Forse non si era ancora capito, forse non ci si aveva fatto ancora caso, con questo sesto album mettono le cose in chiaro. Ormai nessuno aveva più dubbi sulle risapute e immense doti artistiche della band, ma con Trouble Will Find Me i National si impongono definitivamente come una delle più importanti band rock del Terzo Millennio. Non solo perché dopo l’apparentemente irraggiungibile Boxer sfornano il secondo disco che si dimostra indubbiamente all’altezza (ed essere all’altezza di Boxer vuol dire essere all’altezza di un capolavoro, quindi non si parla di semplici “bei dischi”), ma perché, nuovamente (anzi, ora come non mai), non si adagiano sugli allori del loro vastissimo seguito e delle loro formule iper-rodate, dando vita al loro episodio discografico musicalmente più complesso e meno accessibile, riuscendo comunque ad arrivare al cuore. Per buttarla semplice: dopo sei album che sono un’escalation di qualità i National suonano esattamente e solamente come loro stessi e continuano a emozionare come pochissimi altri possono vantarsi di aver fatto. Ora come non mai i National sembrano infallibili.
I gemelli Dessner alle chitarre, all’orchestrazione e alla produzione fanno il “solito” lavoro di arrangiamento così struggente che in certi punti viene voglia di togliersi la vita, reso vivo e pulsante dai fratelli Devendorf, in particolar modo da un Bryan mai così incalzante. Poi c’è Matt Berninger che ci mette tutto sé stesso, dando quella che è probabilmente la miglior prova globale vocale della discografia, espandendosi, rispetto al suo standard, sia verso note più alte che note più basse (e in queste ultime è un pugnale al cuore). Ad accompagnare i cinque National c’è poi un piccolo esercito di artisti illustri, tra cui Sufjan Stevens, St. Vincent, Sharon Van Etten, Nico Muhly e il rosso degli Arcade Fire, senza contare i vari musicisti presi in prestito da formazioni come Antony And The Johnsons, Beirut, Dark Dark Dark e Doveman.
Ogni altra parola sarebbe superflua. Va da se che Trouble Will Find Me è uno dei dischi dell’anno e ce lo troveremo su tutte le classifiche di fine anno, dalle più illustri fino a quella di Deer Waves. Canzoni come Graceless, Don’t Swallow The Cap, Demons, Sea Of Love, Humiliation, Hard To Find e This Is The Last Time, ancora una volta ribadiscono che senza i National sarebbe un mondo di merda.
Tracce consigliate: Demons, Don’t Swallow The Cap, Graceless.