Parlare nel 2016 di un nuovo disco degli Wilco non è cosa facile. La creatura magna del talentuoso Jeff Tweedy arriva con Schmilco all’album numero dieci e continua a crescere con l’età, ma senza slanciarsi in avanti o diventare davvero grande. Il fatto è che era già grande quando ha iniziato, e ora pare si stia lentamente ritraendo, ma alla sua maniera.
La copertina è stata creata dal disegnatore catalano Joan Cornellà, che se non avete vissuto in un bunker conoscerete per il suo stile cartoonesco, grottesco e splatter fino al surrealismo. Il disco è stato registrato nella stessa sessione che l’anno scorso ha sfornato Star Wars; se però quest’ultima era un’opera più elettrica, Schmilco ne è la controparte basata sull’acustica, sul folk e sull’americana. Si tratterebbe di un disco mediocre se si considerasse solo la parte musicale; fortuna vuole però che Tweedy sia ancora un buon paroliere e ogni tanto tira fuori una frase dal suo cappello da cantautore, una di quelle che sembrano buttate lì e che invece restano in testa, percepite come verità assolute però con un sorrisino sul volto. Questi momenti allontanano l’idea degli Wilco come dei tipi che si prendono sul serio e che indossano dei cappelli da cowboy e una spiga di grano in bocca: da “I hope you find someone to lose someday” a “happiness depends on who you blame” a “even when I run I’m crawling” gli Wilco di Schmilco restano coi piedi per terra e pienamente autocoscienti del loro lavoro. I pezzi sono brevi, solo uno supera i quattro minuti, e i migliori si trovano all’inizio e alla fine del disco: Normal American Kids e If I Ever Was a Child danno il La agrodolce a tutta l’opera, e We Aren’t the World (Safety Girl) (che cita ovviamente We Are The World del collettivo USA for Africa) e Just Say Goodbye salutano in levare ma senza magniloquenze.
Dopo che gli Wilco hanno espanso i limiti dell’americana in dischi come Yankee Hotel Foxtrot e A Ghost Is Born, hanno perso mano a mano lo spirito esplorativo e sperimentatore, continuando a scrivere buoni dischi ma che mancano di quella scintilla che fa memorabilità. Schmilco non fa eccezione e fa parte del ritrarsi degli Wilco verso le dimensioni musicali minime, verso il nucleo dell’americana; non mancano dei momenti di ricerca sonora (la sezione atonale di Common Sense), ma l’idea che resta è quella di una veranda dell’Illinois e non di uno studio musicale d’avanguardia.
Quale sarà il prossimo passo? Un disco di una mezzoretta di bluegrass autoironico? Dai, pazienza, lo ascolteremo lo stesso, l’impronta di Tweedy e soci si sente sempre e agli Wilco si vuol bene. Che poi è il motivo per cui continuiamo ad ascoltarli allegramente nonostante il calo qualitativo.
Traccia consigliata: Normal American Kids