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Tra i neologismi che mi fanno venire più l’orticaria, spicca e regna incontrastato su tutti millennials, termine che designa tutte le persone nate tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni duemila. I Sunflower Bean, sono un trio di millennials(argh) proveniente da Brooklyn, composto dalla cantante e bassista Julia Cummings, già avvenente modella, Nick Kivlen(voce e chitarra) e Jacob Faber(batteria) rispettivamente sosia teen di Bob Dylan e Nick Mason, dei quali peraltro condividono gli stessi strumenti. Il loro sound è incastrato tra diversi filoni, a metà tra le sonorità retrò degli Stones, dei Led Zeppelin e dei Velvet Underground , la psichedelia, sia di matrice più recente (Tame Impala) che non (Spiritualized), e il dream pop dei DIIV e Melody’s Echo Chamber. Questa commistione di generi ha sancito la rapida escalation della band che in poco più di dodici mesi è riuscita a imporsi su palcoscenici importanti come quelli dell’SXSW e a registrare il suo primo album full lenght,  dopo l’uscita dell’EP, Show Me Your Seven Secrets.

Human Ceremony, si discosta dal predecessore (di cui contiene solo un brano, la nevrotica 2013), denotando uno spettro maggiore di sonorità e influenze. E i risultati non si fanno attendere:  Wall Watcher ha tutto per essere un singolo di successo, una melodia che rimane in testa e l’energia tipica di un brano rock, mitigata comunque da una produzione più ordinata.  La title track, oltre a essere una delle tracce più riuscite, è forse il brano che più si allaccia al precedente EP, con le voci di Kivlen e Cummings che duettano sulle note di un dream pop malinconico ed etereo. Easier Said prosegue questa parentesi atmosferica, dove lo shoegaze incontra sonorità più levigate e consone a una ballad. Come On, è un esempio calzante delle due anime che convivono nella band, una  più grintosa e seventies e una più tendente a suoni più smussati e poppeggianti.

Human Ceremony conferma l’interessante potenziale del trio anche se, per via dei particolari intrecci sonori e qualche traccia qualitativamente non altezza delle altre,  avrebbe potuto rilasciare altri EP piuttosto che approdare subito ad un album intero, in attesa che le diverse influenze del gruppo potessero trovare l’estuario giusto nel quale sfociare in maniera compiuta e definitiva. Tuttavia resta incontrovertibile il fatto che una band del genere e con questo stile(e soprattutto così giovane) in Italia resta un puro abbaglio, dal momento che i trend che sembrano impazzare nel Belpaese si caratterizzano da un revival piuttosto stantio di un cantautorato che evidentemente fa ancora acchito nei cuori del popolo indie(?) italiano.  In questo scenario post-apocalittico allora, solo lodi  per i Sunflower Bean.

Tracce consigliate:  Human Ceremony, Wall Watcher