienza unica e irripetibile. Il nuovo tour a supporto del terzo album del producer e pianista marchigiano, S.A.D. – Storm and Drugs, è ancora più immersivo e ambizioso, decisamente internazionale. Siamo stati alla data zero del tour al TPO di Bologna, per assistere in prima persona a cosa avessero in serbo per noi Dario Faini, questo il nome di battesimo, e il suo team di creativi.

Le dimensioni della venue sono ideali per uno show di questo tipo: lo spazio è piccolo a sufficienza da permettere agli spettatori di essere a tu per tu col palco e gli artisti, ma dalla capienza adeguata all’accresciuta popolarità dovuta all’ultimo anno di successi firmati da Dardust. Infatti, dopo l’esplosione del singolo Soldi di Mahmood, da lui prodotto in coppia con Charlie Charles, il suo nome ha cominciato a circolare sempre di più, aumentandone la visibilità e fornendo il giusto risalto alla figura del produttore, per troppo tempo passata in secondo piano in Italia. Nel giro di pochi mesi dalle sue mani sono uscite hit degli artisti più disparati, da Tommaso Paradiso a Elodie, da Jovanotti a Fabri Fibra, alzando l’asticella del sound come pochi altri hanno fatto negli ultimi anni. Ma il progetto Dardust ha una vita propria ben distinta, caratterizzata da un’attività solista costituita da un buon mix strumentale di influenze classiche ed elettroniche, con evidenti richiami alla scena nordeuropea. Il pubblico è numeroso e incuriosito, c’è grande attesa per una delle proposte più trasversali e innovative sulla scena, capace di richiamare a un proprio concerto sessantenni dal background classico e ragazzini fan dell’urban e della trap.

Lo show si apre con Dardust seduto al pianoforte, in un’atmosfera soffusa e delicata, dove, a poco a poco, si svelano scenografia e ledwall, veri protagnisti della serata. Come in passato, infatti, anche stavolta c’è una grande attenzione ai visuals, differenti, multiformi e multicolori a seconda dei mood dei pezzi e dei vari momenti del live. S.A.D. è la canzone di apertura, seguita da Prisma, singolo che qualche mese fa aveva anticipato il disco, in cui il producer si allontana momentaneamente dal piano per suonare, tramite un’innovativa tecnologia, dei fasci luminosi in grado di produrre suoni di synth arpeggiato se sfiorati. La spettacolarità aumenta istante dopo istante, catturando fin da subito l’attenzione del pubblico. Si susseguono così, in un crescendo emotivo e sonoro, alcuni pezzi storici della discografia di Dardust, da Lost and Found a Sunset on M fino a Birth. L’insieme si arricchisce di sfumature nuove in ogni brano, grazie agli interventi dei due musicisti che lo accompagnano sul palco: Marcello Piccinini alle percussioni e Vanni Casagrande che si occupa di synth, sequenze e pad elettronici.

La prima parte dello show, più intima e sognante, lascia improvvisamente posto al secondo atto, più movimentato e danzereccio. Il passaggio viene segnato dalla creazione di una tempesta artificiale sul palco, con tanto di pioggia finta e fulmini, che introduce Sturm I – Fear, i cui suoni secchi e metallici ben si intonano con i tuoni simulati nel ledwall. Lo spettacolo assume, dunque, la forma di un’esperienza di fuga dai propri demoni alla ricerca di una pace interiore, tra paura e sublime, in pieno spirito romantico. Sembra essere la colonna sonora perfetta per il celebre dipinto Viandante Sul Mare di Nebbia di Caspar David Friedrich. Il pianoforte si sposta e lascia spazio a una postazione maggiormente elettronica in cui Dardust si alterna tra moog e synth modulari, in un flusso sonoro psichedelico ribadito dalle ipnotiche immagini dei visulas, fra tunnel luminosi e farfalle arcobaleno. The Wolf e The Never Ending Road entusiasmano notevolmente i presenti, con tastiere acide dal sapore techno e battimani, fino ad arrivare ad un classico dei concerti di Dardust: i tre musicisti indossano i tamburi con cui si esibiscono in una coreografia battagliera e sincronizzata, potente e d’impatto, sulle note di Bardaginn (The Battle).

Il finale è il momento più emozionante e personale della serata, con i colori della scenografia sempre più accesi ed intensi, quasi a voler scacciare le ombre dei periodi difficili vissuti da Dario. Il pezzo di chiusura, non a caso, è Storm and Drugs, evidente omaggio a Born Slippy degli Underworld, dove su un piano arpeggiato alla Stranger Things si innesta una voce effettata con il vocoder che cambia timbro raccontando le varie fasi della vita dell’artista, dalla crescita fino alle situazioni più difficili, giungendo a un mantra ripetitivo e catartico: “Fuck the pain/Start over/Choose Life/Turn the page” che cita apertamente il film Trainspotting, dichiarata ispirazione del progetto. Lo show si conclude tra coriandoli colorati a forma di farfalla e gli applausi sentiti del pubblico, in un simbolico abbraccio ai tre performer sul palco, che non potevano desiderare serata d’esordio migliore.

Insomma, Dardust, come ribadito dal testo della title track, seguendo le orme di Mark Renton ha scelto la vita, scappando con il bottino verso un futuro più luminoso, ricco di consapevolezza. Tutto ciò traspare perfettamente nel live, in grado di lasciare un segno indelebile. In un’ora e mezzo di spettacolo viene esplorato tutto lo spettro delle emozioni umane, dalla malinconia alla paura, dall’estasi alla gioia, in un concerto per nulla banale e ricco di vita. Da non perdere.

Articolo di Filippo Duò