Sono passati sei anni dall’ultima volta che la città di Milano ha accolto gli Arcade Fire: era il 2011, il concerto si teneva all’Arena Civica e soprattutto non esisteva Reflektor né tantomeno la prima parte di Everything Now.

Gli ultimi anni hanno rappresentato per la band canadese un periodo di fortissima evoluzione: l’estro di Win e soci è esploso sotto ogni punto di vista, arrivando in ogni angolo del globo grazie ai nuovi ritmi disco-pop e più recentemente a importanti campagne di marketing.

Ieri sera invece eravamo all’Ippodromo del Galoppo di Milano, in una location con capienza simile all’Arena Civica, ma piena a metà o poco più (si parla di 6000 spettatori circa).

Sin da subito si respira aria di un gran concerto pop mescolato perfettamente con inni arena-rock dove chiunque canta a squarciagola i cori delle varie Tunnels, Afterlife e soprattuto Wake Up – il cui coro prosegue tra il pubblico anche dopo il concerto per svariati minuti (anche grazie a Win che dirige il tutto mentre si avvia lentamente verso l’uscita attraversando il pit a pochi centimetri dai fan). Una situazione che ricorda quella dei grandi concerti pop da stadio, tra gli ultimi i Coldplay e il loro coro di Viva La Vida che normalmente riecheggia per ore dopo la fine dei loro live.

La band chiede di battere le mani a tempo (e bisogna dire che si tratta di un compito mai riuscito a nessun pubblico nella storia della musica dal vivo) e di cantare con loro, porgendoci i microfoni per tutta la durata del live, cerca un coinvolgimento forte dei fan nel proprio show: la cosa fa storcere il naso ai fan di vecchia data, che vedono una band (fino a pochi anni fa) underground cercare forme di intrattenimento che vanno oltre lo standard per una band che ha sempre esaltato dal vivo, ma che oggi si trova a confrontarsi con il grande pubblico. Converrebbe a tutti fare un grosso respiro, e capire che davanti abbiamo una band enorme, che prova a trovare strade per intrattenere, divertire ed esaltare, e prova a far staccare la spina per poco più di un’ora e mezza.

La setlist è ben bilanciata (con un inizio clamoroso tra Everything Now e Rebellion (Lies)) e suona come un greatest hits dove spiccano Reflektor, Power Out, Ready To Start e No Cars Go su tutte, con una chiusura insolita assegnata a Neon Bible a discapito di Wake Up – negli ultimi live gli Arcade Fire stanno usando ripetutamente questa nuova formula.

Ciò che ha reso sempre speciale i canadesi è la perfetta resa dal vivo: il suono rispetta quanto ascoltiamo dai vari album, ma viene amplificato, arricchito da mille sfumature che i tanti membri sul palco riescono ad offrire grazie al marasma di strumenti coinvolti nell’opera. I loro live, sempre intensi e coinvolgenti, sono oggi dei veri e propri show, in cui si mette in mostra – a volte anche troppo – tutto ciò che gli Arcade Fire vogliono comunicare con la loro musica, e con la nuova direzione che hanno intrapreso, stilistica e musicale.

Il coinvolgimento di produttori per i loro nuovi dischi (Bangalter dei Daft Punk, Murphy degli LCD Soundsystem), ha dato un plus al prodotto Arcade Fire di cui forse non sentivamo davvero la necessità, ma che la band ha scelto di adottare nell’ottica di un’evoluzione coerente, alla ricerca di una sperimentazione che provi ad esplorare nuovi sentieri musicali.

Gli Arcade Fire sono ad oggi una delle migliori band a livello mondiale: bisogna seguire le strade che provano a percorre di volta in volta e cercare di interpretarle in modo ragionato, così da poter godere sempre di più di un prodotto elaborato e di assoluto livello.

Setlist

Everything Now
Rebellion (Lies)
Here Comes the Night Time
Chemistry
Electric Blue (live debut)
Signs of Life
No Cars Go
The Suburbs
The Suburbs (Continued)
Ready to Start
Neighborhood #1 (Tunnels)
Sprawl II (Mountains Beyond Mountains)
Reflektor
Afterlife
Creature Comfort
Neighborhood #3 (Power Out)

Bis:
Wake up
Neon bible

Foto realizzate da Andrea Pelizzardi