Nel 2016 Jeremy Bolm , leader dei Touché Amoré, temeva di aver pubblicato un disco (Stage Four) che avrebbe intimorito molti: oggi, nel 2020, la sua band è ascrivibile all’elenco di quelle quasi intoccabili. Quello che ha fatto Stage Four è senza dubbio più grande di ogni possibile descrizione: ci ha consegnato uno dei migliori album post-hardcore degli ultimi vent’anni, ha permesso ad un figlio di scendere a patti con la morte della madre, ha allargato il bacino d’utenza di una band destinata a rimanere di nicchia e ha portato molti fan – vecchi e nuovi – ad affrontare i propri lutti con uno spirito nuovo, spesso rivolgendosi proprio a Jeremy per consigli o parole di conforto, sia nei corridoi sudati dopo i live, sia in privato sui social.

Tutti contenti allora? Non proprio. Scrivere un album sul lutto non ti rende un esperto in materia, non ti dà le competenze per sostituirti ad uno psicologo e probabilmente non ti regala neppure la voglia di ascoltare le storie tristi di persone che credono in te, che ti elevano a modello, perché quelle storie tengono aperta una ferita che aveva appena iniziato a rimarginarsi e, soprattutto, non hai consigli decenti da dare, perché non ce ne sono proprio.
Jeremy ne aveva già parlato in Deflector (canzone pubblicata nel 2019 e inclusa anche qui). ma aveva paura di passare per lo stronzo della situazione, finché durante le registrazioni di Lament non gli è scattato qualcosa e ha scritto I’ll Be Your Host:

I’ll be your host
Against my will
Against my will
At what point, is enough enough?
I don’t want this role, I give it up

Lament è la risposta di Jeremy Bolm e dei Touché Amoré a tante cose. Alla mourning campaign di cui il leader della band è suo malgrado capofila. Alla rabbia nel vivere nell’America di Trump (Reminders, A Forecast). Alla sensazione di non essere abbastanza (Feign). Ma è anche un grazie, un saggio sulla potenza dell’amore, del supporto e dell’esserci gli uni per gli altri (Come Heroine, Limelight). Musicalmente i Touché Amoré sono rimasti gli stessi, migliorando: ogni brano di Lament è un iceberg, dove la punta è il solito post-hardcore cazzuto ma evocatore di feels, mentre sott’acqua le chitarre si intrecciano con soluzioni nuove, la sezione ritmica picchia forte ma non rinuncia all’esplorazione e le melodie sono le più ispirate e -possiamo dire? – catchy mai ascoltate in un album della band di LA. Da un lato il merito va dato a loro, che, pur in un fragile equilibrio, paiono camminare sulle acque, dall’altro possiamo ringraziare anche Ross Robinson, produttore detto anche “il padrino del nu-metal”, l’uomo dietro agli album di Limp Bizkit, Korn, Slipknot, Glassjaw e At The Drive-In. Insomma, uno che di rendere accessibile un certo tipo di musica “dura” se ne intende.

Questa nuova vena melodica della band non comporta che i Touché Amoré si siano rammolliti, anzi. Come Heroine apre Lament a mille all’ora, pur concedendosi anche attimi più quieti, mentre Exit Row è un missile hc che non avrebbe stonato su Is Survived By. Pure i brani più – aprite mille virgolette – radiofonici non possono prescindere dalle urla strozzate di Jeremy Bolm, che sia il punk rock da buoni sentimenti agrodolci di Reminders o il crescendo pulito di Limelight, con un Andy Hull dei Manchester Orchestra da lacrime vere. Non ho ancora usato il termine “emo” ma lo faccio ora con un guizzo stronzo alla Mentana: la società tende a normalizzare la mascolinità tossica e a mettere sotto i riflettori le fragilità e i sentimenti maschili solo per la loro spettacolarizzazione, una roba tipo “Hey quel tipo è triste, d’ora in avanti questo sarà l’unico modo in cui lo descriveremo”. Lo denunciavano gli IDLES, lo faceva notare anche James Blake che si era stufato di essere considerato semplicemente un “sad boy”, adesso dal fronte screamo-hc arriva pure Jeremy Bolm a cantare “I’ll offer up my aisle seat / In this exit row for the sad elite / There’s what I know for certain / I know that I’m not wrong”. Della serie: canto roba triste, lo so, ma non passo la mia vita a piangere, non sono una figurina capace solo di quello, c’è tanto altro.

E lo capisci dalla passione con cui parla dei suoi dischi preferiti e delle sue nuove scoperte in vari video online, dai sorrisi che lo fanno sembrare una rana molto simpatica, dai discorsi scambiati prima e dopo uno show, da come si pongono lui e il resto della band nelle interviste. E infatti Come Heroine apre l’album con spirito decisamente più sollevato rispetto a Stage Four: riconoscenza, tributo, una persona vicina dipinta come un’apparizione mistica.

From peaks of blue
Come heroine
With several suns you light the way
When each day begins
And I’m just a risk
Atop of the moon
When I swore I’d seen everything
I saw you

E dall’epica Jeremy chiude l’album con la narrazione più semplice possibile: A Forecast è una lettera a cuore aperto, un racconto di quanto successo nella sua vita dal 2016 alla pubblicazione di Lament. Un giornale di bordo dei dubbi, delle risalite e delle discese, alcune accolte con un ghigno che mancava in Stage Four, una visione diversa che rende Lament l’album più completo realizzato dai Touché Amoré, nonché il più bello, quello che li ha già trasformati in una band intoccabile.

I’ve lost more family members
Not to cancer, but the GOP
What’s the difference?
I’m not for certain
They all end up dead to me

Tracce consigliate: I’ll Be Your Host, Lament, Feign, Exit Row