In Norvegia hanno un’ idea un po’ stereotipata del caldo, di cosa vuol dire starsene su una spiaggia tropicale a godersi la giornata sorseggiando cocktail. Questi dodici ragazzi però provano comunque a scrivere un disco che può essere più facilmente collocato tra le calde onde lontane che nelle lande ghiacciate della terra natìa.

Le prime canzoni ti trasportano effettivamente su una di quelle isole dalla spiaggia bianca che vediamo nelle foto e che ci suscitano sensazioni di relax estremo e invidia, mentre restiamo di fronte allo schermo del nostro computer chiusi in casa e circondati dal cemento.

Footprints è un piccolo gioiellino pop, con un ritornello molto catchy, circondato da percussioni marcianti e un coretto allegro che ritroveremo spesso nel progredire con l’ascolto. Wounded Hearts Forever mette di buonumore, finalmente sotto la palma che ti sei scelto per riposare arriva la bevanda ordinata al bar, servita un un guscio di noce di cocco e tutto va molto bene, poi arriva Fog Of War e tu hai appena finito di bere, ma ad un tratto torna il cameriere e ti dice che quei tipi laggiù ti hanno offerto un altro drink. Ti giri e li vedi, tutti e dodici gli Young Dreams che ti guardano mentre fanno dei coretti e ti salutano con la mano. Inquietanti, ma ringrazi e continui a bere. Il problema è che la storia si ripete, tutto molto carino ma dopo dieci drink offerti inizi a stare male, li guardi ma gira tutto e loro sorridono e fanno ciao e lo sai che sono bravi ragazzi che vogliono farti stare bene ma tu non ce la fai più.
Ti svegli la mattina dopo e gira un po’ la testa, ma loro sono ancora lì a suonare Young Dreams, ultima traccia del disco, con quella linea di basso coinvolgente e le chitarrine pizzicate, per non parlare dei sintetizzatori vibranti sullo sfondo.

Il loro problema è proprio l’idea stereotipata che hanno di tropicale, dato che le canzoni si assomigliano molto tra loro, rappresentano sempre il solito scenario, soprattutto nella parte centrale del disco dove pure la durata eccessiva di alcuni pezzi (The Girl That Taught Me To Drink And Fight, 10 minuti e 55 secondi) non aiuta  a conferire alle canzoni l’ idea di leggerezza che si sono imposti di rappresentare. Prese singolarmente le tracce sono valide e coinvolgenti, ma ascoltare tutto l’album di seguito diventa un’ impresa faticosa che purtroppo finisce con l’annoiare. Il loro vero problema è che sono norvegesi.

Tracce consigliate: Young Dreams