Analizzando la logica del tormentone estivo, statisticamente il suddetto eccelle in maggiore o minore misura, tanto più azzeccata sia la combinazione di alcuni fattori elementari: un ritornello semplice da memorizzare; sonorità che richiamino nostalgicamente i tempi di secchiello, paletta e coppa gelato due gusti; melodie non troppo intricate, spudoratamente radiofoniche con il minimo sforzo. Alla radice, la convinzione sovrana per cui il tormentone estivo vada intonato anche se brutto, anche e, soprattutto, perché brutto.
Abysmal Thoughts è l’eccezione alla regola: una produzione qualitativamente superiore, candidabile al podio delle hit dei mesi più torridi pur, paradossalmente, conducendo a spiagge virtuali più che sabbiose, all’estate come stato mentale più che costiero. La cifra stilistica di Jonathan Pierce e dei The Drums è, notoriamente, quella di un sognante indie pop a tinte surf che si mantiene incontaminata album dopo album, spesso tacciata di carente originalità e spunti sorprendenti: a ben ascoltare, tuttavia, una linea di crescita verticale dal precedente Encyclopedia si traccia netta, facendosi largo tra un pubblico divenuto negli anni più numeroso, ma non meno esigente nelle richieste, non accettando di scendere a compromessi sul sound cui la band lo ha confortevolmente abituato.
Rispetto all’ultimo lavoro, principale condizione ad essere mutata è la formazione, successivamente all’abbandono del gruppo da parte del suo co-fondatore e sempiterno compagno di merende Jacob Graham (via già dal 2014); plot twist, questo, che avrebbe potuto determinare la decadenza inesorabile del progetto, ma che si è, invece, rivelato momento di intensa espressione artistica per il superstite frontman Pierce. Egli, infatti, si è eccellentemente messo alla prova nell’arte della composizione lirica e strumentale: nel nuovo disco suona, a conti fatti, qualsiasi cosa.
Abysmal Thoughts si sfoglia come un libro, autobiografia di un artista messosi a nudo in un flusso profondo di personale verità, giunto ad un livello di psicologica introspezione estremamente delicato, eppure accessibile. Sofferenza, perdite e insicurezze si neutralizzano in un onirico ed innocente incanto dream pop in cui Johnny si addentra come un adolescente impaurito, troppo ingenuo per anticipare le future mosse del destino da cui è stato già disarmato.
Mirror inaugura il disco invogliando a scrutare la propria immagine, impostando il tono che lega le dodici tracce dell’LP nell’alleviare terapeuticamente i mali dello spirito attraverso riflessione ed esami di coscienza, e al tempo stesso strizzando l’occhio alle chitarre e al basso dei Cure e degli Smiths degli anni Ottanta. Se Blood Under My Belt è il brano che per beat, armonia e cori di seconde voci meglio identifica lo stile dei The Drums, è nelle tracce più maneggiate che l’essenza della novità viene a galla: dallo spaziale finale sintetizzato di Shoot The Sun Down, a quello à la Tycho di Head Of The Horse, alle prime note tropicali di Heart Basel. Inaspettatamente, un’impronta suadente di jazz e dub accompagna il sassofono di Are U Fucked, riproposto in chiave marcatamente più vintage nella successiva Your Tenderness.
Alti e bassi si rincorrono nell’album come i mutevoli stati d’animo che affollano la vita di un animo sensibile: non tutto è perduto, non quando una raffinatissima capacità creativa tramuta le angosce in dolcezza, ad accarezzare il volto e distenderne le pieghe preoccupate. If All We Share (Means Nothing), danza da sola in punta di piedi facendosi coraggio, intima confessione leggermente sussurrata su un arpeggio; se le ginocchia si flettono abbattute, immediatamente si rialzano per guardare avanti. Decisiva dimostrazione ne è la scelta di collocare all’ultimo gradino della scaletta proprio la title track dell’opera, Abysmal Thoughts, come festosamente a celebrarne la fine, protratti verso un ancora sconosciuto inizio.
Pierce offre, nel 2017, quanto meno ci si sarebbe attesi da una band indebolita dalla frattura di un anello di congiunzione e da un genere dichiarato morto: cantautorato, commozione e spontanea tenerezza, luminosa retta perpendicolare ad un piano in cui banalità e prodotti mediocri abbondano.
Tracce consigliate: Blood Under My Belt, Are U Fucked