VITALIC
THE RAVE AGE – Different Recordings

Quando Skrillex e i suoi compagni di droppate erano ancora a poppare i loro primi biberon pieni di latte e MDMA, Vitalic era già era in giro a far tremar casse da parecchi anni, con pezzi che si muovevano fra Techno, Electroclash e canzoni perfette per far bagnare le mutande dei music editor di Need For Speed. Ora che la nuova ondata di rave da stadio è diventata un fenomeno non solo per i soliti debosciati europei, ma per la prima volta anche per un folto pubblico di manzi americani, il buon Vitalic si sarà giustamente chiesto il perché non buttarsi anche lui dentro alla mischia, per non lasciare tutta la gloria a questa mandria di yankees ultimi arrivati. E così, mentre in America si parla di età dei rave con una ventina d’anni di ritardo abbondanti rispetto al pubblico di questa parte dell’oceano, ecco che lui se ne esce con un album dal titolo che potrebbe sembrare uno specchietto per le allodole perfetto per il momento: The Rave Age. Però il nostro franco-ispanico-italiano non è uno sprovveduto, e le sue cosette le sa poi fare bene: quelle cosette che anche nel 2012 si chiamano né più e né meno che techno-trance, e che rappresentano qui i 9\12 delle componenti dell’album. Il che non è un male: se sai fare un pezzo come Stamina, perché proporre un pezzo fondamentalmente inutile come Vigipirate, buono giusto per far vedere ai tuoi amici dj che “guarda, so abbassare anch’io il contatore dei bpm di Ableton”? E se sei capace di comporre un pezzo come No More Sleep, che suona esattamente come uno di spin off di Stress dei Justice, a che ti serve poi provare a fare l’Armin Van Buuren in Under Your Sun? Dai, che le voci femminile che sai usare bene tu dai tempi di My Friend Dario non sono quelle da aperitivo campano a Ibiza, ma quelle metalliche e un po’ sporche di La Mort Sur Le Dancefloor. Lo sai anche tu che è quello che vogliono da te quei manzi americani, e pure noi debosciati europei.