the virginsEtichetta: Cult Records
Anno: 2013

Simile a:
Dire Straits – Brothers in Arms
The Strokes – Comedown Machine
The Virgins – The Virgins

La storia dei The Virgins non è di certo di quelle capaci di attirarsi molte simpatie. Originari di New York, i loro due componenti principali, molto ben inseriti nel mondo hipster-artistico locale, si sono incontrati nel corso di un servizio fotografico: tempo di reclutare altri due conoscenti, di fare un paio di concerti durante le feste di qualche amico influente, ed eccoli catapultati alla Paris Fashion Week, in compagnia di Patti Smith e  dei Sonic Youth. Praticamente una favola scritta apposta per scatenare l’odio di chiunque col proprio gruppo si sia a ritrovato a fare un minimo di gavetta, con corollario di concerti in locali dispersi nelle campagne e date come spalla a tragiche cover band di provincia. E in più, hanno un “The” davanti al nome. Nonostante questo, in data 2008, il loro indie-funky-rock non suonava per niente male, e canzoni come Rich Girls e She’s Expensive è probabile che trovino ancora posto nei ricordi e nei cuori di qualcuno.

 

In ogni caso sembrava facile immaginarsi la loro parabola, quella classica di molti gruppi che esplodono troppo in fretta: una grande bagliore iniziale, seguito dalla più buia oscurità. Invece, cinque anni dopo, rieccoli qui: un ritorno di certo non annunciato in pompa magna, ma comunque capace di suscitare curiosità e di attirare un minimo di attenzione. Anche questa volta, per motivi non del tutto legati alla loro musica: il loro secondo album è anche il primo ad uscire per la Cult Records, neonata etichetta giocattolo di Julian Casablancas, interessato ad ampliare i suoi orizzonti e a cui evidentemente l’hobby di pubblicare album inutili non basta più.

 

Diciamolo fin da subito: dei vecchi The Virgins, in quest’album rimane traccia fino alla fine della prima canzone, Prima Materia, che ancora può sembrare una versione meno tirata di un qualche pezzo del primo album. Da qui in poi, cambia tutto: con Wheel of Fortune è inevitabile collegarsi ai Dire Straits, e proseguendo il classic rock americano si fa via via sempre più strada con tutti i nomi tutelari a seguito, con un tocco di Bruce Springsteen, qualcosa dei The Cars (What Good Is Moonlight) e tradizionale ballatone a chiudere (Blue Rose Tattoo). Stupisce molto la serietà dell’album, ancora di più se confrontato col precedente, dove i The Virgins non facevano nulla per nascondere la loro leggerezza e il loro stato di parvenu della scena musicale. Il risultato è più serio, più maturo, ma molto meno coinvolgente. Potrebbe piacere a te, come a tuo padre, ma entrambi non vi sentirete entusiasti. Vi guardereste negli occhi, vi direste “Dai si, ci può stare”, fareste spallucce e tornereste entrambi a insultarvi per i vostri gusti musicali contrastanti.

Reccomended Track:
Wheel Of Fortune