Foals

Foals

Per chi vive in Veneto, associare la propria regione a grandi concerti o addirittura a dei festival, tralasciando certi casi, non è proprio automatico. Succede però che proprio in provincia di Treviso si sia svolta la seconda edizione, stavolta più in grande, dell’AMA Music Festival.

L’anno scorso avevamo potuto gustarci, con una formula ridotta rispetto a quella di quest anno, artisti del calibro di VerdenaGogol BordelloDigitalism. Quest’anno ad Asolo quelli dell’AMA han voluto fare le cose più in grande, portando all’Asolo City Park ben sei giorni di esibizioni con artisti emergenti o fortemente affermati. Il tutto in una cornice immersa nel verde, con due palchi e la possibilità di poter anche fruire degli stand al suo interno dedicati allo street food, alle birre artigianali e alle bancarelle. Un festival che è cresciuto e intende farlo ancora, si spera, nelle prossime edizioni, e che abbiamo seguito nelle sue scelte coerenti per tutta la sua durata.

Ecco quindi il riassunto di questi giorni immersi nel verde asolano.

GIORNO 1

CRLN

CRLN

Come riportato da quest’altro nostro report, il primo giorno è stato quello dell’attesa spasmodica per la performance dei Foals che, per iniziare col botto, gli organizzatori han deciso di piazzare già al day one.

Andando con ordine: prima dei Foals abbiamo avuto il piacere di gustarci l’electro-pop di CRLN, della quale siamo rimasti piacevolmente colpiti (per non parlare del fatto che segue Deer Waves con attenzione), e il folk di Mike Bird, nella numerosa squadra degli artisti quasi emergenti chiamati ad esibirsi ad Asolo. La sera, poi, arriva il momento che giustifica la presenza di molte delle giovani presenze tra il pubblico, spesso anche accompagnate dai genitori. Tra le grida di numerose ragazzine ecco che inizia l’esibizione dei The Neighborood, una delle pochissime note stonate dell’intero festival per la quale l’aggettivo usato, volendo, potrebbe calzare tranquillamente a pennello nel caso volessimo riferirci al cantante della celebratissima band californiana.

Giusto il tempo di smaltire il disastro ed ecco che al Circus (il secondo palco) inizia l’esibizione dei Soviet Soviet, che riporta in alto i nostri spiriti e ci scalda quanto basta per l’arrivo del main event giornaliero. Il live dei Foals è, almeno per noi, uno dei punti più alti dell’intero festival. Già alla terza canzone, Olympic Airwaves, eravamo persi con gli occhi a cuoricino come gli emoji che usiamo su Whatsapp. Poco da aggiungere, quindi, se non dei grandi complimenti ai tecnici delle luci che durante il live dei Foals, e i live successivi, hanno saputo creare uno spettacolo nello spettacolo. Fermo restando che ci aspettavamo, magari, un paio di canzoni in più (segnaliamo anche l’intervista fatta proprio alla band in occasione del festival: potete trovarla qui).

GIORNO 2

Il secondo giorno a darci la sveglia ci pensano gli Hund, una band emergente proveniente dal veneziano che dimostra una notevole dimestichezza nel gestire sonorità potenti e carisma nonostante la giovane età che sembra contraddistinguerli. A seguire, col sole che si stava abbassando ma che ancora giustificava la presenza degli occhiali da sole a coprire le nostre retine, i Mother Island ci portano con la loro musica direttamente ai titoli di testa di un film di Robert Rodriguez.

Decidiamo di visitare le bancarelle per vedere cosa gli stand ci offrissero, pur restando con l’orecchio teso a cercare il tappeto sonoro della band che accompagnava il crescente affollarsi dell’Asolo City Park. Subito dopo scopriamo, purtroppo, che a causa di motivi di salute BIRTHH ha annullato la sua esibizione. Ci consoliamo con quella che, per quanto mi riguarda, è stata la prima sorpresa dell’AMA Music Festival, ovvero l’esibizione degli Sticky Fingers. Arrivano saltellando sul palco, il cantante cita un “Buongiorno principessa” (quanto basta per ingraziarsi il pubblico) di Benigniana memoria, mentre alle tastiere potevano contare su niente meno sul sosia di Abatantuono in Attila Flagello di Dio.

A seguire, Motta, che porta a casa un live senza pretese, e sembra che il pubblico lo apprezzi fortemente – a conferma della critica positiva che ormai da tempo lo accompagna: si vede che moltissimi questa sera sono qui principalmente per vederlo. E su La Fine Dei Vent’Anni partono i classici cori, tra gli assiepati in transenna che più si facevano sentire e il resto del pubblico che tranquillo ciondolava in fondo al tendone del Circus.

Si arriva così al secondo main event della sei giorni asolana, ovvero il live dei Kula Shaker.

Una scaletta con la quale han mescolato qualche vecchio pezzo con alcune delle tracce più riuscite del loro album del 2015 K2.0, come Love B With U o Infinite Sun. Tra le cose che abbiamo apprezzato di più del live della band inglese sicuramente il bimbo di due o al massimo tre anni presissimo dalle note tracciate dalla chitarra di Crispian Mills e soci, si dondolava sulle spalle del padre che conosceva praticamente ogni testo a memoria. Allo stesso modo, non abbiamo potuto che apprezzare la citazione, verso la fine del live, del main theme di Star Wars: un accenno che i più attenti tra il pubblico hanno accompagnato con un sonoro applauso.

GIORNO 3

La terza giornata di sole all’AMA si apre con il live di Camilla Fascina, che subito ci tiene a segnalarci di essere tornata da Chicago con i pezzi che ci sta presentando. Accompagnata dalla sua chitarra ci dimostra di avere alle spalle molto lavoro sulla voce, ma pecca nel songwriting che ci risulta non proprio memorabile o, perlomeno, ci rimanda a quando eravamo piccoli e alla radio passava Alanis Morissette. I Vertical, a seguire, salgono sul palco con delle vestaglie alla Hugh Hefner e, dopo aver fatto incazzare il fonico, si dimostrano una band progressive senza particolari pretese.

Finalmente, con l’affollarsi dell’Asolo City Park, arriva uno dei momenti che più attendevo di questo festival: il live di GIUNGLA. Con la sua chitarra e la loop station, Emanuela Drei ha saputo attirare il pubblico che stava inizialmente dirigendosi verso gli stand e, a mio parere, a confermare ancora una volta le critiche positive che sono arrivate in seguito alla pubblicazione del suo primo EP.

A seguire, nel palco principale, si sono esibiti gli Ex-Otago (qui sopra in foto) i quali dichiarano con la prima canzone che i giovani non valgono molto, e ha senso: forse anche a causa del fatto che il prossimo ad esibirsi sarà Bennato, i giovani non son tantissimi, per cui giocano in casa. Portando un po’ dell’atmosfera del Primo Maggio, durante un live comunque convincente, han deciso di meritarsi gli applausi scroscianti con la loro cover di The Rythm Of The Night. Apprezzatissima da noi anche la citazione a Joao Gilberto in Costa Rica, come anche il fatto che sembravano contentissimi di essere lì a suonare per noi.

Si arriva all’esibizione di Verano sul secondo palco, accompagnata dalla band e da una scelta di volumi non proprio facilmente assimilabile.

Del set di Bennato vorrei segnalare un po’ di cose. Anzitutto che mi ha fatto davvero specie che io, dopo soli tre giorni di festival, dall’alto della mia giovane età, risultavo già affaticato, mentre lui con i suoi 70 anni portati benissimo avrebbe potuto, dopo un live dove di certo non si è trattenuto, portarmi a casa in spalla. Oltre ovviamente al fatto che mai avrei creduto di entusiasmarmi tanto ad un live di Bennato, segnaliamo anche una veloce apparizione di Ringo di Virgin Radio sul palco, totalmente a caso.

GIORNO 4

Sempre carichi, superiamo per la quarta volta la minuziosa perquisizione degli uomini della sicurezza alle transenne.

Dopo aver dimostrato che non c’è cibo dentro i nostri zaini, corriamo verso il Circus per assistere al live già incominciato dei Bee Bee See, i quali da subito ci fanno pensare ai Fugazi se questi ultimi fossero stati delle persone felici. Di seguito il live dei Thee Oh Sees, ovvero uno di quegli eventi per cui ringrazi fortemente di esser vivo e di essere presente. Se volessimo descrivere il loro live con un titolo da clickbait à la Libero, sarebbe una cosa come:

“Potentissima band americana asfalta cittadina veneta: non crederete mai a quello che è successo”.

A rendere il tutto ancora migliore, il contrasto creato da una giovanissima presente che, tradendo le aspettative che chiunque si sarebbe potuto fare vista la sua giovane età e la tracolla di Violetta, ha davvero apprezzato la band di San Francisco, o anche la maglia del bassista a tema Donald Trump.

Tra l’esibizione dei Thee Oh Sees e il main event del giorno, di cui dopo parleremo in modo abbastanza approfondito, segnaliamo la performance di Daniele Sciolla e il dj set non proprio riuscitissimo di Pluswell che, confrontato al seguito, è stato un po’ come una sconfitta per 6a0 al Camp Nou. Ecco, quindi, che arriva il momento di Steve Aoki.

Onestamente eravamo pronti al peggio, ma il produttore statunitense ha saputo davvero conquistarci e, credetemi, siamo ancora parecchio sbigottiti a causa di ciò. A prescindere dai visual di altissimo livello, bastano davvero i cannoni che sparano fuoco, quelli che sparano fumo, quelli che sparano coriandoli a centinaia di metri tra un drop e l’altro, per sedurci? La risposta è sì: il set di Aoki è stato un tuffo nel passato, a quando andavamo alle feste sfigatissime dove a fare il dj era il tuo amico che se la tirava perché aveva le consumazioni gratis. Abbiamo assistito ad una studiatissima ma altrettanto piacevole esibizione di una persona che sa come intrattenere il suo pubblico: dal chiamare quattro adolescenti dal pubblico a lanciare il drop, ai continui salti sul tavolo, al fatidico lancio (doppio) della torta sul pubblico, ci siamo riscoperti più giovani e forse un po’ meno snob.

Ci piace pensare che nella storia di Snapchat di Aoki, lontano dall’inquadratura, tra i pixel più scuri, ci siamo noi che balliamo e che facciamo il giro del mondo.

"We threw this show in ASOLO the oldest city in Italy. ???" ?: @steveaoki Not sure if the oldest but the most beautiful for sure! :D

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GIORNO 5

Molto confusi a causa delle nuove scoperte nella frontiera dei nostri gusti musicali, siamo arrivati al penultimo giorno del festival.

Pur essendo giunti sul posto in ritardo, notiamo la potente performance degli Arsenale’s in apertura: un gruppo che farà la gioia dei nostalgici dei Does It Offend You, Yeah, e di ciò che ci girava intorno.

Nonostante si andasse ormai verso il tramonto, gli ultimi due giorni di festival sono stati i più caldi, e, riparati dall’ombra del main stage, abbiamo potuto ascoltare il godibile pop degli OSC2X, conosciuti ai più per la loro partecipazione ad X Factor nel 2015. Un live che ci ha convinto, non più di molti altri, ma abbastanza perché lo citassimo positivamente.

A seguire, L I M decide di mandare a casa tutti: dal vivo le sue canzoni sanno assumere una forza molto più consistente che da disco, e a dimostrarlo il capannello di curiosi accorsi in fretta e piacevolmente sorpresi già dopo poche tracce. Ancora una volta, poi, l’uso sapiente dei suoi curatissimi visual riesce a trasportarti in una sorta di trance dalla quale ti svegli ad ogni applauso per poi ricadere fino alla fine della traccia successiva.

Dalle note più morbide di L I M all’elettronica più cupa dei Niagara il passo è stato così grande che, pur apprezzandoli, non siamo riusciti a stare molto a lungo sotto il tendone del Circus. Ci avviamo quindi al main event serale con l’atteso dj set di Vitalic che abbiamo seguito mangiando un ottimo panino al Churrasco allo stand argentino.

GIORNO 6

Durante l’ultimo giorno di festival, ci troviamo a dover fronteggiare la giornata forse più indie dell’intero festival.

Ad aprire le danze i Mary In June, con quel già sentito che convince e non, e che a tratti potevano ricordare in parte i Fast Animals And Slow Kids. Un’altra performance, tra quelle del festival, degne di nota, è stata quella dei Giorgeness: musicalmente non innovativi, ma la cantante ha probabilmente una delle migliori voci che abbiamo potuto ascoltare durante questa sei giorni. Facendo un salto in avanti arriviamo a quella che ci sentiamo di definire l’unica macchia in tutto il festival, ovvero l’esibizione dei Los Massadores. Per chi ha visto Boris, la serie, basta immaginare una band composta da cloni di Martellone, che fanno canzoni ironiche in dialetto veneto. Ho pregato perché il drone che sorvolava il festival mi cadesse in testa e terminasse il supplizio. Se poi questi decidono anche di restare sul palco a suonare nonostante i limiti imposti dall’organizzazione sulle tempistiche, facendo scalare i tempi delle esibizioni successive, ecco che non possiamo che provare un certo risentimento nei loro confronti, per così dire.

Fortunatamente per noi a seguire c’erano i Gazebo Penguins: dopo averli visti dal vivo tre volte con questa, non tantissime per carità, sanno comunque emozionare come se fosse la prima, specie se chiudono il set con Nevica, come han fatto proprio ad Asolo. Ad aspettarci dopo i Gazebo Penguins, un’altra esibizione parecchio attesa e sentita che ha completamente sovvertito i nostri pronostici in merito.

Ci stiamo riferendo a Calcutta, che ha saputo imbastire un buon live, con una scaletta ben organizzata e degli ottimi siparietti fra una canzone e l’altra. Se la luna di miele di Calcutta con la critica sembra essere in netta flessione, nel mondo reale il pubblico lo sostiene fortemente, e anche il livello stesso del suo set fa ben sperare sul futuro dell’autore di Mainstream e Signore del Trending Topic dell’indie italiano. Neanche il tempo di capire se Calcutta abbia davvero finito o abbia fatto finta di fare un altro encore, che inizia il live di Cosmo. Un live così trascinante che la gente inizia a ballare sotto il palco nella prima canzone, e finisce a ballare sopra il palco con Cosmo e la band all’ultima canzone.

Con il live dei Tre Allegri Ragazzi Morti, poi, si conclude la nostra esperienza asolana e, con essa, anche il festival per quest anno.

Ama Music Festival dalla luna! Fantastici!

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Credo che sostenere un festival che ha saputo eterogeneamente mescolare generi e artisti emergenti e non, contesti più o meno mainstream (se ancora si può dire), in una zona spesso ai margini per quanto riguarda certi grandi eventi come il Veneto, possa solo fare bene alla realtà musicale non solo locale, ma anche italiana.

Francamente non vediamo l’ora di tornare ad Asolo e di leggere, nei prossimi mesi, i primi nomi annunciati per la prossima edizione. Magari, perché no, crescendo ed osando ancora di più. Nel frattempo ci riposiamo tutti, e lasciamo che gli organizzatori si godano il giusto entusiasmo derivato dal successo del loro evento.