Succede che nel 2010 arriva a Treviso un nuovo festival, situato in una zona periferica, spaziosa e destinata esclusivamente ad attività doganali. È l’Home Festival, che quell’anno aveva puntato su una line-up completamente italiana, con Elio e Le Storie Tese e Il Teatro Degli Orrori come headliner. Nove anni dopo i nomi (e i numeri) sono drasticamente cambiati: sul palco della scorsa edizione sfilano Prodigy, Alt-J, Incubus, AfroJack e moltissimi altri, le presenze sono decine di migliaia, gli sponsor parecchi, e la vecchia “casa” di Treviso inizia a stare stretta. Lo spostamento di Home Festival a Venezia, nella cornice del Parco San Giuliano, è la decisione più naturale, ma nella zona dogana di Treviso la stessa organizzazione dà vita ad un nuovo festival che riprende il discorso un po’ dov’era iniziato. Con una line-up tutta italiana, ma con la consapevolezza e l’esperienza di 10 anni in più sulle spalle.
Nasce così il Core Festival, che nell’arco dei suoi 3 giorni mantiene anche la divisione abbastanza settoriale intrapresa anche dall’Home nelle ultime edizioni: venerdì giornata dedicata a indie e itpop, sabato trap e hip hop, domenica giornata per famiglie e pubblico più generalista con un po’ di classiconi. Arriviamo venerdì e ci accorgiamo subito che l’area prescelta è stata giustamente rimpicciolita: solo 3 palchi, sovrapposizioni esclusivamente tra i due second-stage e zero pause tra un concerto e l’altro. Il nostro Core inizia con Bruno Belissimo, italo-canadese attualmente in tour con il suo Stargate Mixtape, e che suona un po’ come quel mattacchione di Todd Terje (a proposito, che fine ha fatto?) con i bpm al massimo. Finito di ballare facciamo un salto sotto il tendone per M¥SS KETA, che in un’oretta scarsa sciorina hit vecchie e nuove (da MILANO SUSHI & COCA a PAZZESKA) dando vita ad uno spettacolo al tempo stesso trash e coinvolgente. Dopo di lei tocca a Ghemon, passato da anni al lato pop della barricata, che non delude le aspettative. Abbandoniamo a metà per fare un giro allo stage più piccolo, dove sta suonando Auroro Borealo: prima volta per me, sono rimasti folgorati. Attitudine punk, testi in apparenza nosense, autoironia a pacchi (e crowd surfing con materassino, non dimentichiamo). Il main event però è Calcutta, che in un’ora e un quarto sciorina tutti i classici, compresa Sorriso (Milano Dateo) uscita a mezzanotte del giorno prima: Edoardo si conferma performer d’eccezione, nonostante il contatto con il pubblico sia ai minimi storici. Poco male: tutti cantano ogni pezzo a memoria, e il live fila liscio come l’olio.
Sabato il pubblico sembra raddoppiare: sarà il weekend, sarà che la trap tira molto più dell’itpop, ma i numeri aumentano e l’età media si abbassa. Arriviamo giusto per sentire la fine dello show di Luché e buttarci nel tendone per il live di Ketama126, che tra Rehab e Oh Madonna si conferma come uno dei migliori talenti della nuova scena italiana, con un live che in certi suoi momenti si può definire molto punk. Tocca poi ad Achille Lauro, che riporta tutti nel 1969 con le sonorità del nuovo album (Rolls Royce compresa) e un concerto in bilico tra glam rock e blues. Tempo 4 pezzi e scappiamo al live dei Sxrrxwland, la cui reinterpretazione della trap in chiave emo ci ha conquistato definitivamente. Il pubblico le canta tutte, dalla prima all’ultima, i pezzi vecchi e nuovi funzionano alla grande e l’unico problema dello show è che finisce. Sul main stage invece sfilano prima Gemitaiz e poi Salmo, che tirano fuori due concerti solidi e convincenti, per la gioia di un pubblico decisamente coinvolto, che sa ogni parola a memoria.
Domenica il target sono palesemente le famiglie e il pubblico generalista, lo abbiamo già detto. Non stupisce allora la presenza di Emis Killa, che tira fuori uno show in crescendo anche dal punto di vista dell’entusiasmo della folla. Seguono i Måneskin, la cui prima fila va dalla mamma con la bandana personalizzata ai bambini di 6 anni al loro primo live. La musica è proprio quello che ci si può aspettare, innocua: si parte Red Hot Chili Peppers, si passa ad una cafonata reggae, arrivano i singoloni, poi le cover, poi altri singoloni, poi altre cover, poi sforano i tempi, poi li sforano ancora e solo alla fine il concerto finisce. E che non mi sarebbero piaciuti i Måneskin un po’ lo avevo preventivato, ma che invece J-Ax e la reunion degli Articolo31 mi piacessero così tanto no, non l’avevo proprio messo in conto. Il live passa in rassegna tutte le ere e le fasi della carriera dello “Zio”, dai primi album solisti alla collaborazione con Fedez, fino a qualche pezzo degli Articolo31, prima che in mezzo al palco trovi posto una console con il nome del gruppo e faccia la sua apparizione Dj Jad. Spirale Ovale, Domani Smetto, Tranqi Funky, Oh Maria e si torna giovani in un battito di mani. Il live è divertente, non si prende sul serio, e non poteva chiudersi meglio la prima edizione di un festival che, nelle intenzioni e nella realizzazione, ha recuperato molto dello spirito dell’Home originale.
Foto di Sebastiano Orgnacco ©
L’appuntamento ora è a luglio: dal 12 al 14 al Parco San Giuliano di Mestre (VE) c’è Home Festival. Aphex Twin, Jon Hopkins, Editors, Pusha T, Young Thug e tantissimi altri.