Ogni volta che i Weezer pubblicano un disco, parte una specie di roulette russa, ma al posto del proiettile c’è un bel disco e gli spazi vuoti del caricatore sono album di merda. Quante volte è successo ormai? Per ogni Blue Album, Pinkerton, White Album quanti bocconi amari abbiamo dovuto inghiottire? Hurley, Raditude, il Black Album, Pacific Daydream… La cosa migliore da fare è tapparsi il naso, puntarsi la pistola alla tempia e incrociare le dita.
OK Human è il primo capitolo del 2021 dei Weezer, in attesa dell’ormai mitologico Van Weezer in uscita a maggio. Se quest’ultimo è stato presentato come un tributo (già dal nome) ad anni Ottanta e chitarroni, OK Human le stesse chitarre le prende e le chiude in soffitta a doppia mandata, sostituendole con archi e pianoforte e ispirandosi liberamente a classici del pop come Pet Sounds e Let It Be (hai detto poco). Le voci sulla parodia dei Radiohead rimangono confinate esclusivamente al titolo; OK Human è un disco pop al 100%, che abbassa volutamente i toni per permettere alle canzoni della band di uscire finalmente allo scoperto, così come al talento come songwriter di quel nerd di Rivers Cuomo.
Anche stavolta il singolo di lancio è stato azzeccatissimo: All My Favorite Songs è infatti già un classico, uno spaccato perfetto su come non sempre le cose positive sono quelle che ci rendono felici, la vita è un’infinita scala di grigi e tutte quelle cose lì insomma. Il pezzo è pazzesco, ha un ritornello clamoroso e andrebbe considerato già oggi tra le cose migliori mai pubblicate dai Weezer. Il resto dell’album è all’altezza? Nì. Ci sono altri pezzi incredibili (Aloo Gobi, Numbers, Dead Roses) e altri più banali che sembrano usciti da un musical fatto in fretta e furia (Bird With A Broken Wing, La Brea Tar Pits, Here Comes The Rain).
Poi ci sono quelli che mi hanno divertito di più e su cui il giudizio quasi viene sospeso: Playing My Piano ha un testo davvero ingenuo e una grandeur talmente plateale che mi fa talmente ribrezzo da fare il giro e diventare splendida. Screens è la più uptempo della scaletta e la musica si contrappone alla perfezione al testo da boomer di Rivers Cuomo sul progresso tecnologico e “i giovani d’oggi che stanno tutto il tempo davanti agli schermi ai miei tempi ci bastava un pezzo di legno e vedi come ci divertivamo, signora mia in che condizioni siamo ridotti”.
La scrittura di OK Human è stata completata durante il lockdown e si sente: ci sono le chiamate su Zoom (Playing My Piano), il perdersi negli audiolibri (Grapes Of Wrath) e l’evitare luoghi affollati (Aloo Gobi), e c’è probabilmente tutta la voglia, soprattutto musicale, di disintossicarsi dall’overdose di chitarre del prossimo Van Weezer (che è stato comunque registrato prima di questo). Il gioco funziona? O è l’ennesimo inside joke di una band ormai abilissima a recitare la parte di parodia di sé stessa? Purtroppo OK Human funziona a metà, diviso tra suoni scintillanti, brani memorabili e pezzi melensi, con i testi di Cuomo che passano rapidamente dalle stelle alle stalle, da nuovi instant classic a frasi al limite del cringe.
OK Human verrà salutato dai più come il ritorno alla forma migliore, sia dai fan che dalla stampa, e verrà forse definito come l’effettivo ingresso della band nell’età adulta. Ma nella roulette russa di prima il caricatore si è inceppato, il tanto atteso “clic” non arriva, e non bastano gli zumzum dei violini e i plinplon dei pianoforti per dare ai Weezer il tono di chi è appena tornato rilevante nel #grandeschemamondiale della musica. L’operazione classic pop è finita in tregua, puntiamo tutto sui chitarroni di maggio.
Tracce consigliate: All My Favorite Songs, Numbers, Dead Roses