Visa è il primo disco di Sasu Ripatti aka Vladislav Delay ad uscire sulla sua omonima etichetta, Ripatti appunto. Il titolo Visa deriva poi dalla mancata concessione del visto che gli avrebbe permesso di calcare il suolo americano per presenziare e suonare all’Unsound Festival.
Queste due premesse sono, a mio avviso, fondamentali per capire un disco il cui suono e le cui impalcature paiono fragili, destabilizzate, insicure, ma allo stesso tempo libere da ogni vincolo e schema, diretta rappresentazione e fluire senza filtro del contorto quanto geniale estro dell’artista. Certo Ripatti nella sua carriera ci ha sempre abituati ad aspettarci di tutto: torsioni, giri in tondo, magnifiche evoluzioni e stagnanti rarefazioni, ma in questo ultimo lavoro tutto pare intimo e personale (ma è una frase che già è stata detta e che sarà ripetuta, me lo auguro vivamente).

Dissonanze, convergenze, vibrazioni profonde.
Luci annebbiate e oscurità abbagliante.
Field recordings grezzi, diretti.
Perenne attesa di un qualcosa, un qualcosa che non arriva mai.
Le percussioni non sono tali, sono battiti fugaci di un cozzare poco chiaro.
Il glitch non è il glitch stesso ma è la melodia, in secondo piano ma evidente nel suo manifestarsi.
Liberazione.
Staticità ambient che inchioda al suolo.
Bianco accecante, sporco, freddo fuori e pieno di calore umano dentro.
Giorno e notte e giorno, susseguirsi e avvicendarsi quotidiano di gioia, dolore, incertezze e delusioni.

Visa è l’autoritratto di Vladislav Delay, di ciò che la sua musica rappresenta oggi.
Domani chissà.

Tracce consigliate: Viimeinen, Viisari.