I grandi ritorni in musica sono sempre stati un po’ complessi da capire e da ricevere per chi ascolta. Da una parte c’è una qualità e tipologia musicale con la quali magari si ha un rapporto affettivo, che ascolteremo sempre con un po’ di abbandono e amore giovanile; dall’altra c’è l’innegabile tempo che avanza e ondate su ondate di generi e stili che scoprono rivoltano capovolgono la musica precedente e ce la ripropongono deformata diversa nuova, e noi ci facciamo l’orecchio. Potreste obbiettare che i fratelli Dewaele dal Belgio non siano mai andati via, vuoi con i dj set in giro per il mondo celati (poco) sotto il monicker 2manydjs, vuoi per i remix dappertutto, vuoi per la folle colonna sonora omonima del film Belgica. Però se si fanno due conti si scopre che i Soulwax non rilasciano niente di nuovo da 12 anni. Con From Dewee hanno superato la prova del tempo o li ascoltiamo perché ci stanno ancora simpatici dal 2005?

From Dewee è una registrazione in un take di pezzi creati per essere eseguiti live. Questo ha due conseguenze dirette sul suono: l’immediatezza e la forza sono totali, e le tracce fluiscono una dentro l’altra restando appigliate ad un elemento ritmico, melodico o armonico. Ah sì, e anche quella cosa che per eseguire tutto il disco nuovo devono andare in tour con tre batteristi, tra i quali Igor Cavalera dei Sepultura, uno che ha registrato questa roba qua nel 1993. La produzione è massiccia e il disco suona pieno e corposo, grazie anche alla presenza di sintetizzatori analogici leggendari come l’ARP Odissey, un pezzo da museo come l’EMS Synthi AKS o un nuovo classico come l’Oberheim Two Voice Pro; a tenere insieme i frizzi sintetici dei fratelli Dewaele ci pensa la parte ritmica acustica che dà una sensazione dinamica e organica, il cantato, che ricorda i Moderat se ogni tanto aprissero le tapparelle del loro studio, e un umorismo nerd e cripto-futurista.

È un disco da ascoltare tutto in una volta, anti skip, come altri capolavori recenti come It’s Album Time di Todd Terje o Elaenia di Floating Points, e ogni traccia ha una sua personalità sonora, definita anche dalla strumentazione usata. Si inizia con Preset Tense che scimmiotta i Pink Floyd di On The Run per iniziare un viaggio ben diverso; la stessa sfuma in uno dei pezzi meglio riusciti del disco che è Masterplanned, sorretto da una bassline nasale 303esca usata in maniera diversa dalla norma, ovvero non per fare delle sfuriate acide; vi sfido poi a non restare secchi dal cambio tra questa e la successiva, ottima Missing Wires. It’s Always Binary ha una linea di basso a-la Terje ma suona meno disco e più vagamente prog, che si immette in quel curioso blues new wave che è Do You Want To Get Into Trouble?. Trespassers batte con cuore analogico tra piano e batteria e ci ricorda la reale natura di jam del disco quando quasi ce n’eravamo dimenticati, persi ad inseguire i ritmi e le sonorità più robotiche dei Soulwax – di quel robot umano a-la Asimov, o alla Kraftwerk, alla ricerca dell’armonia tra uomo e macchina. Il basso metallico di Here Come The Men In Suits è minaccioso come il suo titolo quando sfibra a colpi di note gli arpeggi più ariosi, e lascia che From Dewee si spenga a balzi nel groove zoppo di Goodnight Trasmission.

Alla fine resta l’impressione di un disco che magari non eccelle nelle tracce singole; qua dentro non troverete il singolone dell’estate, sia chiaro. I Soulwax però sono tornati con l’indietronica più pura a fare i conti col tempo che passa, e basta poco da loro per farci capire che il tempo e le tendenze possono fare ben poco contro una scrittura ispirata e brillante, e un insieme ben composto, coerente e interconnesso come quello di From Dewee. Dodici anni per decidersi e poi comporlo, 49 minuti per registrarlo, e io ho perso il conto di quante volte l’ho ascoltato.

Tracce consigliate: Masterplanned, Missing Wires19