A bunch of young men all dressed in black dancing extremely aggressively on stage, it made me feel so intimidated and it’s just not what I expect to see on prime time TV”.
Una quindicina di anni fa sembrava che il grime fosse destinato a rimanere legato alle periferie di Londra e alle gang che le abitano. Oggi, alcuni fattori lampanti indicano quanto il fenomeno sia diventato di portata continentale e transoceanica: i nomi di Skepta, Stormzy, Novelist e di molti altri esponenti del genere che compaiono su cartelloni di concerti ben fuori dall’East London, l’”alleanza” tra OVO (etichetta di Drake) e Boy Better Know (etichetta di Skepta), Kanye West che chiama un po’ di goons per fargli da “backup dancers” durante la sua performance ai Brit Awards del 2015 (proprio a questo fatto si riferisce lo skit di Shutdown con cui si apre lo scritto).
Konnichiwa, quarto album di Skepta che, calendario alla mano, è uno dei maggiori veterani della scena, si inserisce in questo contesto come la perfetta quadratura del cerchio.

Una delle colonne portanti del grime è sicuramente la realness: Konnichiwa e il mondo che ruota attorno a Skepta ne trasudano in abbondanza. Basti vedere l’iconico video di Shutdown, in cui compaiono allo stesso modo magliette Adidas e cappellini Nike, o ascoltare praticamente ogni verso del disco: si va dall’autoproclamazione a re della scena (“Them man are fake, them man are sus/I’m the boss these pagans wanna touch” e “Yo, I’m a king, lyrically Ming”) agli attacchi al potere (“Tell the President we ain’t forgot/Tell the Prime Minister we still remember”), dal rifiuto della futile apparenza social (“Yeah, I don’t care about VIP/I’ve got very important places to be” e “I don’t want a like, I don’t want a follow/Diss me today, link me tomorrow”) al fare ammenda con un passato poco urbano (“Yeah, I used to wear Gucci/I put it all in the bin cause that’s not me”) sino alla vita di strada al limite della legalità (“The feds wanna shift man/Wanna put me in the van, wanna strip a man”). Altro tema fondante del disco e del genere, strettamente collegato con il precedente, è l’unione con la famiglia, con la gang, con le radici; questo traspare sia dalle liriche (“Still you can end up dead when you disrespect the goonies”, “Like hmm, my mum don’t know your mum/Stop telling man you’re my cousin”), sia dalla presenza in tracklist del fratello Jme e di buona parte della cricca tra cui il già citato Novelist, Wiley, Chip.
Oltre alla fam compaiono anche un Pharrell Williams degli albori (Numbers) e Young Lord (It Ain’t Safe, una mattonata) che però non snaturano il sound originale, ma vi si inseriscono, arricchendolo. Il pezzo con ASAP Nast, invece, (Ladies Hit Squad) sembra una cover moscia di Hotline Bling e cestinarlo non sarebbe stata una brutta idea.
Musicalmente è tutto come ci si aspetterebbe: basse frequenze che fan tremare le pareti, melodie minimali e a tratti sinistre, punchline memorabili (Shutdown e Man sono già un manifesto, ma potrei menzionare praticamente ogni pezzo del disco), flow tiratissimo, odore di cemento e di saliva sul microfono.

Sfruttando il momento di enorme notorietà, Skepta fa l’album che ci si aspettava e talvolta si spinge un po’ più in là (ancora poco, però) delle barriere del grime (l’intro e l’outro orientaleggianti del disco, il pezzo con Pharrell, la più posata Text Me Back) ma senza ruffianate (non c’è Drake, strano).
Questo lavoro dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto il grime sia un genere a sé stante e non uno scimmiottamento di altre culture (leggasi USA), e quanto esso abbia una ben precisa ragion d’essere e una fiera sincerità, un impatto diretto e abrasivo, una potenza comunicativa rara, una rabbia incendiaria.
Il grime è definitivamente sdoganato, (ri)decollato, e sta raggiungendo vette altissime ormai visibili a tutti. Konnichiwa, come mostra il timbro in copertina, è il biglietto di Skepta per viaggiare in prima classe.
Non è più tempo di dormire, è tutta realtà e Skepta è già proiettato al futuro.

Lookin’ for me?
Konnichiwa

Tracce consigliate: Shutdown, Man