Non so cosa si può provare a nascere in Islanda, tra i paesi con il più alto tasso di depressione e suicidi, in cui Bjork (il più comune tra i nomi comuni) ha i diritti anche sulle ninna nanne e i Sigur Ros rappresentano l’essenza dell’intimismo minimalista di tutta l’isola. Il panorama musicale qui è un po’ come una grande famiglia: a parte quelli che influenzano, ci sono personaggi come Sindri Mar Sigfusson, leader dei Seabear, che nel caso di Flowers diventa Sin Fang (tradotto “il fascino della terza volta”). Emblematico tutto fare, ha posto musica e arte come scelte di vita, con all’attivo due mostre (immagino fallimentari), e la richiesta di collaborare con tali Sigur Ros e Alex Somers, produttore di Jonsi: bingo.

Per Sindri è stato come sbocciare da una crisalide. Abitutato a farsi tutto da solo incluse le illustrazioni dei suoi dischi, in cui ogni volta ha un qualcosa al posto di una barba west/coast che non ha (la mia prima paura è stata fare una scoperta agghiacciante), adesso si ritrova davanti un progetto ambizioso che lo rende ancor più protagonista della scena.

Mettere su carta le tue idee musicali, ambientarle negli stessi paesaggi glaciali dei capolavori con cui hai a che fare, ok, non ti fa diventare Jonsi, ma ti rende vicino a quella stessa sensibilità. La forza vitale dell’album è la stessa di quella che hai salterellando tra una pozzanghera e l’altra, con Young Boys che suona come rito di iniziazione, il primo giorno di scuola dove tutto è permesso, anche cantare di quando fumavi tra gli alberi. Di fondo c’è sempre il sogno di impersonificare Freddy Mercury durante un concerto planetario, come si evince da What’s Wrong With Your Eyes, una marcia trionfale pop in cui la delicatezza dei fiati e delle tastiere smorza i clash delle percussioni che stuzzicano il gusto dellae pop song di Florence and The Machine

Il noise di See Ribs è davvero una bella esperienza, grazie ai controcanti alle chitarre dream, ma è solo un assaggio nostalgico a cui si aggiungono le digressioni psichedeliche di Feel See, che se un po’ esagera con le idee, evidenzia i tentativi di armonia folktronica che hanno reso masters i Fleet Foxes; l’uso del synth è bannato, quasi un fantasma rispetto alla vastità del resto (Everything Alright), proprio per lasciare spazio alla libera espressione, molto cinematografica.

L’appeal nordico del nostro potrebbe accalappiare tutte le fan di quel ciccione di Patrick Wolf; gli servirebbe un po’ di figa.

Tracce consigliate: What’s Wrong With Your Eyes, See Ribs.