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Come un ciclista è costretto a guardare continuamente avanti e a pedalare per non perdere l’equilibrio e come una farfalla segue una traiettoria irregolare per ingannare il predatore, gli Animal Collective devono la loro longevità alla capacità di evolvere di album in album, spesso in modo imprevedibile, e di non farsi influenzare dai successi passati, preferendo l’esplorazione del nuovo anziché la rivisitazione del vecchio.

Ci siamo recati al concerto consci di ciò e memori dell’esibizione all’Alcatraz nel 2011, con cui hanno spiazzato un pubblico che si aspettava di ascoltare principalmente i successi di Merriweather Post Pavilion ritrovandosi invece investiti da una serie di tracce sconosciute che avrebbero poi composto il loro nono album: Centipede HZ.

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Il collettivo originario di Baltimora si ripresenta a Milano in occasione della tre giorni del C2CMLN, spin-off meneghino del celebre festival torinese, aprendo la kermesse musicale con un concerto ai Magazzini Generali.

L’opening act è uno di quelli che non passano inosservati: si tratta di GFOTY, l’artista inglese della scuderia PC Music, un nome che da solo sprona ad arrivare un’ora prima dell’inizio del live degli Animal Collective. Per curiosità, più che per effettivo interesse nei confronti della sua musica. Alle 21.30 in punto inizia il suo set e nel giro di pochi minuti GFOTY riesce in un’impresa che poche volte abbiamo potuto osservare: la platea, da quasi deserta, si riempie nel giro di pochi minuti. Si tratta di un evento che ha dell’assurdo: ciò che abbiamo davanti agli occhi è sgradevole e lo è ancor più ciò che ci entra nelle orecchie. La musicista venticinquenne si impossessa del palco accompagnata da due ballerini in passamontagna e dà vita ad uno show grottesco che sortisce però un effetto paragonabile a quello di un crudissimo incidente stradale: è talmente orribile che non puoi non guardarlo. Mezz’ora passa relativamente in fretta e GFOTY scende dal palco dopo aver fondamentalmente saltellato avanti e indietro, simulato amplessi con i ballerini e cantato… ogni tanto.

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Giunto il momento degli Animal Collective, il palco viene irradiato da fasci di luce che danno vita ad un video mapping che strizza l’occhio all’arte dei primi anni del 900: due statue dietro alle 3 postazioni dedicate a Panda Bear, Geologist e Avey Tare dominano il palco e ricordano opere di Picasso e Joan Mirò mentre si alternano grafiche astratte dai colori ipersaturi. I 3 artisti entrano in scena ancora orfani di Deakin, ma accompagnati da un batterista che si siede alle loro spalle: da quel momento i Magazzini Generali si trasformano in un enorme caleidoscopio audiovisivo.

Il concerto si apre con Spilling Guts e mette in moto un intero locale praticamente sold out, generando un mare di corpi che ondeggiano, sorridono e si godono uno spettacolo che attendevano da tempo. La prima sezione del live è un susseguirsi di tracce prese da Painting With, alla canzone di apertura seguono infatti Golden Gal, On Delay e Bagels in Kiev dopo cui eseguono la cover Jimmy Mack e la prima di sole quattro tracce prese dai loro album precedenti: Bees. Proprio quest’ultima canzone crea un momento di quiete che ci permette di riprendere fiato in un momento simile alla meditazione collettiva. Dura poco. Si riprende con Natural selection e con la martellante cassa che ricrea il clima di festa che ci aveva pervasi. La traiettoria è quella di una parabola ascendente perché seguono immediatamente Summing The Wretch e il primo singolo estratto dalla decima opera del trio: FloriDada, l’unica traccia che anche la platea riesce ad intonare. Quello che ci aspetta è però probabilmente il momento più alto del live, l’apice della parabola: Loch Raven, un inno che ci immobilizza, ci chiude gli occhi e ci fa alzare le braccia (e qualche accendino). The Burglars è l’ultima canzone che suonano prima di abbandonare temporaneamente il palco,  per poi tornare sotto i fasci di luce psichedelica e chiudere con Lying in the grass, Alvin Row e Daily Routine.

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Il pubblico che ci ha circondati era uno dei più rispettosi e genuinamente interessati al live che abbia visto negli ultimi anni. Nessun telefono perennemente sorretto da un braccio teso, nessun coro, nessun comportamento infantile. Eravamo tutti lì per un solo motivo: goderci il ritorno degli Animal Collective. Poco importa che non abbiano suonato grandi successi come My Girls o Today’s Supernatural e poco importa se Painting With non ha forse soddisfatto al 100% le nostre aspettative.

Agli Animal Collective va riconosciuto il grandissimo merito di aver trasformato i pezzi di quest’ultimo album, districandoli dalla loro compattezza e rendendoli adatti al live, con intro e code più complesse. L’unica nota dolente è costituita dall’acustica dei Magazzini Generali, ancora una volta non totalmente all’altezza degli artisti che ospita e in questo caso colpevole di aver impedito il nascere di una sinergia, creando invece una frattura tra la batteria e i 3 Animal Collective.