Storie di sophomore. Da quando successero cose come Neon Bible alcuni second album sono stati capaci di trasmettere la vera stoffa di una band, che oggi sembra tradursi più in “ok, siamo versatili e possiamo adattarci a quello che tira” che “ok, facciamo un album”.

Nel 2k13 non c’è tempo per altre chance, visto che possibilità di trovare altro “simile” ce ne sono fin troppe. La Captured Tracks e i Widowspeak conoscono bene la storia e dopo averci entusiasmato per tutti i vasti contenuti del loro self-titled due anni fa, vagando tra dream pop sconclusionato e country d’annata, delucidano il repertorio grazie alla mano calibrata del produttore Kevin Mcmahon (Real Estate, Swans, Titus Andronicus, insomma non uno a caso).

La fine dei rapporti con Michael Stasiak e quindi l’esclusione della batteria dal sound di Almanac, è stato solo un passaggio di crescita della band, che invoca continuamente potere alle chitarre, ma che allo stesso tempo si addormenta scomodamente in un aeroplano abbandonato nelle foreste. La riservatezza del passato è diventata schiettezza. Come location per le registrazione dell’album, l’Hudson River Valley ha spinto i nostri a scrivere e a farsi ispirare da ritmi naturalistici, ascoltando soundtracks dei migliori western e Black Mountain a ripetizione, mischiando un look anni 50′ ad un appeal psych rock di stampo americano.

Questi contrasti regnano gioiosamente al crescere degli ascolti, anche se tutto è reso atemporale dalla voce di Molly Hamilton, lavorata per essere eterea e per dare ossigeno alle melodie delicate, ma che in alcune circostanze, come in Locust, rischia il monocorde, somigliando più ad una Carla Bruni che a Nico.

Le distorsioni, calibrate egregiamente nella montagna sonora di Ballad of Golden Hour, o nella ballata desert malinconica Sore Eyes, sono vincolate all’intero senso dell’album. Dyed in the Wool ci indirizza nell’area emotiva delle liriche di Molly, in perfetta simbiosi con gli accordi chitarrosi, insieme a Thick as Thieves, un piacere per le nostre orecchie.

Almanac è ciò di cui Widowspeak avevano bisogno: trovare la formula contro la timidezza. Adesso sì, sono se stessi.

Lo saranno almeno fino al prossimo disco? O sono soltanto degli hippie pettinati?

Recommended tracks: The Dark Age, Ballad of Golden Hour.