beach house live

Quando l’anno scorso qualcuno mi chiese “Se tu dovessi scegliere, che gruppo vorresti vedere dal vivo?“, la mia risposta fu immediata: “Beach House“. Tant’è che all’epoca pensai di rimanere in quel di Londra per gustarmi dal vivo uno dei gruppi più validi dell’anno – il live l’avrebbe aperto un certo Holy Other, pare sia un tipo ok – ma per forza di cose non ho potuto prender parte al concerto. Cose brutte, molto brutte. Ho (con)vissuto col rimorso per un bel po’ di tempo. Fino a due giorni fa, ecco.

Etichettato da molti come uno degli eventi dell’anno, l’approdo dei Beach House nella penisola più figa del Globo – leggasi Italia – è stato anticipato dall’uscita di un disco  – Bloom – che noi tutti, chi più, chi meno, abbiamo apprezzato e che qui su Deer Waves abbiamo portato in palma di mano per molto tempo. La voce di Victoria Legrand e la chitarra di Alex Scally si sposano perfettamente e il risultato è un disco che ha dell’incredibile; un disco di carattere; un disco originale e per niente scontato, mai noioso.
Nulla di cui stupirsi, dopotutto già i tre dischi precedenti ci avevano fatto capire l’enorme qualità del duo di Baltimora: se con Beach House, Devotion e Teen Dream Victoria e Alex si sono presentati per quello che sono, ossia due ragazzi che sanno far musica e sanno come far musica, con Bloom riescono a dimostrare di essere maturati, di essersi affermati, di aver trovato una propria dimensione che, non a caso, coincide perfettamente con quelle che sono le linee guida del 2012, anno dell’esplosione del Dream Pop, di cui i Beach House sono elegante e autoritaria espressione.

L’attesa era tanta, ed essere riuscito a vedere dal vivo uno dei gruppi che ha segnato un intero anno della mia esistenza ha un valore quasi inestimabile (qualcuno mi chiami fanboy, vi prego).

A Roma, all’esterno di uno dei locali storici della Capitale – il Piper – l’atmosfera era quella giusta, nonostante un’interminabile fila. Ma ditemi, esiste per caso una fila che non possa essere affrontata con l’ausilio di una birra e di una buona compagnia? No, ecco. Ed è quello che è successo a me, che senza neppure accorgermene mi sono ritrovato all’interno del locale. E se all’esterno del locale l’atmosfera era quella giusta, all’interno le aspettative erano quadruplicate, sembrava di essere in un’altra dimensione, in attesa di qualcosa di mistico.
Il locale è pieno – sold out anche per questa data – e mi ritrovo in fondo a tutto, immerso nella folla, lontano anni luce dal palco. Calma: tempo due minuti e grazie alla mia caparbietà e al mio essere slavo/napoletano, riesco a raggiungere la seconda fila – la foto lì sopra l’ho scattata io – a mezzo metro dal palco, pronto per una bella dose di Dream Pop e per urlare in faccia a Victoria “SEI BONAAAAAAAAA!” (true story). Manco a dirlo, in dieci minuti, tutto d’un tratto, si spengono le luci e mi ritrovo davanti Alex, Victoria e il loro batterista Daniel, che prendono posizione sul palco accompagnati da un incredibile gioco di luci, parte di una scenografia che ha senz’altro contribuito a rendere speciale questo concerto.
In men che non si dica, ha inizio la performance dei Beach House: le note di Wild riempiono il locale e cala immediatamente il silenzio tra la folla, impegnata a osservare con stupore la sagoma di Victoria (alla tastiera, al centro del palco) contornata da un fascio di luce  e Alex, che con la sua chitarra si schiera sulla sinistra. Scelta perfetta, quella di esordire con Wild, a cui segue prima Other People e poi Norway, entrambe eseguite in maniera magistrale e senza sbavature.
Che i Beach House avrebbero offerto al pubblico principalmente pezzi tratti da Bloom e Teen Dream, non era di certo un mistero, sopratutto considerando le setlist dei concerti precedenti, ma, in tutta onestà, non avrei mai pensato che sarebbero andati a toccare il primo album. Il quarto brano in scaletta, infatti, è Master Of None, quarto brano del loro self-titled debut album Beach House, unico pezzo del primo disco presente in scaletta. Chi l’avrebbe mai detto. Già che ci troviamo, vi annuncio che anche Devotion è stato leggermente ”snobbato” – come è giusto che sia – dato che l’unica canzone che hanno suonato è stata Heart of Chambers, tanto bella quanto inaspettata – se devo essere onesto fino in fondo, è una delle mie preferite. Cosa ancora più strana, però, è la presenza di Equal Mind in scaletta: questo brano è infatti contenuto nel singolo di Lazuli e non è un caso che Lazuli ed Equal Mind siano state eseguite una dopo l’altra subito dopo Master Of None.
Il concerto prosegue con Silver Soul e The Hours, entrambi pezzi di carattere esibiti in maniera impeccabile, anch’essi contornati da un fantastico gioco di luci (alle spalle della band, sul muro scuro, una costellazione di luci, con chiaro riferimento alla copertina di Bloom) e soprattutto con Zebra, che per quanto mi riguarda poteva anche non finire mai, ma visto che è stata seguita da Wishes, va tutto più che bene. Appena parte la batteria, capisco subito di che brano si tratta. La tastiera me lo conferma. Un pezzo di per sé vicino alla perfezione, ancor più vicino se ascoltato dal vivo, in quella situazione. Un’emozione incredibile donataci da Victoria e dalla sua voce, da Alex e dalla sua chitarra. Wishes finisce così, un po’ troppo presto, come tutte le cose cose belle e lascia spazio, prima,  alla preannunciata Heart of Chambers, poi a un altro brano tratto da Teen Dream: Take Care. Un altro momento altissimo del concerto, non solo perché Take Care è innegabilmente un pezzo della Madonna – chi sostiene il contrario è stronzo – ma anche e soprattutto per la verve con cui Victoria era impegnata a suonare la tastiera e a cantare. Poi sì, dopo Take Care è la volta di Myth e lì tutto il pubblico è rimasto a bocca aperta fino alla fine del pezzo, interrompendo il religioso silenzio solo alla fine e con un forte applauso, a cui è seguita l’uscita di scena della band.
Ma non è finita qui. Tempo 2 minuti e i tre si ripresentano sul palco per l’encore. Si susseguono Real Love e 10 Mile Stereo e infine il concerto si chiude con Irene, una vera e propria scarica di energia, che fa impazzire tutti, compresi Victoria che inizia a fare una sorta di headbanging e Alex, che con vigore e personalità fa vibrare le corde della sua chitarra.

Presto qualcuno mi chiederà “Qual è il concerto più bello al quale hai preso parte?“. Ecco, non sarà il concerto più bello, certo, ma è stato comunque un concerto della Madonna.  Beach House enormi.

http://youtu.be/ZI8p2t5XxVs

Setlist:

Wild
Other People
Norway
Master Of None
Lazuli
Equal Mind
Silver Soul
The Hours
Zebra
Wishes
Heart Of Chambers
Take Care
Myth
Real Love
10 Mile Stereo
Irene