I Twerps si sono fatti attendere e, dopo più di quattro anni a chiedersi come si chiamasse quel gruppo di australiani col nome sciocco, hanno fatto la loro ricomparsa. Sono arrivati con in una mano il contratto con la Merge Records e nell’altra il loro nuovo LP che si chiama Range Anxiety ed è stata davvero una bella sorpresa.
Nel 2011 avevano seminato con il disco omonimo, influenzato dalla produzione della storica Flying Nun Records neozelandese (il loro obbiettivo, a sentire i Twerps, era scrivere una canzone come questa dei The Clean) e avvicinato, per come suona, al primo disco dei loro “simili” americani, i Real Estate. Oggi raccolgono, col secondo LP Range Anxiety che ci si aspetta possa essere quello della maturità stilistica.

Questa volta si ha l’impressione che una profondità musicale più complessa si celi sotto la coperta di lo-fi con la quale i quattro di Melbourne coprono il loro sound. Non sono più solo le melodie facilone (nel senso più buono del termine, per orecchiabili o catchy) o le chitarre distorte e sporche, la batteria ad alto volume, le progressioni armoniche un po’ 80s, la tendenza all’indie pop; c’è un’attenzione nuova al suono, dai synth che appaiono indolenti facendo finta di niente ad arricchire un tappeto sonoro prezioso alle doppie voci ai testi. Il rischio in questo genere che loro chiamano – proprio in caps lock – JANKY POP è il diventare stucchevole a lungo andare, o non entrare necessariamente in testa nonostante le parti chitarristiche melodiche siano piacevoli da sentire: insomma un pendolo eterno tra il “che carino ciò che sto ascoltando” e il “non ricordo cos’ho appena ascoltato”. In mezzo al percorso di questo pendolo ci sono i pezzoni, come il singolo I Don’t Mind, piccolo inno all’insofferenza scandito dai tom ipnotici di Alex MacFarlane, l’elegante White as Snow o la rapida Stranger cantata splendidamente da Jules McFarlane.

La parte vocale di questo Range Anxiety appunto merita una menzione a parte, perché il passo in avanti rispetto al disco precedente è palese: la voce maschile di Marty Frawley è lievemente fuori tono, strascicata, e si scambia i ruoli con quella Jules McFarlane che è scandita e precisa. I testi stridono con le melodie solari – d’altronde in Australia a gennaio è estate – e smentiscono l’apparente allegria dei Twerps: sono storie personali un po’ amare che rendono i 41 minuti di Range Anxiety un ascolto agrodolce, non superficiale anche su questo punto di vista.

E insomma, al 42esimo minuto cosa resta? Range Anxiety è un buon disco, i Twerps hanno affinato ancora di più la loro personalità e il loro suono in questa seconda fatica e continuano a covare e produrre buona musica, ma senza eccellere. Nonostante la monotonia che ne consegue, una vaga pigrizia serpeggia, non permette di opporsi e lascia che il disco scorra anche nei suoi momenti più mosci. Non sarà mai un brutto disco, ma neanche il disco della vita: sicuramente un bell’ascolto, ma non vi tatuerete di certo la sua copertina sulla schiena.

Tracce consigliate: I Don’t Mind, Back to You.